Discussione:Ferdinando II delle Due Sicilie

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Ho creato la pagina su questo brigante del sorano... se vi interessa...--fabio 15:58, 25 feb 2007 (CET)[rispondi]


Evidenti assurdità[modifica wikitesto]

Il bombardamento di Messina del 2 settembre 1848 fu un episodio circoscritto delle operazioni di sbarco delle truppe napoletane. La sua portata è testimoniata da un dato ben preciso: la squadra navale dinanzi Messina era formata da 3 fregate a vela, 6 pirofregate, 5 piroscafi mercantili, 20 cannoniere, 24 scorridore. Detto per inciso, l'operazione di sbarco fu seguita con tanta attenzione dai Britannici da riportarla poi nei propri testi militari. Il bombardamento fu effettuato il 2 di settembre dalle Fregate Regina, Carlo III e Roberto e fu diretto sulla batteria delle Moselle situata nei pressi del villaggio di Contessa fuori Messina. La batteria, peraltro, fu neutralizzata dal genio pionieri delle truppe reali che, uscite dal bastione Blasco della Cittadella di Messina, distrussero i 12 cannoni della batteria, sotto il fuoco di copertura delle navi. Ora, non c'è bisogno di aver pratica d'artiglieria per capire che il fuoco di copertura è per forza di cose diretto su reparti combattenti.

Il 4 settembre poi, i siciliani aprirono il fuoco sulla cittadella da batterie che avevano dislocato nella città e su queste risposero dalla fortezza. Infatti i danni si ebbero fra le case adiacenti le mura della fortezza e, di contro, fra le case nei pressi delle batterie degli insorti.

Di tanto esistono le documentazioni del Comando di Piazza delle richieste a Napoli per l'autorizzazione ad aprire il fuoco in risposta. La successiva vulgata risorgimentale trasformò l'azione in un orrendo massacro di civili e di fuoco indiscriminato sulla città.

La campagna per la riconquista della Sicilia non durò 8-9 mesi ma 2 mesi in tutto e precisamente:

  • Dal 2 settembre al 18 settembre 1848 (riconquista di Messina, Milazzo e Isole Eolie)= 16 giorni.
  • Dal 18 settembre al 28 marzo 1849 vi fu una tregua d'armi stabilita con la mediazione degli Ammiragli Francese e Inglese presenti con le rispettive squadre nelle acque siciliane.
  • Dal 29 marzo al 14 maggio 1849 = 46 giorni. In totale 62 giorni.

E veniamo ai prigionieri politici: sapete quanti sono i carcerati in Italia, oggi, in carceri ben più numerose di quelle allora disponibili e comunque, come noto, superaffollate ? Mediamente sui 50.000 individui.

Nelle Due Sicilie, nei momenti di maggior impegno poliziesco, si sono avuti la bellezza di 2.000 "politici" in carcere.....siamo lontanissimi dalle cifre abissali che si sarebbero avute in quelle contingenze, abissali anche per la materiale impossibilità di accoglimento nelle patrie galere. --Emmeauerre 23:53, 9 mar 2007 (CET)[rispondi]

