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Il metodo storico-comparativo[modifica | modifica wikitesto]

In linguistica storica, il metodo comparativo è una tecnica applicata dai linguisti per dimostrare le relazioni genetiche tra le lingue, mentre in linguistica comparativa è uno strumento volto a determinare la regolarità (o la sua assenza) di determinati fenomeni evolutivi all'interno di uno stesso idioma.

Il metodo storico-comparativo è un procedimento scientifico adottato in filologia. Si tratta di uno studio di tipo diacronico che confronta le diverse lingue per definire i loro rapporti genealogici mediante il confronto di vari elementi, sia all'interno di un medesimo idioma sia tra idiomi differenti.

Lo studio filologico si sviluppa in due componenti: da un lato lo studio diacronico, che ne esamina l’evoluzione continua attraverso il tempo, dall’altro quello sincronico, che studia il rapporto tra elementi simultanei.[1] In filologia romanza, alla luce dello sviluppo dello Strutturalismo con Saussure, lo studio della lingua deve essere prima sincronico e, solo in un secondo momento, può essere diacronico o storico. [2]

Il metodo comparativo ha avuto particolare rilievo nel campo dell'indoeuropeistica, ossia la scienza che mira alla ricostruzione dell'estinta e preistorica lingua indoeuropea a partire dalle sue eredi storiche. Introdotto sistematicamente da Franz Bopp e da Rasmus Rask negli anni Dieci del XIX secolo, il metodo ha consentito, attraverso la comparazione fonetica, lessicale e grammaticale delle lingue indoeuropee, una ricostruzione approssimativa della lingua indoeuropea, divenendo il cardine della linguistica storico-comparativa.

All'interno di una singola lingua, il metodo consiste nel raffrontare sistematicamente vari elementi simili all'interno di un idioma, per determinarne le regolarità e, di conseguenza, le leggi di evoluzione. Un esempio di questo genere di applicazione è la Legge di Grimm, che descrive l'evoluzione dal protoindoeuropeo al protogermanico delle consonanti occlusive.

Scopo del metodo[modifica | modifica wikitesto]

Lo studio di tipo comparativo ha come scopo quello di restituire, grazie allo studio delle lingue romanze conosciute e parlate oggi, una lingua comune dalla quale esse hanno avuto una naturale origine.

Tuttavia, la lingua a cui giungiamo grazie alla comparazione, non ci restituisce in maniera esauriente quel che era il latino nel momento in cui le lingue neolatine si differenziano tra loro. [3]

Se avessimo conoscenza solo del latino volgare, da cui le lingue romanze derivano, non conosceremmo le forme proprie e uniche del latino classico (es. amabo, futuro semplice, prima persona singolare del verbo amo).

Storia del metodo[modifica | modifica wikitesto]

Il metodo storico-comparativo nasce in pieno Romanticismo, quando si sviluppa un interesse culturale per il Medioevo. Agli inizi dell’800 la scoperta del sanscrito spinge ad abbandonare il paradigma classico a favore di un nuovo metodo di studio scientifico e rigoroso.

Il 2 febbraio 1786 Sir William Jones si rivolge all’Assemblea dell’Asiatic Society di Calcutta, presentando un saggio in cui dimostra la comunanza tra il sanscrito e le lingue germaniche. [4] Questo primo impulso può rappresentare l’inizio di un distacco dal paradigma classico.

Un secondo studioso dello sviluppo del sanscrito nelle lingue europee è stato Friedrich Schlegel. Egli considera che le lingue umane possano essere suddivise in flessive e isolanti. Studi successivi dimostrarono poi che non ci sono lingue flessive o isolanti pure. Tuttavia lo studioso osserva che ad un estremo sta il sanscrito che, pur totalmente flessivo, è seguito da altre lingue come greco, latino, persiano e germanico, in modo più ridotto le lingue slave, l’armeno e il celtico. All’altro estremo corrispondono le lingue quasi perfettamente isolanti, cioè le lingue amerinde, il malese e il cinese.[5]

Indoeuropeistica e scoperta dell’indoeuropeo[modifica | modifica wikitesto]

Una prova confutante la prospettiva di Schlegel è l’esistenza di una lingua “ipotetica” capostipite di un largo gruppo di lingue: l’indoeuropeo.

Il padre dell’indoeuropeistica è Franz Bopp, con il quale si afferma la tecnica dello studio storico e genealogico della lingua, basato su un sistema scientifico vero e proprio applicato alle lingue. Scrive nel 1816 Il sistema di coniugazione del sanscrito comparato con quello delle lingue greca, latina, persiana e germanica.  Emerge così l’indoeuropeo come lingua “preistorica”, ovvero una lingua della quale non si possiedono attestazioni scritte.[6]

Un altro prezioso contributo riguardo l’evoluzione dell’indoeuropeo in Europa è Rasmus Rask, il quale nell’opera Saggio sull’origine dell’antica lingua nordica o islandese, espone l’idea di una parentela tra due lingue: il danese e l’islandese.

