Palazzina Tempesti

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Palazzina Tempesti
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneToscana
LocalitàGrosseto
Indirizzoviale Goffredo Mameli, 10
Coordinate42°45′56.2″N 11°06′29.6″E / 42.765611°N 11.108222°E42.765611; 11.108222
Informazioni generali
CondizioniIn uso
Costruzione1913
Stilestile Liberty
Usosede legale
Pianiquattro
Realizzazione
ArchitettoCorrado Andreini
ProprietarioAcquedotto del Fiora
CommittenteGiuseppe Tempesti

La palazzina Tempesti è un edificio situato in viale Mameli a Grosseto, in Toscana.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La palazzina venne costruita nel 1913, su progetto di Corrado Andreini, come abitazione privata di Giuseppe Tempesti, direttore della succursale grossetana del Monte dei Paschi di Siena.[1] L'edificio si inseriva nel più ampio quadro di progettazione urbana che prendeva le mosse dal piano regolatore cittadino del 1912, il primo realizzato nel comune, a firma dello stesso ingegnere Andreini, e che vedeva nel sobborgo di Porta Nuova la principale area di espansione; viale Mameli (allora viale della Stazione) si proponeva quindi come viale d'accesso al centro storico, e necessitava di architetture "di pregio" anche in funzione della sua rappresentatività.[2][3]

Perdute le funzioni abitative nel secondo dopoguerra, è divenuta la sede dell'Acquedotto del Fiora.[1][4]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Particolare della facciata

L'esterno[modifica | modifica wikitesto]

L'edificio dispone di quattro piani e possiede una pianta di forma rettangolare.

La facciata principale, che dà su viale Mameli, presenta elementi in stile Liberty e neoclassici, ed è rivestita in intonaco celeste.[3] Il fronte del piano terra è decorato con fasce orizzontali a rilievo, ed è separato dal piano superiore da una cornice marcapiano; i tre piani superiori sono caratterizzati da una bicromia celeste-bianco dovuta alla contrapposizione dell'intonaco con le decorazioni in stucco a perimetro delle finestre. Sempre sulla facciata principale, emergono le due fasce laterali bovindo, che incastonano le finestre incorniciate e con timpano.[3][1] Un marcapiano divide inoltre il secondo piano superiore dal piano nobile, mentre una serie di mensole in stile classico sorregge il cornicione.[1][3]

L'interno[modifica | modifica wikitesto]

L'interno, più volte rimaneggiato, conserva il salone d'ingresso con il soffitto decorato a motivi floreali, oltre che lo scalone con balaustra originaria.[1]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e Celuzza, Papa 2013, pp. 187-188.
  2. ^ Celuzza, Papa 2013, p. 49.
  3. ^ a b c d AAVV 2009, p. 98.
  4. ^ Il liberty a Grosseto, su Atlante storico topografico del comune di Grosseto. URL consultato il 12 gennaio 2016 (archiviato dall'url originale il 3 marzo 2016).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • AA.VV., Grosseto fuori Porta Nuova. Lo sviluppo di Grosseto a nord delle mura dalla metà dell'Ottocento al secondo dopoguerra, Grosseto, Editrice Innocenti, 2009.
  • Mariagrazia Celuzza e Mauro Papa, Grosseto visibile. Guida alla città e alla sua arte pubblica, Arcidosso, Edizioni Effigi, 2013.
  • Enrico Crispolti, Anna Mazzanti e Luca Quattrocchi (a cura di), Arte in Maremma nella prima metà del Novecento, Milano, Silvana Editoriale, 2005.
  • Letizia Franchina, Dalla difesa diffidente dei tradizionalisti all'accoglienza entusiastica delle Elites: Siena e Grosseto di fronte al Liberty, in Maria Adriana Giusti (a cura di), Le età del Liberty in Toscana, Firenze, Octavo-Franco Cantini Editore, 1996.
  • Mario Innocenti e Elena Innocenti, Grosseto: briciole di storia. Cartoline e documenti d'epoca 1899-1944, edizione riveduta e corretta, Grosseto, Editrice Innocenti, 2005.
  • Marcella Parisi, Grosseto dentro e fuori porta. L'emozione e il pensiero, Siena, C&P Adver Effigi, 2001.
  • Felicia Rotundo, Architettura a Grosseto tra Ottocento Novecento, in Letizia Franchina (a cura di), Tra Ottocento e Novecento. Grosseto e la Maremma alla ricerca di una nuova immagine, Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici per le province di Siena e Grosseto, 1995.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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