L'esercito borbonico incaricato di reprimere i moti di Sicilia, al comando di Filangieri, era forte di circa 25.000 unità. Che era poco più di un terzo di tutto l'esercito regio, forte di 60.000 unità. Non direi quindi che fosse un piccolo schieramento di truppe. I messinesi erano circa 6.000.
Le artiglierie erano circa 450 pezzi, contro i 112 dei messinesi.
Il bombardamento (i cannoni dei difensori non potevano spesso raggiungere con la loro gittata i borbonici) fu definito dal massimo storico del nostro Risorgimento (Piero Pieri) «infernale quale mai s'era visto fino allora». Ai «crolli» s'aggiunsero «numerosi incendi».
Le fonti borboniche tendono, intuibilmente, a sminuire il numero dei caduti e le perdite. Quelle siciliani, altrettanto intuibilmente, a gonfiarle. Il calcolo di Pieri è di 367 morti e 1737 feriti borbonici. I due ammiragli francese e britannico stimarono in 3000 le perdite complessive. Medie da combattimento apparentemente di normale intensità in termini assoluti, ma, per le dimensioni demografiche dell'epoca, non trascurabili. La verità sta spesso nel mezzo. I siciliani ebbero 300 morti e un migliaio di feriti. Valgono le stesse considerazioni già esposte.
Trovo invece abbastanza poco significativi i riferimenti ai prigionieri italiani di oggi (la nostra popolazione sfiora i 60 milioni) e a quelli del Regno delle Due Sicilie, i cui numeri erano incomparabilmente minori (tutta l'Italia aveva circa 25 milioni d'abitanti, secondo gli studi di Carlo Maria Cipolla, e il Regno delle Due Sicilie 9 milioni circa). In carcere, dunque, nel regno borbonico ci stava lo 0,22 % della popolazione intera. In Italia gli incarcerati sono oggi meno dello 0,1% % della popolazione (lo 0,08 % se non vado errato). Quindi, pur considerando le cifre assolute apparentemente tranquillizzanti, in termini relativi gli incarcerati erano all'epoca assai di più di quelli odierni.
Una conclusione. Non deve farci perdere il senso storico della realtà il nostro "fare il tifo" per i borbonici o per gli isolani, naturalmente. Il Risorgimento e i suoi epigoni si sono sicuramente macchiati di retorica ma l'anti-Risorgimento che si vuole proporre oggi - specie da certi improponibili ambienti dilettanteschi che vogliono approfittare del 200° anniversario della morte di Garibaldi per condurre una battaglia politica di parte - suona altrettanto falso e spesso non poco sconfortante. Misura, contegno, documentazione, buona fede sono tutti ingredienti indispensabili allo storico serio. Wiki non deve fare eccezione. --Cloj 20:32, 9 lug 2007 (CEST)[rispondi]

A proposito di Messina
"Ma mentre Napoli s’inebbriava nella gioia, gli accordi della Sicilia dimenticavansi, e Messina soffriva un orribile bombardamento, solo per assopire una vendetta privata del generale Cardamone. Quest’uomo dimandava ragione alla città di una ferita quivi riportata nel famoso 1° settembre 1847!": (Ferdinando Petruccelli della Gattina, La rivoluzione di Napoli nel 1848, Editore Treves. Orizzonte (msg)

Misura,contegno...[modifica wikitesto]

...e, anche, direi, un pò di rispetto per la matematica: già, perchè se è vero che su 60 milioni di abitanti 50.000 carcerati (non li chiamerei prigionieri...) sono l'un per mille scarso, con la stessa proporzione, nelle Due Sicilie i carcerati avrebbero dovuto ammontare a 9.000 su 9 milioni di abitanti...e 2000 quindi, sono non lo 0,22 ma lo 0,022 che, sembrerà strano, è meno di 1/4 dell'un per mille....ma non c'è da meravigliarsi, questo è pur sempre il paese che occupa i posti di coda per la matematica come è largamente comprovato dal fatto che sono anni che si usa il termine teorema volendo in realtà intendere un postulato (tanto per fare un esempio che cade quasi giornalmente sott'occhio) senza che ancora si sia sentito un qualsivoglia tizio obiettare alcunchè al riguardo. Il Risorgimento, con buona pace di chi è ancora saldamente abbarbicato a stantii simulacri, fu una costruzione "a posteriori" tanto più petulantemente imposta quanto più emergeva la dura realtà del regime di occupazione militare del Sud. --Emmeauerre (msg) 02:22, 29 set 2008 (CEST)[rispondi]

Questo articolo è da riscrivere in toto[modifica wikitesto]

