Utente:St galivogh 26/Sandbox

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Cenni strorici
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Secondo alcuni documenti storici redatta tra l’VIII e il X secolo, il castello Visconteo di Voghera avrebbe avuto origine all’epoca dei Berengari e precisamente fra l’888 e il 950. Si presume comunque che già durante le invasioni barbariche l’abitato di Voghera (Iria) fosse dotato di una fortezza circondata da cinta muraria. Lo storico Sangiuliani, concordando con la versione del suo collega Manfredi, afferma che già dal X secolo sia provata l’esistenza del castello in quanto costruzione realizzata nella sua completezza; munita quindi di un largo fossato che circondava la fortezza e di numerose e solide mura sostenute da torri.

Nei secoli XI e XII Voghera è munita di uno tra i castelli più potenti e solidi dell’Oltrepò. Durante questo periodo vi è inoltre testimonianza di molte trasformazioni in "castra" di manieri siti nelle zone circostanti. Questo termine latino, fa riferimento a castrum, ossia a un borgo fortificato contenente case, botteghe e ovviamente la residenza principale: il castello. All’interno di essa troviamo anche chiese e monasteri, vale la pena citare i più noti, quelli tortonesi di Santa Maria della Rossella, San Marziano e la chiesa di Santa Maria Bianca. D’altro canto, lo Schiapparelli presume che il castello sia stato eretto dopo l’invasione degli ungari e il Maragliano parla di un castrum di fronte al quale fosse già stata edificata un’altra fortezza sul terreno concesso al vescovo di Tortona per investitura della badessa del monastero del Senatore. E sempre in altri documenti il Cavagna Sangiuliani afferma che nel 1330 i due podestà di Voghera (G. Cadrona e S. Beccaria) iniziano una vera e propria fortificazione del castello, che poi diventerà residenza di Galeazzo Visconti nel 1372. Nella seconda metà del Trecento, Voghera è una casella sulla scacchiera del conflitto tra i Visconti di Milano e i marchesi Monferrato; che, a sua volta è solo uno dei fronti della piu vasta e intermittente guerra tra i signori di Milano e varie successive leghe antiviscontee, che si oppongono alla loro poliica espansionistica. Nel quadro di queste premesse storiche si colloca la costruzione del castello, che delle vicende rievocate costituiscetestimonianza e documento materiale. E' proprio in questo periodo, infatti, che il nuovo signore, Gian Galeazzo Visconti, prende la decisione di munire Voghera di un castello per meglio assicurare la difesa contro la minaccia sempre presente del Monferrato.

Ciò che però sembra strano è che per ben due secoli non viene fatta alcuna menzione dell’edificio, si presume a causa di numerose vendite, acquisti, donazioni ed usurpazioni del monastero del Senatore di Pavia. Non a caso alcune fonti storiche dimostrano che Voghera passa sotto il dominio della città di Pavia. Oltre a questo il castello subisce molte trasformazioni, soprattutto a causa del continuo potenziamento della cinta muraria e delle torri.
Un significativo consolidamento avviene per mano di Galeazzo II Visconti, divenuto signore di Voghera dopo la conquista di Pavia. Egli infatti pensa ad una costruzione difensiva più valida e più resistente. Un atto datato 4 agosto 1334 conservato all'Archivio Storico Civico di Voghera, risulta decisivo riguardo alla datazione della cinta muraria: con esso, il Consiglio del Comune di Pavia concede al comune di Voghera la facoltà di riscuotere e trattenere certe imposte allo scopo di finanziare la costruzione del borgo. La cinta di mura chiudeva la parte maggiore dell'abitato di Voghera con un circuito irregolare che andava a restringersi verso sud. Nella cerchia si aprivano due porte: Porta S.Pietro a est e Porta S.Maria della Rossella a ovest corrispondevano ai punti di entrata del tracciato dall'antica via Postumia, che costituiva il corso principale di Voghera. Entro le mura era la parte piu antica della città, quella con la chiesa maggiore e a piazza centrale; ben visibile è anche l'ampio fossato con acque derivanti dallo Staffora tutto intorno al perimetro murario. Rispetto alle mura, per il castello vouto da Gian Galeazzo, si sceglie il sito piu meridionae del perimetro ossia vicino ai domini del Monferrato.
Il castelo è ubicato in modo da guardare sia a città che la campagna. I castelo di Voghera ha infatti la particolarità di guardare per due lati alla città e per due lati alla campagna, chiudendo a cerniera due tratti non allineati di mura. Il motivo di tale criterio è evidente: il fortilizio non doveva essere circondato da case potenzialmente ostili, ma dominarle e avere una via di fuga verso la campagna.

