Arrivo dei pellegrini a Colonia

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Arrivo dei pellegrini a Colonia
AutoreVittore Carpaccio
Data1490
Tecnicatempera su tela
Dimensioni279×254 cm
UbicazioneGallerie dell'Accademia, Venezia

L'Arrivo dei pellegrini a Colonia, anche noto come Ritorno dei pellegrini a Colonia, è un telero (tempera su tela, 279x254 cm) di Vittore Carpaccio, datato settembre 1490 e conservato nelle Gallerie dell'Accademia di Venezia. Si tratta del primo episodio dipinto per le Storie di sant'Orsola, già nella Scuola di Sant'Orsola a Venezia, ma dal punto di vista dello sviluppo del racconto è il settimo.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Secondo la leggenda agiografica, ripresa appunto da Carpaccio, la cristiana Orsola, figlia del re di Bretagna, accettò di sposare Ereo, principe pagano d'Inghilterra, a patto che questi si convertisse e andasse con lei in pellegrinaggio a Roma. La scena dell'Arrivo dei pellegrini a Colonia mostra Orsola che ritorna nella città tedesca attraversando il Reno con la sua flotta insieme a papa Ciriaco e a diversi prelati, dopo l'attuazione del voto.

Dettaglio col papa, Sant'Orsola e il barcaiolo

I momenti salienti dell'episodio sono relegati dall'artista ai margini della grande tela. A sinistra si vede infatti l'imbarcazione ammiraglia, scortata da una lunga fila di vascelli del seguito, che ha appena gettato l'ancora e da cui sporgono il papa col triregno e la bionda Orsola, coronata, che stanno parlando con un barcaiolo per accordarsi circa l'approdo. A destra invece si vedono in primo piano quattro degli Unni all'assedio della città - uno dei quali, l'uomo con la corona sul capo e la barba bianca, è il re in persona - che hanno appena letto il messaggio che li avverte dell'arrivo dei pellegrini cristiani. In basso al centro, seduto, c'è un altro unno, che regge un arco con entrambe le mani: sarà lui a uccidere Orsola nel successivo telero del ciclo.

Il resto della scena è occupato dalla veduta della città fortificata, con la lunga fila di torri difensive e il porto sito su un tratto di mare nel quale si intuisce il respiro di un'ampia distesa d'acqua. I vessilli che sventolano sulle torri, bianco-rossi con tre corone d'oro, sono quelli del sultano Maometto II, che regnava, al tempo di Carpaccio, su Asia, Trebisonda e Grecia: tre regni indicati dalle tre corone. Si tratta di un chiaro riferimento alla situazione attuale che vedeva la famiglia Loredan, principale finanziatrice della confraternita, impegnata nelle lotte contro gli Ottomani.

Stile[modifica | modifica wikitesto]

La scena mostra alcune incertezze nel legante prospettico, non improntato a una resa geometrica e unitaria, come accadeva anche nelle opere di un altro famoso pittore di teleri, Gentile Bellini.

Si leggono però già molte delle qualità che andarono nel tempo a caratterizzare il migliore linguaggio di Carpaccio: il ritmo lento e magicamente sospeso, la luce che indaga con precisione i dettagli, la vitalità del colore, le freschissime vedute di città. L'ambientazione rimanda comunque ai panorami di Venezia, in particolare a un mattino brumoso, magari autunnale. Le torri ricordano infatti quelle dell'antico Arsenale, mentre i riflessi sull'acqua denotano uno studio dal vero condotto con sapiente occhio.

Moderno è il taglio dell'opera: alcuni dettagli sono tagliati fuori, come il pennone del vascello e l'albero a destra.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Francesco Valcanover, Vittore Carpaccio, in AA.VV., Pittori del Rinascimento, Scala, Firenze 2007. ISBN 888117099X

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