Sulle orme tracciate da Bopp, Jacob Grimm scrive una grammatica comparata delle lingue germaniche dal nome Deutsche Grammatik, in cui ipotizza la derivazione dell’intera famiglia delle lingue germaniche da una lingua originaria non documentata, detta “germanico primitivo”. [7]

Sul versante della Romanistica due esponenti significati sono Francois Raynouard e Friedrich Diez. Nonostante l’opera di Raynouard Grammatica comparata delle lingue dell’Europa latina sia una dei primi scritti riguardo il panorama romanzo, tuttavia non è ancora presente il carattere scientifico che vi porrà Diez dal 1836 in poi. Diez scrive due opere in cui applica scrupolosamente il nuovo metodo di ricerca: Grammatica delle lingue romanze e Dizionario etimologico delle lingue romanze. In particolare quest’ultima riporta al latino le sei principali lingue romanze di cultura: italiano, romeno, portoghese, spagnolo, occitano e francese. [7] Sempre nell’ambito della filologia romanza Diez cura un’edizione dei più antichi testi romanzi, Altromanische Sprachdenkmale (Antichi monumenti linguistici romanzi) del 1846 e Altromanische Gedichte (Antichi poemi romanzi). [2]

Tra gli allievi di Diez spicca il romanista svizzero Wilhelm Meyer-Lubke, il più importante esponente della scuola dei Neogrammatici, i quali hanno conferito al metodo un carattere scientifico.

I principi teorici del metodo storico comparativo: le leggi fonetiche.[modifica | modifica wikitesto]

I Neogrammatici hanno codificato una serie di principi generali che prendono il nome di leggi fonetiche, le quali giustificano i cambiamenti che una forma subisce nella sua evoluzione linguistica. La strada che ha conferito scientificità al metodo è stata quella di notare come determinati fenomeni ricorressero regolarmente nelle stesse forme in qui si presentavano.

È stata notata una corrispondenza tra il latino “p” ed il germanico “f”: ad esempio, pes, pedis (piede) > Fuß (tedesco), foot (inglese); piscis, -is (pesce) > Fisch (tedesco), fish (inglese).

L’ineccepibilità delle leggi fonetiche giustifica il fatto che, in quanto immobili e regolari, la presenza di fattori nuovi è segnale di un nuovo fenomeno e non un’eccezione.

Le leggi fonetiche[modifica | modifica wikitesto]

  • Vocalismi: si intende l’insieme delle vocali di una lingua o di un dialetto. [8] Alcuni fenomeni studiati sono ad esempio la modificazione del dittongo, la caduta delle vocali pre- e post- toniche, l’armonia vocalica e la metafonesi (fenomeni riconducibili all’assimilazione), la posizione dell’accento.
  • Consonantismi: si intende l’insieme delle consonanti o delle alterazioni che le consonanti subiscono in una determinata lingua. L’evoluzione delle consonanti dipende dalla loro posizione ed i due fenomeni più comuni sono la palatalizzazione e la lenizione.
  • Fenomeni comuni tra vocalismo e consonantismo: sincope, dissimilazione ed assimilazione.
  • Analogia: si intende l’attrazione che una forma subisce per effetto di un’altra, con lo scopo di regolarizzare le eccezioni e semplificare la lingua: ad esempio MOVI> mossi; ESSE > essere.

Morfologia[modifica | modifica wikitesto]

La morfologia aiuta solo in parte: nello studio comparato delle lingue, l’uso di un tipo morfologico piuttosto di un altro non è sufficiente a stabilire un’origine comune, perché esso tende a mutare velocemente o addirittura sparire nel corso del tempo. Il passaggio da una lingua flessiva a una analitica è però fondamentale per capire che da un lato la flessione, poiché muta la parola in base alle necessità sintattiche, non è adatta a mantenere vive le parole: si modificano troppo. In una lingua analitica le parole sono immutabili, perché il valore sintattico è assunto dalle preposizioni. In generale la spiegazione della parentela tra lingue non si può affidare ad una mutazione così veloce. [3]

Ad esempio l’indoeuropeo o il latino sono lingue flessive, cioè soggette all’uso delle declinazioni, in cui la funzione grammaticale di una parola è definita dal suffisso che è agganciato alla parola stessa. Le lingue romanze hanno perso l’uso della flessione nominale, ma la conservano in maniera parziale nelle forme verbali (tanto in italiano, quanto in francese ecc.). La struttura generale è completamente diversa: si è passati a lingue di tipo non flessivo.

