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Gino Galeotti[modifica | modifica wikitesto]

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Gino Galeotti (Gubbio10 agosto 1867Napoli5 aprile 1921) fu un importante medico e patologo italiano, docente presso le Università degli Studi di CagliariSiena e Napoli, membro dell'Accademia Pontaniana e dell'Accademia Nazionale dei Lincei.

Biografia[modifica | modifica wikitesto][modifica | modifica wikitesto]

Nato a Gubbio da Melitone Galeotti e Annetta Cartoni e compiuti i suoi primi studi a Perugia e Siena[1], proseguì il corso di laurea in medicina e chirurgia presso l'Università degli Studi di Firenze, dove si laureò nel 1890 all'età di 23 anni. Fu qui che conobbe il suo maestro e professore di Patologia Generale Alessandro Lustig Piacezzi. Iniziata subito la sua carriera universitaria presso lo stesso istituto come assistente, fu invitato nel 1897 da Lustig ad accompagnarlo in India, dove durante l'epidemia di peste sperimentarono sui malati nuovi sieri e vaccini specifici per la cura e la profilassi della malattia, già sperimentati su cavie presso l'Università di Firenze.[2]

Al ritorno dal viaggio in India, Galeotti fu convocato dall'Università di Cagliari, dove ottenne la cattedra di patologia generale dal 1901 al 1903. Dopo un anno a Siena, divenne docente presso l'Università degli Studi di Napoli, dal 1905 fino alla sua morte.[3]

Grazie dell'esperienza acquisita in India, egli fu chiamato dal governo cinese a partecipare nel 1911 al Convegno Internazionale a Mukden (odierna Shenyang), in Manciuria, insieme ai più autorevoli batteriologi ed epidemiologi del mondo, per conferire sulla peste polmonare che aveva colpito la regione cinese.[3]

Allo scoppio del primo conflitto mondiale, si arruolò come volontario sul fronte dove si impegnò a lottare e prevenire malattie epidemiche, in particolare il tifo, venendo a contatto con 1007 casi[3][2]. Curò anche la creazione sul territorio di diversi laboratori batteriologici per l'accertamento e la profilassi delle malattie infettive, impegnandosi a regolarne il funzionamento. A causa del suo impegno senza curare pericoli e disagi[2], si ammalò di tifo, rischiando di morire egli stesso.

Nel 1915 egli pubblicò un libro dal titolo "Ricerche di Biologia", pubblicato a Padova nel dicembre di quello stesso anno.[2]

Nel 1918, Giuseppe Gradenigo, incaricato dalle Autorità Militari di istituire in Italia degli uffici per l'accertamento delle condizioni psicofisiche per l'idoneità dei piloti aviatori, si rivolse a Gino Galeotti per organizzare l'Ufficio Psicofisiologico di Napoli, al servizio dell'Esercito e poi della Marina, ospitato nel suo istituto universitario. I casi che Galeotti passò al vaglio furono circa 3500 e durante questo periodo, egli svolse delle ricerche sulla pressione sanguigna durante l'aviazione, sull'influenza del volo sulle funzioni respiratorie e sulle pulsazioni, insieme al Prof. Aggazzotti, ideò l'ergoestesiografo, apparecchio che permette di studiare la sensibilità del senso muscolare.[2]

Grande appassionato di montagna ed alpinismo, Gino Galeotti continuò a studiare la fisiologia umana ad alte quote, nei laboratori del Monte Rosa del fisiologoAngelo Mosso, nella Capanna Regina Margherita (4560 m) e del Colle di Olen (2950 m). Nel particolare, studiò il comportamento del corpo umano trasportato rapidamente o meno a certe altitudini.[2]

Gino Galeotti morì il 5 aprile 1921 a Napoli, per complicazioni a seguito di un'influenza.[2]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto][modifica | modifica wikitesto]

  • Gino Galeotti
  • "Gino Galeotti", di Giulia Crespi, da Dizionario Biografico degli Italiani, Treccani, pagg.427-429
  • "Necrologio di Gino Galeotti", di Giuseppe Gradenigo, Atti della Accademia Pontaniana, Volume LIII, Serie II-Volume XXVIII, pagg.172-179, 1923
  • ^ GALEOTTI, Gino in "Dizionario Biografico", su www.treccani.it. URL consultato il 30 ottobre 2016.
  • ^ a b c d e f g Giuseppe Gradenigo, Necrologio di Gino Galeotti, Napoli, Atti della Accademia Pontaniana, 1923, p. 173.
  • ^ a b c Giulia Crespi, Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, 1998, p. 428.