Chiesa di San Vito al Sele

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Chiesa di San Vito al Sele
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneCampania
LocalitàEboli
Coordinate40°30′40.21″N 15°00′00.17″E / 40.511169°N 15.000047°E40.511169; 15.000047
Religionecattolica di rito romano
TitolareSan Vito
Arcidiocesi Salerno-Campagna-Acerno

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La chiesa venne edificata nel corso del decimo secolo al centro della Piana del Sele nella contrada Santa Cecilia, probabilmente nei pressi del luogo dove furono uccisi i Santi Vito, Modesto e Crescenza, martirizzati il 15 giugno 303, sotto l'imperatore Diocleziano[1]. La chiesa di San Vito viene citata per la prima volta nel 1042 come appartenente ai beni della Chiesa Salernitana[2]. Nel 1067, Guglielmo d'Altavilla fu scomunicato al Concilio di Melfi insieme a Turgisio di Sanseverino e Guimondo de Moulins, per aver rubato le proprietà della Chiesa di Alfano I, arcivescovo di Salerno. Quello stesso anno si recò a Salerno per riconciliarsi con il papa Alessandro II restituendo all'Arcivescovo di Salerno, insieme ad altri beni, anche la Chiesa e i beni di San Vito al Sele. Nel 1080, Roberto il Guiscardo, principe di Salerno, per intercessione della moglie Sichelgaita, confermò all'arcivescovo Alfano i beni che la chiesa salernitana possedeva in territorio di Eboli: ecclesiam S. Viti de Silare cum corte et silvis et pertinentiis ipsorum. Federico II di Svevia emanò un privilegio a favore della chiesa salernitana, col quale confermò tutte le concessioni che i principi suoi predecessori avevano fatto. In tale privilegio sono compresi territori siti nella terra d'Evoli e nel 1255 Alessandro IV conferma la sua appartenenza alla Chiesa Salernitana[3]. Nella Platea Pastore, conservata nell'Archivio Diocesano di Salerno, si dice:

«Il signor Duca d'Evoli tiene un capitale di ducati 1220 lasciati dal quondam don Orazio di Luise sopra la Dogana di detta terra, qual capitale fu lasciato per la fabbrica della chiesa di S. Vito, sue camere, e cortile, e se ne deve anche far suppellettili, come il tutto appare dal testamento ed altre scritture d'assegnamento. Presentemente essendo mezza ruinata la detta chiesa di S. Vito a più istanze fattane dall'arcivescovo si sono dati dal Duca d'Evoli diversi ordini acciò si pagasse qualche somma dall'erario, e de facto da molti devoti s'è fatto l'ammasso anche delle pietre per fabbricarsi, come tutto apparisce dal testamento redatto dal notaio Francesco Rizzo il 4 novembre 1630»

La chiesa subì varie riparazioni negli anni che vanno dal 1632 al 1636. Riparazioni furono eseguite anche nel 1715, come le mura, il tetto, il portone e l'abbellimento. Così anche nel 1846 quando il Decurionato di Eboli delibera che i donativi fatti nel 1837, al tempo del colera, siano convertiti in danari e spesi per le riparazioni del tetto, dei muri e dell'altare maggiore[4]. Un inventario riguardante la chiesa di S. Vito al Sele è del 1908, fatto dal Canonico don Michele Paesano:

«... Antica statua del Santo restaurata dall'artista napoletano Raffaele della Campa l'anno 1898 per Lire 375 con due cani. Diadema, pettiglia, croce, palma e catenella d'argento per voto dei cittadini fatte l'anno 1779. Tre cappotti di seta. Due quadri ad olio negli archi dove erano gli altarini, rappresentando S. Vito, S. Modesto e S. Crescenza e l'altro l'Immacolata, S. Vito, S. Gaetano. Altri piccoli quadri su numero di sei. Altare di marmo fino fatto dai fratelli Farina l'anno 1860. Lampadari tre di ottone e cristallo all'arca, due dei quali donato da Michele Sica. Due lampade di ottone. Due candelabri di ottone donati dalla gente dei signori Alfano. Due cornacopi di ottone vicino alla nicchia donati da un Campanino. Due lampade di cristallo ed ottone donato dal medesimo. Confessionale. Dodici scanni con spalliera e nove senza spalliera. Orchestra con organo, che prima era della cappella di S. Rocco. Lapide in chiesa dell'anno 1779 ricordando la protezione del Santo. L'altra dietro l'altare con la scritta -Hic jacent corpore SS. Viti, Modesti atque Crescentiae-. Circa quest'ultima lapide si fa notare, e l'attestano con giuramento vari cittadini, tra cui Cosimo Astone, Vito Sica, ecc. che dopo l'anno 1860 tenendosi in custodia la Cappella di S. Vito al Sele da un certo Diego Sica, questi, senza conoscere il valore storico della pietra che esisteva dietro l'altare, fece togliere quella che ad antico ivi stava, di marmo comune e con antichi caratteri e vi sostituì quella che ora si vede. Non si sa dove la prima pietra fosse stata posta. Il medesimo fece togliere i due altarini che erano sotto i quadri laterali, e che secondo l'antica tradizione erano dedicati a S. Modesto e a S. Crescenza. Così porta la leggenda che la cappella presso il Sele dedicata a S. Vito fu edificata con tre altari. Piramide di legno con stanche e quintancola. Due scale di legno, di cui una piccola. Calice d'argento e patena d'ottone. Due messali di cui uno vecchio. Dodici candelieri. Campana con funi. Croce. Carta di gloria donata dai fratelli Farina. Camice ed ammitto. Cingolo. Tre pianete complete. Reliquia di S. Vito in teca d'argento ed autentica, donata da Mons. Maglione. Un quadro telone a due facce che si eleva il 15 maggio. Piramide dorata pel giorno della festa. Campana fatta dai fratelli Farina. 16 anelli. 8 bottoni. 5 paia di orecchini. 3 corni mondati d'oro. 3 berloque. 5 orologi guasti con catenine»

Nel 1929 fu costruito l'altare che ancora oggi è possibile vedere. L'Arcivescovo di Salerno mons. Demetrio Moscato, il 1º ottobre 1957, trasferisce la Parrocchia di San Nicola de Schola Graeca in San Vito al Sele. Nel 1974 la sede parrocchiale, dall'antica chiesa di San Vito al Sele è trasferita nel centro della località S. Cecilia.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

La chiesa ha una struttura a pianta rettangolare con un'unica navata e un'ampia abside. La struttura principale è in muratura portante con una copertura a volte. Le pareti interne sono intonacate e tinteggiate in bianco con la superficie della volta dell'abside in celeste. Il pavimento dell'aula e del presbiterio è in mattonelle quadrate in cotto. La facciata principale non è particolarmente elaborata, presenta un andamento abbastanza lineare con un portale d'ingresso centrale in legno massiccio e una piccola finestra rettangolare soprastante.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Cosimo Longobardi, Eboli tra cronaca e storia[collegamento interrotto], Laveglia, 1998. URL consultato il 26 maggio 2019.
  2. ^ G. Bergamo, Chiese e Monasteri di Eboli tra il Mille e il Milletrecento, Salerno, 1946, p.64.
  3. ^ G. Paesano, Memorie della Chiesa Salernitana, vol. II, p. 111.
  4. ^ G. Crisci - A. Campagna, Salerno Sacra, Salerno, 1962, p. 186.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]