Non ho tempo ora, prometto che mi ritaglierò un po' di tempo in seguito. Intanto segnalo che il taglio e il tono di quest'articolo sono profondamente ideologizzati e largamente falsi: il re Ferdinando II delle Due Sicilie fu un grande ed importante sovrano, uno dei pochissimi grandi leader politici che l'Italia abbia mai avuto, e senz'altro amatissimo dal suo popolo. I dati e le evidenze a supporto di queste affermazioni, ripeto, le aggiungerò in seguito (se non ci sarà qualcuno che prima di me metterà mano a questa voce ciecamente ed ingenuamente filo-risorgimentale, la qual cosa non mi offenderebbe). --wousfan 12:35, 3 maggio 2007 (CET)

Fai pure, ricorda comunque sempre il NPOV :-) --Retaggio (msg) 12:41, 3 mag 2007 (CEST)[rispondi]

Certo ;-) --wousfan 12:46, 3 maggio 2007 (CET)

Lo faccio io ==--Terronevero 10:17, 10 lug 2007 (CEST)[rispondi]

Provvedo a fare qualche modifica di una pagina veramente scandalosa--Terronevero 10:17, 10 lug 2007 (CEST)[rispondi]

Ho riscritto.....[modifica wikitesto]

Ho riscritto la parte biografica e mi riservo di aggiungere un paio di capitoli riservati ai principali avvenimenti sotto il suo governo (moti del '30-31, moti del '48, la questione degli zolfi siciliani, il neoguelfismo, la costituzione napoletana ed le sue implicazioni politiche, il perchè degli appelativi di Re Bomba e di governo della "negazione di Dio", etc.). Mi riservo ancora di modificare la pagina aggiungendovi i link che in prima scrittura non ho avuto di tempo di organizzare correttamente. Ovviamente aspetto da tutti consigli e considerazioni. Saluti--Terronevero 10:16, 10 lug 2007 (CEST)[rispondi]

Sono assolutamente daccordo con te nel sostenere che uno storico (benche' dilettante) debba mantenersi il piu' possibile neutrale e evitare di lasciarsi trasportare da simpatie personali o dovute alla propria origine. Un atteggiamento serio nei confronti dell'analisi storica non puo' fare che bene anche alle tesi meridionaliste. Sono un po' meno daccordo nel ritenere le tesi filorisorgimentaliste SOLO "macchiate di retoriche". Nella migliore delle ipotesi dette tesi sono distorte, nella peggiore sono assolutamente false e prive di fondamento storico. Il compito dello studioso e' quello di cercare di perseguire la verita' storica che nel caso di Ferdinando II e' stata perlomeno distorta, nel caso del risogimento propriamente detto e' stata falsificata fin nelle fondamenta. Lo sforzo di imparzialita' non ci deve, a mio parere, farci cadere nell'errore opposto di non dare il giusto rilievo ad alcuni fatti ampiamenti supportati dalla documentazione dell'epoca, solo perche' l'opposta fazione ne disconosce, senza alcun criterio ragionevole, la validita' storica, anche se l'opposta fazione e' rappresentata da nomi altisonanti come Villari. Chi scrive ha una laurea in storia e filosofia ed un'altra in economia e ha dedicato almeno 25 anni della sua vita nella raccolta di documenti dell'epoca e nello sforzo di mettere sotto i riflettori accedemici la vicenda. Molto spesso, in alcuni convegni, alcuni eminenti (ma forse non cosi' tanto) colleghi, si sono persino rifiutati di leggere la documentazione da me prodotta, a mo' di struzzi, che per evitare il problema infilano la testa sotto la sabbia. Il problema risorgimento e' spinoso per tutta una serie di implicazioni non solo di natura storica. Il problema essenziale legato ad una rilettura del risorgimento e' di natura economica e politica. Che contraccolpi avrebbe dal punto di vista politico l'affermarsi della tesi di un conquista di tipo coloniale coperta dai fumi della leggenda risorgimentale? E dal punto di vista economico quali pretese potrebbe avanzare il sud per essere ripagato dello spropositato drenaggio di risorse a vantaggio delle regioni nordiche? Questo e' il nodo ed il muro contro il quale vanno ad infrangersi tutti i tentativi della storiografia (seria, arrogantemente affermo) di chiarire la vicenda. L'affermarsi di tesi diverse dal risorgimentalismo potrebbe voler dire una scomposizione dello Stato (fra l'altro auspicabile a mio parere). Personalmente mi aspetto da tutti gli storici di origine meridionale uno sforzo nel sostenere a spada tratta le ragioni del sud. Le piccole polemiche legate all lettura di numeri (come ad esempio il numero di morti nell'assedio di Messina) sono tutto sommato irrilevanti e, come ben sottolinei tu, difficili da valutare correttamente date le versioni discordfanti delle parti. Rilevante e' invece il fatto del perche' fu bombardata Messina come lo fu Genova da parte dei Savoia. Eppure il bombardatore di Genova e' diventato uno dei padri della patria quello di Messina un filibustiere perseguitato dalla storia. I bombardatori di Gaeta sono diventati degli eroi nazionali, quelli che la difendevano, semplicemente perche' difendevano la propria patria e il proprio onore, deportati in gran numero nei carceri alpini (la mai nominata Fenestrelle), sono stati buttati nella spazzatura della storia. Sono altrettanto daccordo con te che il dilettantismo nuoce alla verita' storica e se c'e' qualcosa di cui non si ha proprio bisogno, sono gli interventi parlamentari dove si parla a vanvera di questioni che forse si conoscono molto poco. Ma questo non vuol dire che un problema non ci sia. Il problema esisteed e' molto grosso. Probabilmente le tesi meridionaliste hanno bisogno di testimonial come te, che esprimi misura e pacatezza, ma anche di ferrei assertori della verita' che non si perdono in piccole questioni numeriche e affrontano il problema nella sua completezza. Questo per la verita' storica e per il bene del Sud. Saluti cordiali