I primi documenti
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Solo pochi sono i documenti che parlano del primo castello. Il primo è una lettera datata 28 gennaio 1361, che il podestà di Voghera scrive a due ufficiali viscontei assicurando che vigerà e riferirà ogni movimento dei sodati monferrini e avverte della necessità che ha Voghera di avere nuove armi di difesa. Per far fronte alle spese della costruzione del castello, il Visconti aumentò i dazi e la quantità di denaro per i sacchi di diritto di macina. È così che Galeazzo II mette a capo dei lavori due esperti vogheresi che però falliranno parzialmente nel loro compito, cosicché il signore sarà obbligato a ridurre l’estensione del castello da 100 a 80 bracci.

Il secondo documento, che porta la data del 14 maggio seguente, è una lettera di Matteo Mandello al podestà di Voghera: per conto di Galeazzo, si ordina di munire il castello con armi, balestre e tutto il necessario per difendersi da possibili attacchi monferrini. Il terzo documento è del 29 maggio 1961: si tratta dell'elenco degli uomini chiamati quello stesso giorno a presentarsi per ricevere ordini circa la fortificazione della rocca. Sono specificate inoltre le quote spettanti alle singole squadre sotto le voci di "colonne", "mantelli" e "braccia". L'insieme di questi tre documenti ci fornisce alcuni elementi sua fabbrica del castello: il primo è la datazione: se nel gennaio 1361 la rocca viene definita noviter facta, doveva essere stato iniziato attorno al 1359/1360 e si colloca quindi nel periodo di costruzione di altri due importanti castelli di Galeazzo: quello di Milano e quello di Pavia.
Il secondo dato che ci viene fornito è quello del respponsabile del cantiere: Ottarello da Meda. Nel 1379, Galeazzo II procura personalmente la somma di denaro mancante per adempire al suo progetto originario d’ampliamento(ovvero 100 bracci).

Il castello nel XIV-XV secolo
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Dai documenti risalenti al 1361 l'edificio appena costruito appare ancora incompleto. Il complesso architettonico che risale a quella data aveva verosimilmente una pianta a "elle". Il disegno planimetrico fornisce due ipotesi: la prima è che fosse stato costruito appositamente a "elle" e che necessitasse due cortine murarie; la seconda è che il castello finito avrebbe dovuto avere una pianta quadrangolare e che quindi questa costruzione era solamente una parte del castello. Da un'accurata osservazione delle merature originarie si puo dedurre che i corpi di fabbrica che costituivano la prima rocca avessero un'altezza di sette metri, mentre le torri erano alte dodici. Queste ultime avevano tutte un sotterraneo, le finestre nel muro di scarpa del basimento nel lato est testimoniano la presenza di un piano cantina che verrà successivamente eliminato. Di particolare interesse è l'apparecchio murario delle volte dei sotterranei: i peducci partono come per andare a costituire una volta a crociera per poi proseguire con la disposizione anulare tipica delle volte a vela.

