Chiesa di San Zenone (Villa d'Adda)

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Chiesa di San Zenone
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneLombardia
LocalitàVilla d'Adda
Coordinate45°42′36.5″N 9°28′09.83″E / 45.710139°N 9.469396°E45.710139; 9.469396
Religionecattolica di rito romano
TitolareZeno di Verona
Inizio costruzione1157

La chiesa di San Zenone è un luogo di culto cattolico presente nel II secolo a Villa d'Adda nella località Volpino, in provincia e diocesi di Bergamo, sussidiaria della chiesa parrocchiale di Sant'Andrea.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La piccola chiesa è tra le più antiche di Villa d'Adda la cui prima documentazione risale al 28 aprile 1198, inserita in un atto notarile redatto da Birgone Plumacii, che doveva l'affitto al monastero di Sant'Egidio di Fontanella un appezzamento di terreno posto a “Sanctum Zenonem”. Molte erano i monasteri che gestivano terreni nella zona Volpino, e la chiesa forse era completamente integrata al monastero benedettino. Fra questi vi era anche il capitolo alessandrino di Bergamo, di San Martino di Carvico, e di Sant'Andrea e San Michele di Calusco nella zona di Verghi.[1] Un ulteriore documento risale al 1286 conservato nella curia vescovile di Bergamo.[2]

Nei documenti del monastero di Fontanella risulta citata la piccola chiesa sia nel 1536 che 1659, forse la chiesa godeva del giuspatronato di personaggi legati al monastero stesso. La chiesa risulta essere citata in documenti notarili della seconda metà del Quattrocento:

«Super costa de Sancto Zenone suepr via publica, iuxta et penes cimiterium ecclesiae domini Sancti Zenonis»

La pubblicazione nel 1536 del “Rotulus bonorum” descrive la chiesa in pessimo stato, con edera e erbacce che la ricoprono:

«una gesiola seu una capella sotto vocabulo et titulo di San Zenone quasi diruta et minante total rovina, di ragione di la in qual sono le terre esistenti in detto logo di Vulpino iuris del monastero di Fantanella, qual ì appresso la strada detta la cosa di Zeno, coherentia da doman la gesia di Sant'Andrea da Villa, parte Messe Chistoforo Zoncha, a mezzodì cimiterio di essa gesia et ultra strata, a seera similiter, et a monte cimiterio et oltra di Sant'Andrea predetta, qual con lo cimiterio è tavole otto; per la qual gesia rampano le hedere et le spine»

A conferma del grave stato di degrado è la relazione della visita pastorale di san Carlo Borromeo che riporta un edificio “quasi distrutto, con altare piccolo e disadorno” decretandone la demolizione. Probabilmente il decreto del cardinale fu eseguito, essendo una mancanza di documenti per ottant'anni. Solo nel 1652 in una visita pastorale risulta nuovamente citata la chiesa di San Zenone, probabilmente edificato dopo la peste del 1630, come indicato nell'“Itinerarium” , e come citato in un documento conservato nel monastero benedettino di Fontanella[3][4]:

«una chiesuola fabbricata di nuovo sono li beni esistenti in detto logo di Volpino iuris del detto manasterio, appreso alla strada detta la Costa di San Zeno, alla quale confina da mattina un campello di ragione della Procuratia, da mezzodì un piazolo avanti la porta, da sera strada et da monte il medesimo campello»

Il nuovo edificio fu probabilmente ultimato nel 1652 non essendo inserito in nessuna visita pastorale della prima metà del XVI secolo.[2] Alla sua costruzione contribuì il notabile Carlo Strazza che aveva già contribuito anche alle altre chiede del territorio compreso la chiesa di San Giovanni. L'interno della chiesa conserva la lapide a ricordo della sua donazione di novanta lire annui, come lascito testamentario del 1653. Nella prima metà del Settecento furono eseguiti ulteriori lavori di mantenimento.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Esterno[modifica | modifica wikitesto]

La chiesa di piccole dimensioni è rivolta a est. La facciata a capanna ospita centrale il l'ingresso rialzato da un gradino con semplice contorno in pietra, e nella parte superiore un'apertura a lunetta atta a illuminare l'aula. Il tetto ospita nella parte a nord un piccolo campanile a vela. L'edificio è completamente stabilito e imbiancato.[5] La costruzione risulta essere elevata rispetto l'assetto stradale, a conferma della sua elevazione sopra un edificio di più antica datazione.

Interno[modifica | modifica wikitesto]

L'interno è ad aula unica con volta a botte, che si sviluppa su due campate divise da lesene in mattoni complete di capitelli dorici sempre in mattoni che reggono gli arconi e la trabeazione in laterizio sagomato. La copertura è sempre in laterizio. La zona del presbiterio anticipata dall'arco trionfale è rialzata da un gradino e leggermente più stretta della navata e a pianta quadrata.

Ospita l'altare maggiore e l'altare comunitario posto negli anni ottanta del Novecento per adempiere alle disposizioni del concilio Vaticano II. L'altare è completo della pala che raffigura la Madonna col Bambino in trono tra i santi Sebastiano, Rocco e Zeno da Verona, santi patroni degli appestati, lavoro di Giuseppe Carnelli del 1840, in sostituzione di un dipinto precedente.[2] Le pareti laterali sono imbiancate e non presentano decorazioni. L'aula non presenta decori, come era d'uso nelle chiese edificate dopo i periodi di pestilenza a indicare la semplicità necessaria nei periodi difficili, solo qualche anno dopo furono eseguiti dipinti devozionali nei lati del presbiterio raffiguranti quattro santi datati 1668, i santi Liborio e Francesco a destra datato 1675, e corrispondenti san Pietro e Paolo eseguito nel 1708 con l'affresco che raffigura l'evento dell'apparizione della Madonna a Caravaggio.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Alcuni di questi monasteri sono stati soppressi nel tempo
  2. ^ a b c Villa d'Adda.
  3. ^ Donato Calvi scriverà contrariamente, che la chiesa non fu “distrutta restaurata in volto con bellissima ancona”
  4. ^ Donato Calvi, Effemeride sacra profana di quanto di memorabile sia successo in Bergamo, 1676.
  5. ^ Filmato audio (IT) Aleadda, La campana di Villa d'Adda (BG) - Chiesa di S. Zenone, su YouTube, 9 settembre 1919.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • AA.VV., Villa d'Adda il fiume e il confine, Ferrari edizioni, 1993.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]