Utente:Morgantia07/Remigio Roccella

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Remigio Roccella

Remigio Roccella (Piazza Armerina, 7 maggio 1829Aidone, 16 gennaio 1916) è stato un poeta e scrittore italiano in galloitalico di Piazza Armerina.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Remigio Roccella, figura versatile ed impegnata nel panorama socio-culturale della sua città, è ricordato ancora oggi come l’autore del “Vocabolario della lingua parlata in Piazza Armerina” e di un nutrito numero di opere in vernacolo che costituiscono una notevole testimonianza del dialetto vivo del tempo: il gallo-italico di Piazza, una parlata alloglotta che si fa risalire al periodo della conquista normanna della Sicilia. Nasce a Piazza Armerina, da Rosario e da Vincenza Cammarata, il 7 maggio 1829 a Piazza Armerina (ENNA) e qui muore il 16 gennaio del 1916. A soli 18 anni, dopo aver completati i corsi della Patria Accademia, compreso il corso di filosofia, frequenta il Conservatorio di Palermo, dal quale esce esperto suonatore di violino. Dopo i moti del 1848 rientra nella sua città e diviene violinista nella cattedrale della città, dietro un magro compenso. La formazione culturale dell’Autore è quella tipica dell’autodidatta che, di volta in volta, approfondisce vari aspetti di studio. Si occupa di diritto amministrativo e, dopo un concorso, ottiene un primo impiego presso la segreteria del Comune, poi quello di Cancelliere archivista. Lo studio delle materie giuridiche lo porta al conseguimento, a 28 anni, del diploma di licenza in diritto nell'Università di Catania; sposa la cugina Enrichetta Cammarata. Considerato sovversivo dalla polizia borbonica, è sorvegliato speciale, come il fratello Alceste e il suocero Cammarata fondatore nel 1820 della "vendita" carbonara di Piazza. Nel 1861 supera brillantemente l’esame che gli consente di esercitare la professione di notaio, il che gli fa abbandonare ogni altra precedente attività, fatta eccezione per l’insegnamento di lingua italiana, calligrafia e matematica iniziato nel 1863 al ginnasio della città e interrotto solo nel 1880. Nel 1868, quale Rettore dell’ Ospedale, ne migliora le condizioni ubicandolo presso i locali dell’ex convento dei Francescani. Nel 1870 viene inaugurata la nuova sede. Dirige nel contempo il Monte Prestami della città. É più volte consigliere comunale e provinciale. Quale sindaco della città (1875 - 1879) esprime rigore nella conduzione degli affari pubblici; sostiene la necessità di elevare la coscienza morale della città, con la cultura e l’esempio di vita. Nel 1876, coadiuvato dal fratello Alceste, crea la Biblioteca Comunale (nel 2000 verrà intitolata a Remigio & Alceste Roccella), nonché l’Asilo Infantile. Svolge saltuaria attività di giornalismo locale nel Plateese. Viene decorato con la croce di Cavaliere della Corona d’Italia.

Così lo ricorda Carmelo Scibona (1865-1939), anche lui poeta nel dialetto galloitalico di Piazza Armerina:

Ruccedda

’N sta cappella n’ l’etern ddett,

r’posa ‘mpasg’ n om d’ r’spètt

E tu ch’ mpìnzi, dì n avemaria

Pu patri da Ciaccèsa puisìa.

(In questa cappella, nell’eterno letto/ riposa in pace un uomo di rispetto./ E tu che che ti fermi, di’ un’Avemaria / per il padre della piazzese poesia)

Le Opere[modifica | modifica wikitesto]

Poesie in Lingua vernacola piazzese[modifica | modifica wikitesto]