Nel 1361 il marchese di Monferrato torna all'offensiva e, dopo numerose vicende politiche che vedono la città di Voghera scivolare piu volte tra le mani di entrambi, nel 1372 Galeazzo Visconti decide di fortificare ulteriormente Voghera costruendo nuovamente il castello signorile. Sulle vicende che riguardano questa seconda costruzione del castello iniziata nel 1372, abbiamo numerosi documenti conservati nel litterarum del comune di Voghera: una lettera datata 29 agosto 1372 in cui Galeazzo da ordine di rifabbricare il castello e un documento risalente al 24 dicembre 1379 ci fornisce qualche notizia in piu riguardo l'edificio. I lavori elencati sono: la sopraelevazione delle torri fino all'altezza di trenta braccia ossia due piani anzichè uno solo, il rialzamento delle porte, la sistemazione dei fossati e la costruzione di merli tutt'attorno al muro del castello.

Nel corso dei secoli il castello fu coinvolto in diversi avvenimenti di rilievo:

Nel marzo del 1400 il castello ebbe la visita di Manuele Paleologo, imperatore d’Oriente, diretto a Milano.

Filippo Maria Visconti vi soggiorna dal giugno all'ottobre del 1405. Dal 1415 ai primi decenni del 1700 vi è un continuo cambio di podestà della fortezza; tra i nomi di spicco abbiamo di nuovo la famiglia Visconti seguita dai dal Verme e dagli Sforza. In ordine di apparizione abbiamo poi i Gonzaga nel 1546 e i Giudici nel 1593. Nel 1635, quando gli abitanti del borgo di Voghera, chiusero le porte ai francesi, si difesero per diversi giorni, il capitano Biagio Ferrari si era ritirato e rinforzato nel fortilizio con tre compagnie di fanteria lombarda. Nel 1647 i francesi abbatterono il torrione di mezzo che prospettava sul giardino (oggi piazza castello) e occuparono il maniero. Nel 1723 il feudatario è Don Alfonso del Pozzo, marchese di Voghera, Pizzale e Medassino; nel 1733 Voghera è occupata dall’Austria e ne comanda il territorio il marchese Sandricourt. Quando il controllo del territorio passa sotto il controllo di Carlo Emanuele III, e Voghera viene eretta provincia, l’edificio è cominciato a servire come ufficio fiscale, sede della magistratura, intendenza, magazzino. Forse dopo l’erezione di Voghera a città nel 1770, l’ex fortilizio subì ritocchi costruttivi (mura interne, finestre, merlature). Consta che nel 1793 fu destinato a raccogliere in deposito gli oggetti che dovevano esser inviati all’Arsenale di Torino. Pertanto è nel 1800 che "il castello fu riabbellito a città"; ma non è precisato quando fu convertito in palazzo.

Da castello a carcere
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Le carceri per i criminali non vi erano ancora nel 1800; vi appaiono però a partire dal 1807. La costruzione aveva raggiunto un livello di declino mai raggiunto prima. La città è però molto attaccata al suo castello e non sono mancati i tentativi di recupero. Nel 1888 le rampe d’ingresso ed anche la fronte dal lato nord rispondenti sul omonima piazza Castello attirarono l’attenzione del comune per eseguire migliorie e sistemarne il mantenimento. Più tardi, nel 1911, si rinnovò il progetto di riattamento e abbellimento contemplati già in precedenza per "l’estetica ed il vantaggio del Comune" stanziando lire venticinquemila.

Nel 1926, dopo la prima guerra mondiale, c’è un nuovo risveglio dei sentimenti patriottici, si propone di destinare l’edificio alle memorie dei caduti. Oltre all’idea di una biblioteca e altre istituzione d’arte.
Tutti i progetti non vennero realizzati completamente.
Nel 1935 l’ingegner Vittorio Paron presentò un progetto per il restauro del castello, nel contempo si svolsero presso il Ministero di Grazia e Giustizia le pratiche per un nuovo carcere in sostituzione a quello esistente nel centro cittadino.
Nel 1939 ritornò in voga l’idea di adibire il castello a Museo e istituti d’arte però, nel 1948, il sindaco informò la Sovrintendenza di Milano che nessun lavoro di restauro era ancora stato portato a termine.
Il 9 giugno del 1951 con un'istanza al sindaco, si chiedeva di riprendere subito i lavori. Il sindaco rispose il 7 luglio 1951 assicurando che la pratica sarebbe stata ripresa in esame.
Il 3 giugno 1952 il presidente dell’Oltrepò, preso atto del voto della sezione culturale dell’ente medesimo, sollecitava l’amministrazione comunale a riprendere i lavori per destinare il castello a sede del Museo Civico e di altri Enti Culturali dell’Oltrepò.

