L'opera di Rabelais e la cultura popolare

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L'opera di Rabelais e la cultura popolare
Titolo originaleТворчество Франсуа Рабле и народная культура средневековья и Ренессанса
AutoreMichail Michajlovič Bachtin
1ª ed. originale1965
Generesaggio
Lingua originalerusso

L'opera di Rabelais e la cultura popolare (in russo Творчество Франсуа Рабле и народная культура средневековья и Ренессанса?, traslitterato Tvorčestvo Fransua Rable i narodnaja kul'tura srednevekov'ja i Renessansa) è un testo critico di Michail Bachtin sull'opera dell'autore rinascimentale francese François Rabelais.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La dissertazione su Rabelais, che Bachtin scrisse nel corso della Seconda guerra mondiale, incontrò immediatamente degli oppositori, tanto che al critico venne negato il dottorato. Perciò, a causa dei suoi contenuti controversi, Rabelais e la cultura popolare del Medioevo e del Rinascimento non fu pubblicato che nel 1965.[1]

Contenuto[modifica | modifica wikitesto]

Il volume, ora ritenuto fondamentale nello studio della letteratura rinascimentale, esplora la serie di Gargantua e Pantagruel, affermando che l'opera di Rabelais era stata male interpretata; in L'opera di Rabelais e la cultura popolare, infatti, Bachtin ne evidenzia la franchezza e la trasparenza. Attraverso il suo volume, Bachtin rispolvera sezioni di Gargantua e Pantagruel che erano state ignorate o soppresse e conduce un'analisi della società rinascimentale per scoprire il confine tra il linguaggio permesso e quello proibito. Così Bachtin individua due importanti messaggi: il primo è che il carnevale viene identificato come istituzione sociale e che il corpo grottesco è un vero e proprio modo letterario. Pertanto, in L'opera di Rabelais e la cultura popolare studia l'interazione tra il sociale ed il letterario.[2]

Carnevale[modifica | modifica wikitesto]

Per Bachtin, il carnevale è associato alla collettività. Coloro che partecipano al carnevale non costituiscono solo una folla, piuttosto le persone sono viste nella totalità, organizzata in un modo diverso da quella socioeconomica e politica[2]. Secondo Bachtin:

«Tutti venivano considerati uguali durante il carnevale. Qui, nella piazza della città, una forma speciale di contatto, libero e familiare, regnava tra le persone che di solito erano divise dalle barriere della casta, del reddito, della professione e dell'età.[3]»

L'atmosfera carnevalesca considera più importanti gli aspetti secondari della vita, in opposizione a capacità di livello superiore (pensiero, parola, anima) che erano solitamente prese più in considerazione trattandosi del significato.

Durante il carnevale, la particolare percezione dello spazio e del tempo permette a tutti gli individui di sentirsi parte della collettività, tanto che smettono di essere sé stessi ed è a quel punto che, attraverso il costume e la maschera, l'individuo si rinnova. Allo stesso tempo ne deriva una più alta consapevolezza della propria unità materiale, sensuale e corporale e della comunità.[2]

Il grottesco[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Corpo grottesco.

La concezione di carnevale di Bachtin è strettamente legata a quella del grottesco. La collettività che prende parte al carnevale è cosciente della propria unità nel tempo e la propria immortalità storica in quanto tale, ed è associata con il ciclo continuo di morte e rigenerazione. Secondo Bachtin, il corpo ha bisogno di una specie di orologio per rendersi conto della propria eternità. Il grottesco è il termine impiegato dal critico per indicare il tempo scandito dai cambiamenti corporali, attraverso la nutrizione, la defecazione ed il sesso: è usato per come dispositivo di misurazione.[2]

Storia della risata[modifica | modifica wikitesto]

Bachtin apre la sua opera con una citazione di Aleksandr Herzen:

«Sarebbe estremamente interessante scrivere la storia della risata»

Una delle prime espressioni della concezione del mondo antico della risata sono le lettere apocrife di Ippocrate su Democrito[4]. La risata di Democrito aveva un valore filosofico, essendo diretta alla vita dell'uomo con tutte le sue vane speranze e paure relative agli dèi e la vita dopo la morte. In questo caso Democrito fece della sua risata un'intera concezione del mondo, di un uomo che ha finalmente raggiunto la maturità ed è diventato cosciente. Ippocrate alla fine si è dimostrato d'accordo con lui.[4]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Michael Holquist, Dialogism: Bakhtin and his world, Londra, Routledge, 2002.
  2. ^ a b c d Katerina Clark, Michael Holquist, Mikhail Bakhtin, Harvard University Press, 1984.
  3. ^ Mikhail Bachtin, L'opera di Rabelais e la cultura popolare.
  4. ^ a b L'opera di Rabelais e la cultura popolare, Michail Bachtin, capitolo I

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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