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Riccardo Dalla Volta (Mantova, 28 ottobre 1862Auschwitz, 1944) è stato un economista italiano di origine ebraica, vittima dell'Olocausto. Fu fondatore della Facoltà di Economia e Commercio dell'Università di Firenze.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Riccardo Dalla Volta nacque a Mantova il 28 ottobre 1862 da Giuseppe e da Benvenuta Cantoni. Studiò presso l'Università Ca' Foscari Venezia, dove si laureò nel 1882 in scienze economiche sotto la guida di Tullio Martello. Nel 1884 fu incaricato dell'insegnamento di diritto commerciale presso la stessa Scuola Superiore di Commercio di Venezia. Nel 1885 venne incaricato dell'insegnamento di scienza delle finanze e successivamente di quello di economia politica presso la Scuola superiore di Scienze Sociali "Cesare Alfieri" di Firenze. Nel 1891 divenne professore ordinario di scienza delle finanze, e tra il 1894 e il 1898 ottenne la libera docenza in economia politica presso l'Università di Padova. Dal 1904 insegnò a Firenze per incarico anche politica commerciale. Fu soprintendente dell'Istituto “Cesare Alfieri” dal 1909 al 1927; fu assessore alla Pubblica Istruzione e alle Finanze del comune di Firenze negli anni tra il 1910 ed il 1913 e, in seguito, tra il 1915 ed il 1919[1]. Nel 1928 divenne rettore del neonato Istituto Superiore di Scienze Economiche e Commerciali di Firenze (nel 1935 trasformato in Facoltà di Economia e Commercio), e mantenne questo incarico fino al 1936, anno del suo pensionamento. Dal 1918 al 1926 fu presidente dell'Accademia dei Georgofili di Firenze. Dal 1910 al 1913 fu assessore alla Pubblica Istruzione e dal 1915 al 1919 alle Finanze presso il Comune di Firenze. Fu anche membro del consiglio di amministrazione dell'Istituto per la Ricostruzione Industriale ( IRI) costituito nel 1933. Di famiglia ebrea, Dalla Volta subì le conseguenze delle Leggi razziali fasciste e nel 1944 venne deportato ad Auschwitz, dove trovò immediata morte.

Collaboratore di Giornali[modifica | modifica wikitesto]

Nella sua attività di studioso collaborò a periodici quali “L'Economista”, la “Rassegna di Scienze e Sociali e Politiche”, gli “Atti dell'Accademia Economico-Agraria dei Georgofili”, “La Riforma Sociale”, diretta da Francesco Saverio Nitti, la “Nuova Antologia”, il “Giornale degli Economisti”. Tra i periodici stranieri cui collaborò si segnalano la “Revue d'Économie Politique”, la “Revue Économique Internationale”, “The Journal of Political Economy”; riviste dunque incentrate soprattutto sulle questioni riguardanti l'organizzazione del lavoro e i problemi monetari e creditizi. A partire dal primo decennio del Novecento contribuì anche con commenti e recensioni a settimanali, quindicinali e mensili tra i quali “Il Corriere economico” (1916-1926), “Il Marzocco” (1896-1932), “Echi e commenti” (1920-1943), “Il Lunedì” e “Commercio” (1928-1944). Fu infine editorialista di quotidiani come "La Perseveranza" di Milano (1859-1922) e "La Nazione" di Firenze (1859-).

Pensiero politico e visione economica[modifica | modifica wikitesto]

Oltre ad essere economista e storico dell'economia, Dalla Volta fu anche sociologo del lavoro, interessato in particolare a paesi come Inghilterra e Germania e alla strategia che secondo lui adottarono per far fronte alla questione sociale, basata sull'esclusione del movimento operaio dalla gestione dello Stato. In questi paesi infatti, a differenza di quanto accaduto in Italia con la strategia di Giolitti, la borghesia non dové rinunciare ad una autonomia politica e culturale; ciò permise un adattamento delle strutture civili e politiche della società liberale ai cambiamenti emersi dallo sviluppo capitalistico. L'interpretazione di Dalla Volta, delle vicende politico-sociali tra Ottocento e Novecento, è rintracciabile sia negli studi dedicati al socialismo di Stato tedesco raccolti nel volume Questioni economiche di ieri e di domani (Milano 1915), sia nei precedenti Saggi economici e finanziari sull'Inghilterra, pubblicati nel 1912 a Palermo.[1]La visione politica di Dalla Volta fu dunque figlia di una concezione liberale soggetta sia all'impulso riformista e positivista, sia ad un "antigiolittismo" di destra non attribuibile al liberismo moderato. Si spiega infatti la sua successiva adesione, già evidente nei suoi articoli sulla Nazione del 1927, al programma fascista di trasformazione corporativa della società e delle istituzioni, per lui unica valida soluzione riformatrice del conflitto sociale, che la classe dirigente liberale non era stata in grado di offrire.

«Il Fascismo pone dei principi, dei capisaldi, delle norme che valgono a far sorgere un edificio nuovo, equilibrato, organicamente ideato, nel quale trovano posto le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori manuali e intellettuali, le corporazioni che collegano le une e le altre; la magistratura, che quando la necessità lo impone, per la mancata conciliazione, risolve le controversie del lavoro»

La coesistenza di principi liberali, e di esigenze riformiste si può rintracciare nei primi lavori del Dalla Volta, tra i quali si possono citare La riduzione delle ore di lavoro ed i suoi effetti economici, pubblicato a Firenze nel 1891, Le forme del salario, edito sempre a Firenze nel 1893, e l'articolo La spesa per l'abitazione quale indice della entrata complessiva, apparso sulla Riforma sociale del 25 apr. 1894.