(Piazza Armerina, Tip. di R.Orlando, 1872). È un fascicoletto di 15 poesie, la cui pubblicazione era stata incoraggiata dagli amici, nonostante l’autore non attribuisse gran valore alle composizioni. Nella brevissima prefazione Remigio Roccella sintetizza le peculiarità del vernacolo piazzese, ne ipotizza le origini (“in tempi a noi molto remoti qualche colonia piemontese o lombarda abitò per lungo periodo l’antica Plutia”) e suggerisce alcune norme ortografiche che costituiscono il primo, anche se inevitabilmente incompleto e inadeguato, tentativo di strutturazione del sistema ortografico del galloitalico. Nella sua autobiografia l’autore cita alcuni giudizi, circa l’accoglimento e la valutazione di questi componimenti, da parte di personalità culturali e organi di stampa: Lionardo Vigo (Acireale 1799 -1879) : “Ho lette le poesie subito e mi piacciono assaissimo; tanto per sé e in sé, quanto per essere dettate nella sua lingua di Piazza; le ristamperò tutte nella raccolta amplissima dei nostri canti che ho sotto i torchi…” Giuseppe Pitrè (Palermo 1841 - 1916): “I suoi versi mi piacciono assai per la vivacità delle immagini e di forma che li governa. Se io ho ben compreso il suo dialetto natale, ella ha molta grazia di pensieri e quella rara facilità di espressione che nel genere di poesia da lei coltivata fa un gran bene…”. Vincenzo Cordova (Aidone 1870 - 1943) - “Ricevo le vostre belle poesie e ve ne fo i miei complimenti. Se ne doveste fare altra edizione, bisognerebbe mettergli di fronte il testo in italiano, farebbero un effetto sorprendente…le ho lette ad alta voce ed una corona di deputati mi ha accerchiato. Quanto alla ortografia, sono rimasto come avete saputo ritrarre ciò che non fu mai ritratto. Davvero è un’invenzione”.

L’esempio e i suoi effetti[modifica | modifica wikitesto]

(Caltagirone. Tip. Andrea Giustiniani 1875) Monografia di filosofia morale, basata sull'esaltazione della forza educatrice dell’esempio. L’opera si articola in dodici capitoli che analizzano l'importanza dell'esempio in tutte le relazioni umane, dalla famiglia, alla scuola, alla religione, alla vita pubblica e lavorativa. Un brevissima citazione esemplifica bene la modernità e l'efficaci del suo pensiero, dal Cap.3, alla pagina 25 si legge: "…La missione adunque degli istitutori è molto importante e trae seco gravi responsabilità. Fra tutte le virtù di cui debbono essere adorni, la suprema è quella di sapersi rendere modello di probità e sincerità. L’educatore che predica il bene e non lo convalida con le sue azioni, farebbe assai meglio a tacere. I buoni consigli, i buoni precetti, dice un dotto contemporaneo, hanno un valore oscillante e passeggiero che viene attribuito all’autorità della persona ed alle circostanze più o meno opportune in cui vengono dati. L’esempio, invece, è di sua natura continuo e metodico: esso diluisce nelle giuste proporzioni la dottrina e la pratica, rischiara la scienza con l’esperienza, afferma e conferma la bontà dell’educazione e dell’insegnamento: è la parte sana ed utile del vero, stereotipata in un testo, sul quale si legge chiaro, e che più facilmente s’intende”

Vocabolario della Lingua Parlata in Piazza Armerina[modifica | modifica wikitesto]

(Sicilia)” Caltagirone Bartolomeo Mantelli Editore 1875. È certo la fatica maggiore di Remigio Roccella, quella che lo rende a tutti gli effetti studioso di dialettologia, per il metodo con cui si accosta al recupero del galloitalico piazzese. Al Roccella, non solo si deve una sistematica raccolta del patrimonio lessicale del piazzese, ma anche e soprattutto una regolamentazione ortografica e una schematizzazione morfologica. Il passaggio dal parlato alle norme per l’uso scritto, avrebbe stimolato i concittadini all'apprezzamento delle possibilità espressive di un vernacolo considerato fino ad alloro solo la “parlata della classe umile”. Uniformare poi il sistema della trascrizione avrebbe evitato il formarsi di inutili e dannose divergenze tra i conoscitori e i cultori. Nell’introduzione l’Autore tratteggia a grandi linee le origini e lo sviluppo storico di Piazza Armerina, quindi ipotizza una teoria sulle origini lombardo-piemontesi del galloitalico piazzese (“di Plutia, Aidone, Nicosia e San Fratello"), attraverso il confronto diretto tra tre brani identici trascritti in siciliano, piazzese e piemontese. Procede con gli “Elementi della grammatica piazzese”. Sette capitoli in cui viene messa appunto una normalizzazione ortografica ed una schematizzazione morfologica del vernacolo piazzese. Il primo capitolo si intitola: "Delle Lettere e della loro pronunzia". È importantissimo, in quanto può essere considerato il primo tentativo di organizzazione sistematica delle corrispondenze tra suoni e segni. Anche se inevitabilmente incompleto e lacunoso, come tutte le operazioni pionieristiche, è stato ed è ancora oggi il sistema correntemente usato da cultori, fruitori e studiosi locali. Seguono i capitoli dedicati all’articolo, alla formazione del plurale, alle declinazioni dei nomi, al nome e all’aggettivo, al pronome e ai verbi