Una voce in dissenso...[modifica wikitesto]

Scusate se intervengo nella discussione, ma mi pare che davvero qualcuno stia cercando di violentare la storia. Ferdinando II è certo vittima di una storiografia che lo vede tra i perdenti, ma è anche un sovrano vittima di se stesso e delle sue azioni. Ultimamente, i neoborbonici stanno cercando di rivalutare le figure dei sovrani di quella dinastia, dei quali, eccettuato forse Francesco II, francamente non si può dire un gran bene. Lasciando perdere i Savoia e altre dinastie, che non c'entrano molto con ciò di cui si sta discorrendo, difendere Ferdinando II è come cercare di difendere i leader del Cremlino o Fidel Castro, sostenendo che si tratta di eroi vittime della controinformazione della reazione capitalista. Il Re Borbone era un sovrano assoluto, che incarcerava senza pietà persone che avevano il solo torto di contraddirlo; che concedeva la Costituzione e poi la ritirava; che da spergiuro (!) faceva condannare a morte i ministri costituzionali del suo governo del 1848; che regnava su di un paese con il tasso di analfabetismo più alto d'Europa e che non fece nulla per migliorare le condizioni morali e sociali del suo popolo. Quanto alle pretese di primato economico delle Due Sicilie, francamente mi sento cadere le braccia: un’industrializzazione forzata e telecomandata dallo stato, priva di capitali e quindi di investimenti, non avrebbe mai potuto reggere il confronto con la produzione industriale degli altri stati europei e del Regno di Sardegna, il quale è vero, aveva un notevole deficit di bilancio, che però era servito a costruire strade, ponti, porti, canali, scuole e, non da ultimo, a finanziare le guerre di Indipendenza. L’economia agricola al di là del numero degli ovini (se è per questo ce n’erano milioni anche nello Stato Pontificio), era un’economia di pura sussistenza, vittima del latifondo e della mancanza totale di imprenditorialità dei proprietari terrieri del meridione. Infine, il regno di Ferdinando II era uno stato dove mancava la cosa più importante e cioè il senso dell’appartenenza da parte dei sudditi a una ben definita collettività; nelle Due Sicilie, l’ordine pubblico e le forze armate arruolavano per la gran parte truppe mercenarie, mentre nel Piemonte sabaudo il servizio di leva esisteva da due secoli; l’amministrazione napoletana era inefficiente e corrotta, mentre quella piemontese e lombardo veneta era efficiente e rispondente alla media europea di quegli anni. Ora, al di là della propaganda neoborbonica che qualcuno di voi cerca di far passare per verità storica, vogliamo confrontarci serenamente su questi argomenti limitandoci a fare storia e non scadendo nella propaganda regionalista?


