Utente:Camilla.citarella/Sandbox2

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Cause e conseguenze[modifica | modifica wikitesto]

Cause[1][modifica | modifica wikitesto]

Il generale austriaco Franz Conrad von Hotzendorff fece costruire, a partire dal 1907, una linea di fortezze poiché era convinto che gli alleati italiani fossero inaffidabili. Erano costruzioni più moderne che dovevano impedire l’accesso al Trentino e costituivano la terza fase delle operazioni di difesa. Esse affiancavano edificazioni della prima e della seconda fase, come i Forti Tenna e San Biagio in Valsugana, e furono progettate per difendersi dalle nuove potenti artiglierie. Furono posizionate nel cuneo delle  Prealpi vicentine: si trattava dei Forti Matassone e Valmorbia- Pozzacchio, che serravano la linea dei forti sugli Altipiani e la Val d’Assa sopra Rovereto. In tutto erano sette fortezze edificate per due obiettivi principali:

-         Bloccare un possibile assalto nel punto di confine più facilmente attaccabile e quindi per evitare il conseguente ed eventuale avanzamento degli italiani verso Trento;

-          Permettere agli austriaci l’ammassamento di truppe per lanciare una controffensiva lungo la Valle dell’ Astico o lungo gli altipiani Vezzena-Asiago, con l’opportunità di penetrare e avanzare nella pianura vicentina emarginando le truppe italiane posizionate sul confine orientale.

Conrad voleva edificare dei forti definitivi e permanenti anche sul Pasubio, ma gli fu negato (conseguentemente allo scoppio della guerra  gli austriaci lasceranno la Val d’ Assa e il Pasubio).

L’Italia in risposta creò una linea fortificata: Verena-Campolongo- Campomolon.

I forti meno efficienti erano i Forti Ratti  e Corbin, interrotto il Lisser. Altri forti,  invece, non avevano alcuna possibilità di resistere all’attacco delle nuove artiglierie in quanto molto meno evoluti rispetto agli altri.

Conseguenze[2][modifica | modifica wikitesto]

Fin dall’inizio delle controversie l’esercito italiano non riuscì a annientare nessuna delle sette fortezze che facevano parte della difesa austro-ungarica. Queste ultime riuscirono a serrare la strada di Trento e a sostenere le azioni offensive.

Ecco elencate le sorti dei FORTI AUSTRIACI:

FORTE DOSS DEL SOMMO: fu sconfitto dalle artiglierie italiane che si trovavano su Pasubio, passo della Borcola, Toraro;

FORTE BELVEDERE: sebbene colpito da grossi proiettili, ebbe danni ridotti;

FORTE VERLE:  al secondo giorno aveva due dei quattro obici non funzionanti e quindi fu abbandonato per alcuni giorni, ma gli italiani non se ne accorsero;

FORTE LUSERNA: fu lesionato sulla copertura da 5000 colpi e il comandante si arrese sventolando la bandiera bianca, ma fu ripreso subito dagli austro-ungarici delle fortificazioni circostanti prima che arrivassero gli italiani. Dal 15 al 25 agosto 1915  i forti vennero di nuovo colpiti anche da obici da 305 mm (che danneggiarono il fronte Lavarone - Vezzena), ma nonostante ciò le fortificazioni riuscirono a reggere questo attacco.

Per quanto riguarda invece i FORTI ITALIANI, essi subirono ben altre conseguenze:

FORTE VERENA: il 12 giugno 1915 subì uno dei primi colpi del mortaio Skoda da 305 mm, appena situato tra i boschi di Monterovere : il colpo passò attraverso una feritoia facendo esplodere le munizioni e una parte del forte;

FORTE CAMPOLONGO: già gravemente danneggiato precedentemente, fu distrutto in maniera definitiva dai bombardamenti che anticiparono la Strafexpedition;

FORTE CAMPOMOLON: senza cupole di copertura, fu abbandonato e fatto saltare dagli italiani che si trovavano di fronte agli austro-ungarici che percorrevano la Val delle Lanze.

Il confine italo-austriaco tra Vicenza e Trento[modifica | modifica wikitesto]

Il confine di battaglia in Italia comprendeva la zona prealpina: da Val Lagarina e Val Sugana.