Poesie e prose nella lingua parlata piazzese[modifica | modifica wikitesto]

(Caltagirone Tip. Bartolomeo Mantelli 1877). È un’ampia raccolta che comprende un insieme di Canti, la commedia Scuta a to pà, 235 proverbi, alcune novelline e dei racconti popolari. È una produzione molto più articolata che offre un ventaglio di possibilità letterarie inimmaginabili per gli autori del tempo, nonché per gli studiosi di dialettologia, di filologia e tradizioni popolari. L’Autore non solo realizza il dizionario, ma lo fa seguire da questa raccolta di produzioni letterarie che danno al lettore l’idea delle molteplici potenzialità e della ricchezza espressiva del vernacolo. Le motivazioni, in toto, sono intuibili anche ai nostri giorni.

I Canti[modifica | modifica wikitesto]

Si tratta di 41 composizioni, comprendenti quasi interamente quelle della prima edizione, in cui il ruolo del poeta-educatore viene fuori in tutta la sua ampiezza. I toni passano dalla satira, all’analisi e alla critica sociale, alla riflessione dolentemente autobiografica. La vivezza delle immagini domina e si fa coinvolgente. Lo svolgersi quotidiano della vita diventa il filo conduttore che porterà alla commedia “Scuta a to pà

Scuta a to pà[modifica | modifica wikitesto]

È la prima opera teatrale scritta in vernacolo piazzese. La trama propone i temi del quotidiano e del mondo contadino del passato. La vicenda si snoda sulla attenta descrizione della struttura patriarcale della famiglia, dei problemi dell’economia rurale, della profonda differenza tra le classi sociali. La disobbedienza del figlio ai dettati e ai valori della famiglia, diventa causa di un conflitto durissimo che porterà alla interruzione dei rapporti tra Masser Ciccu e Paulu, il figlio disobbediente che non ama il lavoro e sposa una ragazza forestiera e desiderosa di lussi e bella vita. Il fallimento delle scelte del figlio, porterà ad una conclusione che ricorda tanto il ritorno del figliol prodigo.

I proverbi[modifica | modifica wikitesto]

una raccolta di 235 proverbi tipici della parlata. Necessariamente incompleta ma significativa di una società contadina.

Le novelline[modifica | modifica wikitesto]

Sono quattro: U ratt; U B’stiamèr; A Figghia du Fugghiamer; U G’ssèr.

Sulla scuola pratica d’aqricoltura[modifica | modifica wikitesto]

Accorata perorazione per l’istituzione di una scuola di Agricoltura a Piazza Armerina, letta al consiglio comunale nell'aprile 1888.

COPERTINA
COPERTINA

Nuove poesie in Vernacolo Piazzese[modifica | modifica wikitesto]

(Piazza Armerina Tip. Fratelli Bologna La Bella 1894). A 17 anni dalla precedente pubblicazione, il Roccella ripropone questa raccolta, su sollecitazione degli amici. Tutte le poesie vengono composte in un brevissimo arco di tempo (dal maggio 1893 al gennaio 1894) Si tratta di 28 poesie caratterizzate da toni smorzati e pacatezza. C’è una maggiore comprensione per gli errori umani. L’amore ispira ogni verso e fa cogliere al poeta i più suggestivi aspetti della vita e della natura. Notevole il racconto del lavoro dell’uomo nei campi e nei pascoli. Nuovi anche i testi dedicati a Vittorio Emanuele, Garibaldi, il Conte di Cavour. Struggente il testo Cösta è l’urt’ma e tagghiöma con cui l’Autore dà il commiato al libro, indicandogli la via del Bene, come si fa con un figlio. Per avere un'idea della poesia di Roccella si propone questo sonetto tratto da Poesie in lingua vernacola piazzese, nella versione ortografica del 1877. Il poeta dedica questa poesia alla sua città, caduta in mano di persone mediocri e avide dopo la morte degli uomini savi e onesti che l'avevano fatta grande.