Come pretendi il confronto se ti poni come il detentore della verità assoluta negando ineccepibili fatti storici. Se vi interessa sapere chi fosse il più bello e il più bravo, andatevelo a cercare negli Archivi di Stato, negli Archivi portuali, negli Archivi delle Banche, delle Camere di Commercio, nelle relazioni fatte dagli Ambasciatori dei vari Paesi europei, dove troverete la verità, se è questa che vi preme sapere e che è quanto fatto da questi che considerate come "sedicenti personaggi neoborbonici", e tanti che meridionali non sono, come il presidente nazionale dell’Ordine dei giornalisti. --Alfovel >> Contattami qui! 19:56, 17 nov 2007 (CET)[rispondi]

Non è tutto oro...[modifica wikitesto]

A proposito di amministrazione "efficiente e rispondente..." : I più feroci spogliatori nel Piemonte non erano quelli delle pubbliche vie ma quelli dei pubblici impieghi. Si vendevano favori, si vendevano i titoli, si vendevano le cariche e vendevano le sentenze, tutto si vendeva..." da "Storia del Piemonte dal 1814 ai giorni nostri" di Angelo Brofferio. --Emmeauerre (msg) 21:43, 28 set 2008 (CEST)[rispondi]


Qualche considerazione sul 1848[modifica wikitesto]

Dire che il 15 maggio 1848 Ferdinando II con un voltafaccia revocò la concessa Costituzione è una assoluta inesattezza: come ben documentato dalla totalità degli storici (non dei propagandisti) il giorno dell'apertura del Parlamento, fissata per il 15 maggio appunto, si ebbe l'epilogo di un braccio di ferro durato alcuni mesi fra gli eletti moderati e quelli che oggi definiremmo di estrema sinistra. Questa parte, in sostanza, voleva che la Camera appena eletta assumesse un ruolo costituente, cioè, tanto per capirsi, la Costituzione appena concessa dal sovrano avrebbe dovuto essere modificata dal Parlamento. Si consideri, a tal proposito, che nello Stato Sardo nessuno si sognò, in Parlamento, di avanzare richieste del genere e, anche se la storia non ammette i se, è dubbio che Carlo Alberto avrebbe tollerato un'ipotesi del genere. Del resto, è storicamente accertato che Vittorio Emanuele II accarezzò l'idea di revocare, salendo al trono, la Costituzione concessa dal padre, esternando anzi tale intenzione al Feldmaresciallo Radetzki, bollando come "canaglia liberale" l'insieme dei deputati. Ferdinando II, fino all'ultimo, tentò di trovare un accordo concedendo addirittura che la Camera si riunisse senza il previo giuramento di fedeltà alla Costituzione. Consegnò nelle caserme tutti i reparti dell'Esercito lasciando padrona del campo la sola Guardia Nazionale e mantenne questa linea anche quando, durante la notte precedente l'apertura del Parlamento, furono erette barricate nelle principali strade cittadine. Per tutta la giornata i tentativi di convincere i rivoltosi a recedere dal loro atteggiamento furono condotti dai vertici della Guardia Nazionale (i reparti si dimostrarono del tutto inaffidabili) e,infine, al fallimento di ogni mediazione furono posizionati reparti di fronte alle principali barricate e solo quando a San Ferdinando partirono alcune fucilate uccidendo dei soldati i reparti vennero impiegati nella repressione: se si pensa che in via Toledo i reparti si trovarono esposti a fucileria dall'alto delle abitazioni, primo caso di combattimento urbano strada per strada, era evidente una precedente, meditata organizzazione. Per quanto la cosa appaia incredibile, la Costituzione non fu affatto revocata, quella Camera fu sciolta e si tennero nuove elezioni, non ricordo se in settembre o ottobre di quell'anno, devo controllare. E' però vero che rimase lettera morta, priva di effetto, dopo qualche mese. --Emmeauerre (msg) 03:28, 29 set 2008 (CEST)[rispondi]