In mezzo a queste due valli sono presenti le Prealpi vicentine e i Monti Lessini, un territorio montuoso, attraversato longitudinalmente da valli minori profonde e accidentate. La Val d'Astico ha una parte affacciata sull'Alta Valsugana attraverso il passo della Fricca ed è il più importante bacino vallivo.

Gli altipiani che si estendono sono estesi pascoli pianeggianti, compresi tra Vicenza e Trento, a circa 1000 metri s.l.m. Nella parte destra della Val d'Astico sono situati gli altipiani dei Fiorentini, di Tonezza e di Folgaria, mentre a sinistra gli altipiani di Asiago, Lavarone, Vezzena e dei Sette Comuni. Quest'ultimo é il più vasto che scende sulla pianura veneta.

Luoghi e caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

Caratteristiche generali[3][modifica | modifica wikitesto]

La linea dei forti austro-ungarici rispetto a quella italiana era molto più organizzata e possedeva maggiori difese. Inoltre i forti austriaci erano più numerosi rispetto a quelli italiani, che ne possedevano solo tre in prima linea, tra cui Campomolon. I forti italiani erano vantaggiosi dal punto di vista della dotazione di artiglieria e della posizione dominante, ma questo era inutile a causa della maggiore resistenza e delle coperture delle fortezze austro-ungariche. Per riuscire a perforare le coperture, il cui spessore variava dai 25 ai 50 cm, sarebbero serviti calibri da almeno 305 mm, invece dei 149 mm dei calibri dei cannoni italiani.

Con l’inizio della Grande Guerra, ai vecchi forti in pietra o mattoni erano stati sostituite le nuove fortezze, che possedevano le seguenti caratteristiche:

-         Erano situate su cime o speroni rocciosi in modo da avere un controllo totale sulla zona di attacco;

-         Venivano costruite scavando nella roccia e solitamente presentavano al nemico la parte rocciosa come difesa;

-         Erano edificate con cemento armato che raggiungeva spessori fino a tre metri;

-         Le loro armi principali erano cannoni protetti da cupole corazzate di acciaio;

-         A difendere le fortezze c’erano enormi opere di difesa come terrapieni, gallerie, trincee, reticolati, cannoni in casamatta e nidi di mitragliatrici.

Caratteristiche Forti Italiani[4][modifica | modifica wikitesto]

I forti italiani erano moderni quanto quelli austriaci e vennero costruiti in zone strategiche. Possedevano però degli svantaggi: non erano collegati tra loro e questo comportava una debolezza in caso di attacchi; inoltre le armi utilizzate erano cannoni da 149 mm senza obici o con coperture di cemento non rinforzate da putrelle d'acciaio. Queste furono le principali cause del regresso italiano durante la Grande Guerra: da una supremazia iniziale italiana, al controllo austriaco dei forti italiani ormai disarmati.

-Forte Verena[5]: questo forte fu l'opera italiana principale, era situata in una posizione "dominante" tanto che questo forte venne chiamato "dominatore dell'altopiano". Al suo interno c'era quattro cannoni, che erano situati in delle cupule corazzate. un'altra cupola invece aveva la funzione di "osservatorio". Inoltre nel forte vi erano 2 batterie, posizionate nelle località di Rossapoan e Verenetta. Ulteriormente si trovavano sei mitragliatrici, quattro in casamatta e le restanti due in posizione corazzata. Il 12 giugno 1915 da Costa Alta, che era posizionata tra Vezzena e Monterovere, le autorità regali piazzarono un mortaio, che con colpi diretti sul Verena indusse alla morte il Capitano Carlo Trucchetti con 40 artiglieri, di cui molti vicentini.

-Forte Campolongo[6]: durante la Grande Guerra la fortezza era una postazione fondamentale della linea Astico-Assa. Fornita di quattro cannoni di tipologia 149A con uno spessore di 18 centimetri e posizionati in cupole girevoli, il suo obiettivo di fuoco erano i forti di Luserna e Verle. La causa principale della sua distruzione furono le armi obsolete che venivano utilizzate come i quattro cannoni da 75B e quattro mitragliatrici scadenti. Il 12 giugno 1915 il campo venne attaccato dai mortai austriaci da 305, che provocarono danni ingenti. Quasi un anno dopo, il 15 maggio del 1916, il forte venne completamente annientato e occupato dall'esercito imperiale austro-ungarico.