Dalla Volta vede le riforme come mezzi necessari per consentire all'economia di funzionare armonicamente ossia nel rispetto delle esigenze della produzione e tenendo conto delle legittime aspirazioni delle classi lavoratrici. Infatti esaminando le proposte di riduzione della giornata lavorativa, afferma che queste non implicano altro che uno sviluppo più rapido del capitalismo, con un uso più intenso delle macchine e l'arricchimento della professionalità dei lavoratori stessi. Stessa cosa può dirsi sul tema del passaggio alla contrattazione collettiva affrontato nel saggio I problemi dell'organizzazione del lavoro pubblicato a Firenze nel 1903: "È interesse comune e dell'operaio e dell'imprenditore di applicare quel metodo di retribuzione che, nel ramo di produzione di cui trattasi, può dare l'effetto utile maggiore e, per conseguenza, le più alte mercedi e i profitti più elevati" (Le forme del salario, p. 196).

D'altro lato, però, è forte il richiamo a un programma "di riforme coordinate, efficaci, appropriate" con le quali "disarmare i violenti, i rivoluzionari, o almeno togliere loro la possibilità di raccogliere aderenti numerosi tra le classi popolari" (La violenza, il socialismo e le riforme sociali del 1914, ripubblicato in Questioni economiche, p. 751), che testimonia una doppia visione del sistema capitalistico, che nega al socialismo, ed in particolare il sindacalismo rivoluzionario, ogni forma di autonoma rappresentanza di istanze riformatrici, anche radicali, che non possano essere realizzate da un coerente socialismo borghese.

Dal punto di vista metodologico, Dalla volta, pur mostrando interesse verso gli sviluppi teorici che, ad esempio, avevano dato luogo, nell'opera di Pareto e Pantaleoni, alla fondazione marginalistica della scienza economica, viene ricordato come un critico di questa teoria.

Per Dalla Volta, infatti, lo studio delle interdipendenze tra i vari processi in sostituzione della ricerca della natura e delle cause dei fenomeni, mutilava la funzione scientifica, quest'ultima indicata alle scienze sociali, e quindi anche all'economia, dal positivismo, e che l'economista non vedeva realizzata nelle tecniche di analisi deduttiva del marginalismo.

Si presenta dunque nel pensiero di Dalla Volta quella combinazione di liberismo, riformismo e nazionalismo produttivistico che, associata alla matrice positivista, doveva trovare una ragion d'essere nel fascismo.

Dalla Volta assecondò la fascistizzazione del "Cesare Alfieri", pensando all'istituto fiorentino come ad un "vivaio" della nuova classe dirigente del regime, dando così alle scienze sociali un ruolo formativo ed educativo.

Oltre a quelli citati, di Dalla Volta vanno ricordati i seguenti scritti: Il nuovo oro africano, Firenze 1896; I contributi speciali per i lavori di miglioria. Studio di finanza, ibid. 1896; La riforma dei tributi locali, ibid. 1899; Dell'arbitrato negli scioperi, Palermo 1903; La teoria moderna del valore economico, Mantova 1916; La crisi dei cambi, Firenze 1925; La fase odierna del fenomeno emigratorio, ibid. 1925; Il problema demografico e le correnti emigratorie europee, ibid. 1926; Scritti vari di economia e finanza, ibid. 1931.

Fonti e Bibl.: Studi in on. di R. D., a cura di J. Mazzei, Firenze 1936; V. Pareto, Lett. a M. Pantaleoni 1890-1923, a cura di G. De Rosa, Roma 1960, I, passim; G. Spadolini, Il "Cesare Alfieri" nella storia d'Italia. Nascita e primi passi della scuola fiorentina di scienze sociali, Firenze 1975, p. V e passim; S. Lanaro, Nazione e lavoro. Saggio sulla cultura borghese in Italia 1860-1925, Padova 1979, pp. 157-62.

Vita privata[modifica | modifica wikitesto]

Deportazione[modifica | modifica wikitesto]

Opere[modifica | modifica wikitesto]

  • La riduzione delle ore di lavoro ed i suoi effetti economici, Firenze, Bocca, 1891.
  • Le forme del salario, Firenze, Bocca, 1893.
  • Saggi economici e finanziari sull'Inghilterra, Palermo, R. Sandron, 1912.
  • Questioni economiche di ieri e di domani, Milano, Società editrice libraria, 1915.
  • La crisi dei cambi, Firenze, Barbèra, 1925.
  • Scritti vari di economia e finanza, Firenze, Seeber, 1931.

Biblioteca[modifica | modifica wikitesto]

La Biblioteca di Scienze sociali dell'Università degli studi di Firenze conserva la Biblioteca di Riccardo Dalla Volta[2], comprendente documenti di carattere economico pubblicati tra la fine dell'800 e i primi decenni del ‘900.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Denis Giva, DALLA VOLTA, Riccardo, su treccani.it. URL consultato il 5 ottobre 2020.
  2. ^ Biblioteca Riccardo Dalla Volta, su Università degli studi di Firenze. Biblioteca di Scienze sociali. URL consultato il 20/7/2017.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Denis Giva, DALLA VOLTA, Riccardo, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 32, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1986, pp. 65–67.
  • J. Mazzei, “A Riccardo Dalla Volta”, in Studi in onore di Riccardo Dalla Volta, Firenze, Cya, 1936, vol. 1, pp. Xvii-xxii, spec. p. xx.
  • S. Lanaro, Nazione e lavoro. Saggio sulla cultura borghese in Italia 1860-1925, Padova, Marsilio, 1979, pp. 157–162.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]


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