Per una voce in dissenso[modifica wikitesto]

Perchè anonimo ? Non è affatto pericoloso esprimersi...scusa, ma hai scritto un condensato di luoghi comuni sullo Stato meridionale, eppure oggi, fortunatamente, si possono reperire testi di assoluto affidamento: per esempio, per quanto riguarda l'esercito, potresti consultare i 4 volumi dello Stato Maggiore dell'Esercito (Italiano...), editi nel 1989, sull' Esercito Borbonico dal 1734 al 1861 e avresti parecchie sorprese. Comunque complimenti al Piemonte che, battendo tutti i record, aveva "da due secoli il servizio di leva"....scusa, ma questa è davvero grossa. E spiega tutto il resto. --Emmeauerre (msg) 03:28, 29 set 2008 (CEST)[rispondi]

Diamo a Cesare quello che è di Cesare[modifica wikitesto]

Materialmente questa città [Napoli] contribuì alla ricchezza dell’Italia Unita più di qualunque altro Stato; dati e cifre sono stati pubblicati da Francesco Nitti in Nord e Sud (1900) come pure in altri scritti che nessuno ha mai confutato. Nella Scienza delle Finanze, Nitti dà il seguente computo della ricchezza dei diversi Stati al momento dell’unificazione: Regno delle Due Sicilie: milioni di lire oro 443,2; Lombardia: 8,1; Ducato di Modena: 0,4; Romagna, Marche e Umbria: 55,3; Parma e Piacenza: 1,2; Roma: 35,3; Piemonte, Liguria e Sardegna: 27; Toscana: 84,2; Veneto: 12,7; Veneto: 12,7. Così, dunque, contro i 443 milioni in oro corrisposti all’atto delle nozze dal Regno delle Due Sicilie, il resto d’Italia – oltre due terzi della Penisola – non portò in dote neppure metà di quella somma. A dispetto di ogni contrastante asserzione, le finanze di Napoli, nel complesso, non erano male amministrate. (Harold Acton Gli ultimi Borboni di Napoli (1825 -1861), Giunti, Firenze). Il saccheggio di tutto il Sud da parte dei Piemontesi avvenne e come. Altro che servizio di leva: qui era efficiente il servizio di tesoreria. E poi dicono il Brigantaggio. Orizzonte (msg)

Sulla rivoluzione del 1848 a Napoli[modifica wikitesto]