-Forte Campomolon[7]: questo forte venne costruito tra il Passo della Borcola e la Valle dell'Astico e appartenne alla 9a divisione italiana. Inizialmente si trovò in grande vantaggio rispetto al suo corrispondente austriaco, perché dotato di sei obici da 280 mm che vennero posizionati a Forcella Molon, sul Cimonello di Toraro e sul piazzale retrostante. Venne sopraffatto dagli austriaci durante la Strafexpedition, che lo colpirono con un cannone da 420 mm posizionato a Malga Laghetto (Lavarone) e poi lo circondarono il 15 maggio 1916. Non rimasero molti resti di questo forte anche perché vennero prese decisioni drastiche da parte degli italiani su come distruggerlo: per primo venne fatta saltare in aria la fortezza con gelatina esplosiva, poi si ricorse all'uso delle mine che demolirono le caserme. Il 19 maggio 1916 venne ucciso il sottotenente Paolo Ferrario, che era a capo del Forte Campomolon.

-Forte Corbin[8]: questo forte fu il principale situato sullo sperone dal nodo del Cengio alla stretta di Barcarola. Possiamo dire sia stato uno dei forti italiani maggiormente difesi, infatti postava armi quali sei cannoni da 149 A in cupole d'acciaio girevoli, quattro mitragliatrici e quattro pezzi da 87B. Per difendere la fortezza, per ordine dello Stato, i soldati dopo l'inizio della guerra sostituirono i cannoni con dei tronchi d'albero in modo da ingannare e far sprecare colpi al nemico.

-Forte Casa Ratti[9]: la fortezza si ergeva sul fianco destro della Val d'Astico, le sue funzioni principali furono: proteggere il Forte Corbin e collaborare per difendere l'area di Arsiero e per creare uno sbarramento. Il forte venne riconosciuto per il suo armamento che consisteva in tre cannoni da 149G protetti da cupole d'acciaio girevoli, tre mitragliatrici in postazioni blindate e altre due in casematte. Come difesa e centro di rifornimento venne inoltre costruita la batteria Casa Ratti in funzione dal 1892. Fu obiettivo di spionaggio da parte degli austriaci, dai quali possiamo raccogliere alcune informazioni:

" ...era composta da un possente baluardo verso nord, orizzontale e gradinato, il quale si collega ad ovest alla ripida parete rocciosa, e ad est ne passa sopra...Le traverse contengono ricoveri in muratura ed a volta, il quali sono collegati con le traverse di comunicazione sotto il baluardo." .[10]

Sappiamo inoltre che la batteria possedeva armamenti come cinque o sei cannoni da 87B o 120 mm su un affusto fisso.

-Forte Cornolò[11]: questa fortezza venne ricordata con episodi simili al Forte Casa Ratti. I suoi bastioni in cemento e pietra guardavano a nord lo sbocco della valle Riofreddo, sotto monte Campomolon , e ad ovest la stretta della Val Posina. Il forte era una batteria corazzata dotata di quattro moderne installazioni in pozzo con cupola leggera (40 mm in acciaio), dove alloggiavano quattro cannoni da 75A. Entrambi i forti Casa Ratti e Cornolò si trovarono in episodi simili durante la guerra. Appena gli austriaci cominciarono ad avanzare il forte contrattaccò fino ad esaurire i suoi colpi e distruggere le sue armi per i troppi tiri, tanto da rendere la fortezza fuori servizio dal 24 maggio 1916. Il 25 giugno 2016 dopo il forte venne fatto esplodere dagli artificieri austriaci con il Casa Ratti.

Immagini dei forti italiani[modifica | modifica wikitesto]

Caratteristiche Forti Austroungarici[12][modifica | modifica wikitesto]

I forti austriaci vennero costruiti in due fasi: tra il 1908 e il 1914 nel settore orientale (Forte Cima Vezzena, Forte Busa Verle, Forte Lusern e Forte Belvedere), invece tra il 1910 e il 1914 sull'altopiano di Folgaria (Forte Cherle, Forte Sommo Alto e Forte Dosso delle Somme). Le fortezze austro-ungariche erano moderne e molto più efficaci di quelle italiane, infatti vennero dotate di resistenti coperture in cemento e vennero armate con obici da 10 cm e da 12-22 postazioni di mitragliatrici, a seconda del forte. Gli austriaci inoltre, a differenza degli italiani, si prepararono all'arrivo della Grande Guerra munendosi di viveri, carburanti e munizioni in modo da resistere anche fino a trenta giorni di isolamento. Inoltre aumentarono lo spazio dei forti che riuscirono a contenere dai 200 ai 300 uomini.

