Abushiri

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Abushiri durante la rivolta

Al Bashir ibn Salim al-Harthi, semplificato come Bushiri o Abushiri (in arabo البشير بن سالم الحارثي?; 1840 circa – Pangani, 15 dicembre 1889), è stato un mercante di avorio e schiavi arabo, che alla fine del XIX secolo si ribellò alla Germania quando essa creò l'Africa Orientale Tedesca, guidando la rivolta di Abushiri (che da lui prese il nome).

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Era un potente proprietario terriero e mercante arabo della regione del Tanganica, da sempre ostile al sultanato di Zanzibar.[1] Quando il sultano cedette la sovranità del Tanganica alla Compagnia dell'Africa Orientale Tedesca nel 1888, Abushiri cominciò sistematicamente ad attaccarne gli stabilimenti sulla costa per tentare di cacciarla.[1][2]

La Compagnia, incapace di contrastare la rivolta sempre più compatta contro la sua autorità, chiese aiuto direttamente al cancelliere imperiale Otto von Bismarck, che inviò a reprimerla il militare Hermann Wissmann. La flotta tedesca impose quindi un embargo contro il Tanganica, di fatto tagliando la vasta rete commerciale che Abushiri aveva con l'Arabia.[2] L'efficiente apparato bellico tedesco ebbe presto ragione dei ribelli, i cui attacchi mordi e fuggi divennero sempre meno efficaci e che si videro costretti a ripiegare nell'interno del paese.[1] Abushiri tentò per alcuni mesi di resistere all'offensiva tedesca e di trovare nuovi alleati presso le tribù arabe e africane, ma senza successo. Venne infine tradito dalla tribù degli zigua, che lo consegnò ai tedeschi alla fine del 1889; venne quindi impiccato a Pangani il 15 dicembre successivo.[1][2]

La sconfitta di Abushiri significò la fine dell'egemonia economico-culturale araba sulla regione, permettendo alle autorità coloniali tedesche di prendere il sopravvento.[2]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d Bushiri, su treccani.it.
  2. ^ a b c d (EN) The Arab Rebellion in East Africa 1888-1890, su zum.de.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN309585511 · ISNI (EN0000 0004 3542 2393 · LCCN (ENno2018014048 · GND (DE1052366007 · WorldCat Identities (ENlccn-no2018014048