Inserisco un passo di Ferdinando Petruccelli della Gattina e di Harold Acton
*Perciò si cadde nell’eccesso opposto. E la plebeità e la fiacchezza in un governo sono due mali non meno pericolosi dell’arroganza e della tirannia. Intanto la legge sulla guardia nazionale fu tradotta e pubblicata: e quindi a poco tradotta e pubblicata anche quella per le elezioni. Queste leggi scontentarono tutti. Il principio aristocratico del censo vi era mantenuto: l’aristocrazia vera, l’aristocrazia dell’intelletto dimenticata. Non eran bastati gli sperimenti della Francia: il famoso pubblicista napolitano, che nulla sapeva concepire da sé, le sottometteva anche alla pruova d’un popolo italiano. Le leggi organiche provvisorie si accordavano con la legge fondamentale. Gl’inconvenienti, o per meglio dire l’insufficienza se ne conobbe assai presto. La guardia nazionale fu poco numerosa: gli uffiziali, che dal maggiore in sopra sceglievansi dal re, uomini parte avversi, parte traditori, tutti nulli - e la catastrofe del 15 maggio fatalmente lo dimostrò. Ciò nondimeno una vita novella si manifestò nel popolo. La guardia nazionale, che esprimeva la sua forza, era la prima incarnazione delle conquiste della rivoluzione. Le notizie della sollevazione di Milano e di Vienna vennero a crescere il suo ardire. Il governo perdette allora gli ultimi avanzi di vita, e, caduto nell’atonia, cominciò ad agonizzare. La parte più ebbra del popolo prese le redini dello Stato: e ogni villano addivenne Marcello. (Ferdinando Petruccelli della Gattina, La rivoluzione di Napoli nel 1848, Editore Treves.
**Se si considera come la Costituzione inglese fosse il prodotto di un secolare lavoro, non ci si meraviglia se a Napoli mancasse la maturità per una simile panacea. Persino Trevelyan , sempre ostile ai Borboni, ha ammesso: «V’era una generale mancanza di esperienza e, con qualche lodevole eccezione, una totale assenza di coscienza civica». In altre parole, dopo oltre un secolo di di dominazione borbonica, le folle erano saldamente legate al loro sovrano. Lo spirito popolare era borbonico. (Harold Acton, Gli ultimi Borboni di Napoli, Giunti Editori, Firenze)
Per un ulteriore approfondimento, anche su Ferdinando II, consultare: Ferdinando Petruccelli della Gattina, La rivoluzione di Napoli nel 1848, Editore Treves; Il re prega, Editore Treves; I moribondi del Palazzo Carignano, Editore Treves. Orizzonte (msg)

ma i borbone erano di origine francese o spagnola??

né spagnola, né francese: ma napoletani. Le famiglie reali d'Europa sono (tutt'ora) imparentate fra loro. (Discussioni utente:kaloskaiagatos)

Troppa retorica piemontese[modifica wikitesto]

Nel testo sono presenti ancora molti elementi della retorica piemontese postunitaria, atte a giustificarne l'aggressione e la rapina. Necessaria una revisione scientifica del testo.

Testi a carattere scientifico aprono chiari scenari:

Eugenio Di Rienzo, Il Regno delle due Sicilie e le potenze europee (Eugenio Di Rienzo è professore ordinario di Storia moderna presso Facoltà di Scienze politiche della Sapienza - Università di Roma. È membro del comitato direttivo della «Nuova Rivista Storica».) http://www.youtube.com/watch?v=nZersj4_g5c&fb_source=message

Luigi Di Matteo, Noi della meridionale Italia, ed Scientifiche italiane, 2008 (Di Matteo è ordinario di Storia economica presso l'Università L'Orientale di Napoli, è direttore responsabile della rivista quadrimestrale << Storia economica >> e della collana << Storia. Economia e società >>)

Emilio Esposito, Antonio Falconio, Il declino del sistema bancario meridionale, ed. Scientifiche, 2009

Nicola Ostuni, Finanza e economia nel Regno delle Due Sicilie, Liguori Editore, Napoli, 1992,

Giuseppina Tullio, Commercio e marina nell'ultimo trentennio del periodo Borbonico in Angelo Massafra (a cura di), Il Mezzogiorno preunitario: economia, società e istituzioni, Bari, Dedalo, 1988.