-Forte Cima Vezzena (Werk Vezzena)[13]: Si trova a 1908 metri di quota. Questo forte era posizionatio a ovest dei Sette Comuni, dominava e controllava la sottostante Valsugana, infatti era chiamato "l'occhio dell'altopiano". Questo era più che altro un osservatorio fortificato, che controllava sia l'Alta Valsugana che la parte superiore della Val d'Assa. Disponeva di un pezzo di artiglieria a tiro rapido, due riflettori e sette mitragliatrici. Il 30 maggio venne inutilmente attaccato dagli alpini del Battaglione Bassano e il 25 agosto dal Battaglione Val Brenta, fallendo.

-Forte Campo Luserna (Werk Lusern)[14]: Il forte, soprannominato “Padreterno”, fu costruito tra il 1908 e il 1912 sulla sommità di Cima Campo che collega la Val d' Astico e la Val Torra, a 1549 m. di quota. Come per il forte Busa Verle la sua funzione era il controllo del valico del Passo Vezzena. L'armamento era costituito da 4 obici in cupola corrazzata, 2 cannoni e 19 postazioni di mitragliatrice.Questo forte durante i primi giorni di guerra venne pesantemente bombardato e a causa degli ingenti danni dovette sventolare la bandiera bianca della resa.

-Forte Belvedere(Werk Gschwendt)[15]: è situato sull’ Altipiano di Lavarone, sulla spianata sommitale di un accidentato sperone roccioso a 1177 m di quota e domina sulla Valle dell’Astico (da questo il motto 'per Trento basto io!' a significare che esso era sufficiente per difendere Trento). Questo armamento era formato da 3 obici in cupole girevoli, da 2 cannoni in casamatta corazzata, da 22 mitragliatrici e da altri 4 cannoni in casamatta ed era collegato mediante tunnel a 4 fortini avanzati per controllare l'area circostante. Le truppe stanziate in questo luogo, al fine di esercitarvi un’azione di controllo, di vigilanza e di difesa erano 138 artiglieri, 3 ufficiali, il comandante e un rinforzo di Landesschützen.

-Forte Cherle (Werk S.Sebastian)[16]: fu costruito tra il 1910 e il 1913 a circa 2 km dall’antico confine di Stato, in modo da sbarrare eventuali arrivi dall’Altopiano dei Fiorentini. Esso era munito di 4 obici in cupole girevoli ed al suo interno nel “Traditor” c’erano 2 obici in casamatta; per la difesa ravvicinata era fornito anche da 18 mitragliatrici ed una cupola girevole che fungeva da osservatorio. Era presidiato da ben 200 artiglieri e ufficiali, rinforzato anch’esso da 50 Landesschützen, ma non subì mai pesanti bombardamenti né fu luogo di attacchi diretti.

-Forte Doss Delle Somme (Werk Serrada)[17]: Il forte Doss delle Somme fu una struttura fondamentale per il controllo e la protezione dell'Altopiano di Folgaria e per il controllo dell'acceso dal passo della Borcola. Fu costruito tra il 1911 e il 1914 a 1670 m. di quota all’estremità sud del piccolo paese di Serrada, rivolto verso la valle di Terragnolo. Era armato da 4 obici posti all'interno di cupole girevoli, due cannoni, 22 postazione di mitragliatrice e un osservatorio in cupola; nel forte erano presenti 60 militari. Durante la Prima Guerra Mondiale il Forte Doss delle Somme fu luogo di intensi bombardamenti dai quali uscì danneggiato, ma non distrutto.

-Forte Sommo Alto (Werk Sommo)[18]: si tratta di un forte molto modesto rispetto ai forti ad esso vicini e fu costruito tra il 1911 e il 1914 a 1613 m di quota. I suoi scopi erano:

- fare da tramite e collegare i forti Doss delle Somme e Cherle;

- controllare il passo Coe e la pianura di Malga Melegna.

Il suo armamento era assai scarso, costituito solamente da 2 mitragliatrici per la difesa/ resistenza ravvicinata e 2 obici internati in cupole girevoli. Questo forte fu molto efficace nel contrastare le prove italiane di abbattere e sfondare le linee austriache nella primavera e l’estate del 1915 ma non venne mai attaccata dalle fanterie Italiane.

