Arcidiocesi di Amida

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Amida
Sede arcivescovile titolare soppressa
Archidioecesis Amidena
Patriarcato di Antiochia
Sede titolare di Amida
Mappa della diocesi civile di Oriente (V secolo)
Istituita1725
Soppressa1970
StatoTurchia
Arcidiocesi soppressa di Amida
Diocesi suffraganeeMartiropoli (poi diventata autocefala), Ingila, Belabitene, Arsamosata, Sofene, Kitharis, Cefa, Zeugma
ErettaIII secolo
SoppressaVI secolo
Dati dall'annuario pontificio
Sedi titolari cattoliche

L'arcidiocesi di Amida (in latino Archidioecesis Amidena) è una sede soppressa del Patriarcato di Antiochia e una sede titolare soppressa della Chiesa cattolica.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Amida, l'attuale città turca di Diyarbakır, fu una sede metropolitana e capoluogo della provincia romana della Mesopotamia (o Mesopotamia Prima) nella diocesi civile di Oriente e nel patriarcato di Antiochia.

Il cristianesimo giunse ad Amida fin dal III secolo dalla vicina Edessa, importante centro culturale della regione. Il primo vescovo documentato è Simeone, che prese parte al concilio di Nicea del 325. Dopo Maras, che partecipò al primo concilio di Costantinopoli, è noto il vescovo Acacio, che per riscattare dei prigionieri cristiani vendette le suppellettili sacre della sua Chiesa, e questo gli valse la menzione nel Martirologio Romano, alla data del 9 aprile.

Secondo una Notitia Episcopatuum del VI secolo[1], Amida aveva otto diocesi suffraganee: Martiropoli (poi diventata autocefala), Ingila, Belabitene, Arsamosata, Sofene, Kitharis, Cefa e Zeugma. L'Annuario pontificio attribuisce a questa metropolia anche le diocesi di Betzabda e di Dadima.

L'imperatore Teodosio aveva separato la parte settentrionale dell'antica Mesopotamia erigendo una nuova provincia, con Amida come capitale. Maras I fu il primo metropolita della sede di Amida. La serie episcopale di fede calcedonese è documentata fino agli inizi del VII secolo, ma non sempre è chiara l'ortodossia dei suoi vescovi. L'ultimo vescovo ortodosso noto fu Samuele, nel 622.

Dopo la morte dell'imperatore Maurizio (602), i persiani invasero l'impero bizantino; tutti i funzionari bizantini, vescovi compresi, fuggirono permettendo così il diffondersi e l'organizzazione della Chiesa giacobita. Con Nonno inizia una serie, documentata dalle fonti coeve e dalla Cronaca di Michele il Siro, di vescovi giacobiti fino al XIII secolo.[2] Una diocesi siriaca occidentale a Diyarbakır è documentata fino alla prima guerra mondiale.

Amida è stata per un certo periodo (1725-1970) una sede arcivescovile titolare della Chiesa cattolica.

Cronotassi[modifica | modifica wikitesto]

Arcivescovi di credo niceno[modifica | modifica wikitesto]

Arcivescovi titolari[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Echos d'Orient X, 1907, pp. 96 e 145.
  2. ^ Revue de l'Orient chrétien, 6 (1901), p. 190.
  3. ^ Inserito tra i vescovi niceni in un lista episcopale del XIV secolo attribuita a Abdisho bar Berika. Simeone è stato escluso dall'Index patrum Nicaenorum restitutus di Heinrich Gelzer, Heinrich Hilgenfeld e Otto Cuntz (Patrum nicaenorum nomina Latine, Graece, Coptice, Syriace, Arabice, Armeniace, Lipsia, 1898).
  4. ^ Secondo Le Quien Panfilo fu autore di una lettera indirizzata a Giovanni di Antiochia. Questo vescovo è ignorato nella cronotassi di Devreesse.
  5. ^ (EN) Ernest Honigmann, The Patriarcate of Antioch: A Revision of Le Quien and the Notitia Antiochena, Traditio, vol. 5 (1947), p. 150.
  6. ^ (EN) Ernest Honigmann, The Patriarcate of Antioch: A Revision of Le Quien and the Notitia Antiochena, Traditio, vol. 5 (1947), p. 151.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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