Sono probanti i procedimenti espressivi della morfologia, ma ogni lingua ha i suoi fenomeni morfologici: l'esempio che fa Meillet è che per esprimere il genitivo, il francese usa de e l’inglese usa -s). Lo studio della morfologia complessa, come quella che riguarda gli elementi particolari e caratterizzanti di una lingua, è più utile per riuscire a determinare paragoni tra una lingua e un’altra. 
Lo studio delle forme anomale (particolarissime) è utile a stabilire una radice comune nella nascita e sviluppo di lingue affini. [3]

Lessico[modifica | modifica wikitesto]

È la parte della lingua che cambia più facilmente e questo cambiamento ci dice molto dal punto di vista culturale. Il lessico romanzo è di origine latina. La sua evoluzione prevede l’utilizzo di parole vigorose e concrete, consistenti dal punto di vista fonetico e semantico. Sono comuni I prestiti greci, francesismi e l’influenza del sostrato celtico e del superstrato germanico. 

L’applicazione del metodo in filologia romanza[modifica | modifica wikitesto]

Il metodo storico comparativo mette in evidenza una caratteristica peculiare dell’evoluzione delle lingue.

  • Spesso alcune forme presenti nelle lingue romanze sono direttamente riconducibili ad una forma latina: è il caso della conservazione della nasale nella parola francese REM > rien (fr.) = cosa.
  • Le lingue romanze registrano però anche le variazioni che una sola lingua subisce e che, eccezionalmente, si trasferiscono anche su altre lingue.

Sebbene le lingue provengano da una stessa lingua comune, nel momento in cui una lingua subisce una variazione, è plausibile che quella variazione sia registrata anche da altre lingue, scostandosi così dalla forma madre che scompare senza lasciare tracce (nel caso delle lingue romanze, il latino classico). Ad esempio, la nasale dell’accusativo scompare in quasi tutte le lingue romanze (TERRAM > terra; MAREM > mare, mar in sp., mer in fr.)

Come si compara[modifica | modifica wikitesto]

Si fa la comparazione secondo regole di corrispondenza e non secondo somiglianza di forma.  

In uno studio comparato bisogna tenere conto della pronuncia: non tutti pronunciano allo stesso modo e spesso una forma supposta non corrisponde alla reale parlata. Le parole possono essere pronunciate in maniera così veloce e istantanea al punto che le più lunghe naturalmente tendono alla semplificazione. Ciò si può fare solo se la lingua che si sta studiando è storicamente attestata, poiché in una lingua supposta sarebbe difficile recuperare anche questo tipo di conoscenza.

Gli studiosi delle lingue che hanno messo a paragone le diverse forme tra di loro hanno riscontrato che i cambiamenti hanno luogo sempre secondo regole generali. Nota bene che le formule non sempre sono norma, talvolta possono apparire con più frequenza delle eccezioni. [3]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Francisco Villar, Gli Indoeuropei e le origini dell'Europa, Bologna, Il Mulino, 1997, ISBN 88-15-05708-0.
  • Antoine Meillet, Il metodo comparativo in linguistica storica, introduzione di Tullio de Mauro, Edizioni del Prisma, 1991.
  • Lorenzo Renzi e Alvise Andreose, Manuale di linguistica e filologia romanza, 4ª ed., 2015, ISBN 9788815258861.
  • Lorenzo Renzi, Nuova introduzione alla filologia romanza, Il Mulinoª ed., 1985, ISBN 8815008969.
  • Giorgio Graffi e Sergio Scalise, Le lingue e il linguaggio, introduzione alla linguistica, 3ª ed., 2013, ISBN 9788815241795.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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Categoria:Linguistica comparativa

  1. ^ ● Lorenzo Renzi e Alvise Andreose, Manuale di linguistica e filologia romanza, 4ª ed., p. 76, 77.
  2. ^ a b Lorenzo Renzi, Nuova introduzione alla filologia romanza, 1985, p. 17, 51, 79.
  3. ^ a b c d Antoine Meillet, Il metodo comparativo in linguistica storica, introduzione di Tullio de Mauro, Edizioni del Prisma, 1991, p. 42-44, 46, 51, 105, 110.
  4. ^ Raffaele Torella, Il sanscrito, o l’ossessione della lingua perfetta.
  5. ^ Lorenzo Renzi, Nuova introduzione alla filologia romanza, 1985, p. 47.
  6. ^ Francisco Villar, Gli indoeuropei e le origini dell’Europa, Ed. Il Mulino, 1997, p. 201.
  7. ^ a b ● Lorenzo Renzi e Alvise Andreose, Manuale di linguistica e filologia romanza, 4ª ed., p. 76, 77.
  8. ^ Vocalismo, su treccani.it.