A Ciazza - Sunett

Com na barca senza cap’tangh,

Com senza đi tranti ‘mp’c’rìngh,

Com na crésgia senza cap’llangh,

P’ tali e quali è Ciazza lu sc’ntingh


Non ggh’è ciù nudd, ch’ ggh’ stenn a mangh,

Murinu Mass’miàngh e Ciccu e Ningh*,

L’ana ddasciàit ai mai đ’ ‘nsagr’stangh,

Ch’ đi ‘mpulini scurza l’egua e u vingh.


O Ciazza, Ciazza, scunsulađa e stanca

Döi o trei far’séi e n’ om viu

T’ana purtàit ‘ntaggh đ’ ddavanca.


S’ tarda ciù l’Autor’tà c’vìu

A dett ajut e cadi a banna manca,

Sc’ntìna mur’rai d’ mau s’ttìu.

Traduzione: A Piazza.Sonetto. Come una barca senza capitano,/ come un bambino senza bretelle,/come una chiesa senza cappellano,/ così è la nostra Piazza, poveretta! Non c’è nessuno che le tenda la mano,/ sono morti Massimiano, Cicco e Nino*/ l’hanno lasciata in balia di un sagrestano / che dalle ampolle sottrae acqua e vino. Se le Autorità tarderanno ad intervenire,/ a darti aiuto e cadrai nella sventura,/ miseramente morirai di mal sottile. ( * Nota: Massimiano Crescimanno, Francesco di Paola Trigona, Antonio Gangitano , cittadini piazzesi apprezzati per la loro onestà.).

BIBLIOGRAFIA[modifica | modifica wikitesto]

Fonti: vol.IV ‘Storia di Piazza’ di Alceste Roccella, manoscritto inedito in sette volumi, di Alceste Roccella (fratello del Nostro), studioso di storia patria, esperto di legge, attivo in politica e benefattore, eroe risorgimentale locale.

L’idea nostra” (anno IX n9 del 12/07/1956) art.’Remigio Roccella Il Grande’ di R.Roccella Calarco Santi Ciancio: Bibliografia paesana moderna. Elenco delle pubblicazioni di autori e scrittori piazzesi (dal 1842 ai nostri giorni). Piazza Armerina tip. A.Vincifori Giovenco 1907

“Reminiscenze dei principali fatti di mia vita, autobiografia dell’Autore” , interrotta nel 1873 (inedita e attualmente non disponibile)

Filippo Piazza: “Le colonie e i Dialetti lombardo-siculi” (saggio di studi neolatini) Edit. Cav. Vincenzo Giannotta 1921

Carmelo Scibona: "U cardubu" off. tip. Gilardoni-Chiesa-Gallazzi Milano 1935

Lucia Todaro: Tesi di laurea “Contributo alla conoscenza del lessico piazzese attraverso lo spoglio delle opere di Remigio Roccella”. Relatore Prof.G.Tropea. Introduzione. Anno Accademico 1969/70. Università degli studi di Catania. Facoltà di Lettere e Filosofia.

Gioacchino Fonti: “Grammatica dell’idioma gallo-Italico parlato in Piazza Armerina con rassegna antologica” ED. IF 1983

Litterio Villari: “Storia della Città di Piazza Armerina”. 1987 Casa editrice La Tribuna Piacenza (terza ed.)

Ignazio Nigrelli: “Lionardo Vigo, Remigio Roccella e il Gallo-Italico di Piazza Armerina” (Estratto da Lunario nuovo n.52. Anno XI Novembre – Dicembre 1989. Italia Nostra Piazza Armerina

Brochure divulgativa del Comune di Piazza Armerina (2000), in occasione della intitolazione della Biblioteca comunale ad Alceste e Remigio Roccella

"Migrazioni interne: I dialetti galloitalici della Sicilia" (XVII convegno di studi dialettali italiani)

Progetto Galloitalici Saggi e Materiali 2. A cura di Salvatore C. Trovato - Convegno di Studi su Dialetti Galloitalici dal Nord al Sud –Realtà e Prospettive (Piazza Armerina 7-9 aprile 1994). Ed.Il Lunario

Lionardo Vigo: “Raccolta amplissima di canti popolari siciliani. Canti Lombardi”

Giuseppe Pitrè: “De’ canti popolari lombardi di Sicilia. Saggio di proverbi lombardi di Sicilia”. Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane,vol.3 (1871/1913). Studi di poesia popolare, vol unico,1872. Saggio di proverbi lombardi di Sicilia, Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane,vol XI. Proverbi siciliani, vol 4 ,1880

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Categoria:Scrittori in lingua siciliana