Restauri dopo il ‘900
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Gli affreschi del Bramantino Su richiesta dell’architetto Vago è stato realizzato il rilievo di dettaglio delle pareti della stanza nelle quali si trovano i lacerti di affresco attribuiti al Bramantino. Il rilievo è finalizzato alla individuazione degli elementi prospettici al fine di ricostruire, se possibile, la posizione dei punti di fuga. Si ritiene che la stanza potesse essere uno studiolo e che le parti basse delle pareti fossero rivestite con una boiserie in legno. Proprio in questa stanza sono state rinvenuti dettagli di affreschi raffiguranti le Muse le quali campeggiano incorniciate tra il marmo bianco delle lesene ed il porfido rosso dei basamenti e delle piattabande e si stagliano in primo piano sui compatti volumi di una città metafisica disegnata alle loro spalle. Il fascino e l’eleganza di queste figure, dipinte contro un cielo diafano, da un’emozione da lasciare senza fiato. Sopra di ognuna compare, a tratti, una scritta con il nome della Musa e il motto che la contraddistingue.

A concludere la composizione, al centro di ogni campitura, nella fascia d’intonaco tra le travi lignee del soffitto, compaiono degli stemmi araldici, certamente precedenti alla stesura dell’affresco, più volte abrasi e rifatti, con sovrapposte immagini delle imprese riconducibili al ducato ed agli Sforza. Nella stessa stanza è stata ritrovata un’apertura tamponata da un muro nel cui vano compare una greca affrescata, inframmezzata da un fiocco e da una sfera di madreperla lucente. Purtroppo molte parti dell’affresco e delle iscrizioni sono irrimediabilmente perdute e risulta molto difficoltoso ricostruire il disegno degli stemmi per giungere a conclusioni più convincenti riguardo alle ipotesi formulate.

Sempre nell’ala est, nella più ampia sala a fianco della stanza delle muse - la Sala del Loggiato - sotto la centinatura di una volta a padiglione settecentesca già quasi completamente distrutta, nel corso dei restauri è riemerso il soffitto ligneo quattrocentesco molto ben conservato e, nell’intercapedine tra la volta in cannette ed il soffitto, l’impianto ben riconoscibile di un affresco del tutto simile a quello attiguo della stanza del Bramantino. Sfortunatamente si conserva soltanto l’accenno delle lesene con i capitelli marmorei mentre nulla resta delle raffigurazioni all’interno dei vani. Sull’intera parete nord – e parte della parete est - della stessa stanza è riemerso invece l’affresco di un paesaggio campestre denso di alberature di raffinata fattura, riconducibile alla stessa epoca e alla stessa mano delle pitture descritte. A tutto ciò si è aggiunta la recente scoperta di una nicchia, precedentemente murata, dipinta con l’affresco di una Madonna con Bambino su fondo scuro, di iconografia quattrocentesca.

Il castello oggi
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I lavori poi di nuovo fermi, vanno avanti tutt’oggi. Solo di recente il 24 e 25 marzo 2007 sono state aperte tre sale del castello per la visita dei cittadini: in una di esse, lo Studiolo delle Muse, sono brani di affreschi attribuiti al Bramantino. Il resto dell’edificio è stato aperto verso Settembre e adesso le sale del castello sono tutte ristrutturate. Inoltre il castello ha ospitato un mercato di prodotti a chilometro zero, organizzato dalla Coldiretti di Pavia.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]