Gennaro De Crescenzo Le industrie del Regno di Napoli Grimaldi & C. Editori, Napoli 2002. (Discussioni utente:kaloskaiagatos)

Sezione biografia, rapporti internazionali: neanche una fonte[modifica wikitesto]

È presente, nella sezione biografia, un paragrafo in cui si parla dello zolfo, e di una guerra che i Borboni avrebbero rischiato col Regno Unito, che è privo di fonti. Come procediamo? Per il momento metto il template, vista la situazione non può che essere d'obbligo. Eddy rossy (msg) 18:53, 27 gen 2022 (CET)[rispondi]

Parcheggio relazioni internazionali[modifica wikitesto]

Ciao ho trovato le fonti sulla questioni degli zolfi dal testo comunque mancavano comunque alcune informazioni che non ho riportato però le parcheggio qua per future aggiunte

Nello stesso anno, però, sorse una complicata questione diplomatica con il Regno Unito, che arrivò a sfiorare la guerra tra Napoli e Londra per ragioni economiche: sin dal 1816, il governo del Regno Unito, con un trattato di commercio con quello napoletano, aveva il monopolio delle miniere siciliane di zolfo, necessario, tra l'altro, alla fabbricazione della polvere da sparo[senza fonte].

Poiché nel corso degli anni la produzione era notevolmente aumentata, il sovrano borbonico pensò di trarne profitto stipulando un accordo commerciale con la compagnia francese Taix et Aychard, alla quale si consentiva di comprare non oltre 600.000 cantari di zolfo delle miniere siciliane all'anno, in cambio della costruzione di alcune vie e del risarcimento parziale dei possidenti danneggiati, mentre il re otteneva una tassa di 400.000 ducati annui, 20.000 cantari di zolfo per le polveriere militari e un dazio di 4 carlini per ogni quantitativo di zolfo estratto in più della quantità stabilita. Questo accordo, malgrado le proteste del governo del Regno Unito, fu firmato il 10 luglio di quell'anno, senza nemmeno informare il ministro degli Esteri, il principe di Cassaro. Tutto l'anno 1839 fu scandito dal reciproco scambio di lettere e lagnanze tra il governo napoletano e quello del Regno Unito, che chiedeva la rescissione del contratto, inviando a Napoli il legato straordinario Mac Gregor, che insieme all'incaricato Kennedy avviò negoziati per tutelare i mercanti del Regno Unito che avevano investito forti somme nelle zolfare siciliane[senza fonte].

Anche il Principe di Cassaro si dimostrò favorevole e, insieme agli inviati del Regno Unito, presentò al re lo schema di un trattato commerciale equo e vantaggioso per entrambe le parti. Poiché Ferdinando tentennava, il primo ministro Lord Palmerston diede istruzioni all'ambasciatore del Regno Unito a Napoli Temple di rompere le relazioni tra i due paesi se non si fosse giunti alla firma del trattato. Alle rassicurazioni del sovrano Londra si quietò[senza fonte].

Ferdinando II introdusse quello stesso anno anche alcune innovazioni come l'illuminazione a gas della capitale. Ben presto, però, le relazioni con il Regno Unito giunsero al punto di rottura, quando nel 1840 il re interruppe d'improvviso i negoziati per il trattato di commercio, provocando le dimissioni del ministro degli Esteri Cassaro, confinato dal re in Puglia, sostituendolo con Fulco Ruffo di Calabria, principe di Scilla. Il governo del Regno Unito reagì inviando il 20 marzo una squadra navale, comandata dall'ammiraglio Stopford, nel golfo di Napoli, per far valere le proprie ragioni. Ferdinando allora rispose schierando reparti militari in vari punti del golfo, ordinando alle artiglierie dei castelli intorno alla città di tenersi pronte ad aprire il fuoco e sequestrando le navi del Regno Unito presenti nel porto, in risposta al dirottamento del Regno Unito su Malta di alcuni mercantili napoletani. Sembrava che fra Napoli e Londra stesse per scoppiare la guerra, quando il governo francese si pose a mediatore, riuscendo a far passare, nel luglio di quell'anno, un progetto che aboliva il privilegio dato alla compagnia francese sullo zolfo e costituiva una commissione mista anglo-napoletana per risarcire i danneggiati. --93.35.196.59 (msg) 11:08, 16 apr 2024 (CEST)[rispondi]