-Forte Busa Verle[19]: Il forte Busa Verle sorge sul colle che domina Passo Vezzena, a 1554 m. di quota; il suo compito era quello di controllare la parte superiore della val d'Assa assieme al Forte Lusern. Il suo armamento disponeva di due cannoni postati nel “Traditor”, altri 4 cannoni disposti nel baluardo finale, di quattro cannoni installati in cupole girevoli e da 15 mitragliatrici. Il presidio era formato da 8 ufficiali subalterni, 187 artiglieri, il comandante e 50 Landesschutzen. Gli italiani, nonostante due ripetuti attacchi nell'estate del 1915, non riuscirono mai ad arrivare al forte. Esso è oggi noto per aver ospitato durante la Prima Guerra lo scrittore austriaco Fritz Weber e il regista altoatesino Luis Trenker .

Immagini dei forti austriaci[modifica | modifica wikitesto]

Funzioni[20][modifica | modifica wikitesto]

L’utilità di una piazzaforte è divisa in due parti: la prima è proteggere la località e tutto ciò all’ interno di essa, la seconda, invece, è difendere la zona circostante.

Le piazzeforti austro-ungariche e italiane durante la Grande Guerra erano:

-zone di difesa per contenere munizioni, armi e altro;

-un sistema di protezione per i militari;

-sbarramenti di strade, fiumi o altre vie di comunicazione;

-posizioni di protezione strategiche;

-centri di comando, rifornimento e comunicazione

-rifugio per soldati deboli, feriti o dispersi;

-protezione di monti e sistemi stradali che sbarravano o difendevano;

-barriera contro l'attacco nemico in modo da bloccare l'avanzata dell'avversario;

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Mariano De Peron, Siti di Guerra sui monti delle valli, Studioimmagine Srl, 2011.
  2. ^ Mariano De Peron, op. cit., Studioimmagine Srl, 2011.
  3. ^ Delmo Stenghele, La Grande Guerra nella valle dell' Astico terra di confine, Stamperia Stenghele, 2010.
  4. ^ AAVV, Il Fronte d'Acciaio, Altipiani Cimbri centenario 14-18, Trento, Istituto Pavoniano Artigianelli, 2014, p. 11.
  5. ^ Delmo Stenghele, La Grande Guerra nella valle dell' Astico terra di confine, Stamperia Stenghele, 2010, p. 36.
  6. ^ Delmo Stenghele, op. cit., Stamperia Stenghele, 2010, p. 38.
  7. ^ Delmo Stenghele, op. cit., Stamperia Stenghele, 2010, p. 44.
  8. ^ Delmo Stenghele, op. cit., Stamperia Stenghele, 2010, p. 40.
  9. ^ Delmo Stenghele, op. cit., Stamperia Stenghele, 2010, p. 41.
  10. ^ Delmo Stenghele, op. cit., Stamperia Stenghele, 2010, p. 15.
  11. ^ Delmo Stenghele, op. cit., Stamperia Stenghele, 2010.
  12. ^ AAVV, Il Fronte d'Acciaio, Altipiani Cimbri centenario 14-18, Trento, Istituto Pavoniano Artigianelli, 2014, p. 10.
  13. ^ Delmo Stenghele, La Grande Guerra nella valle dell' Astico terra di confine, Stamperia Stenghele, 2010, p. 40.
  14. ^ Delmo Stenghele, op. cit., Stamperia Stenghele, 2010, p. 40.
  15. ^ Delmo Stenghele, op. cit., Stamperia Stenghele, 2010, p. 43.
  16. ^ Delmo Stenghele, op. cit., Stamperia Stenghele, 2010, p. 43.
  17. ^ Delmo Stenghele, op. cit., Stamperia Stenghele, 2010, p. 42.
  18. ^ Delmo Stenghele, op. cit., Stamperia Stenghele, 2010, p. 42.
  19. ^ AAVV, Il Fronte d'Acciaio, Altipiani Cimbri centenario 14-18, Trento, Istituto Pavoniano Artigianelli, 2014, p. 17.
  20. ^ Mariano De Peron, Siti di Guerra sui monti delle valli, Studioimmagine Srl, 2011, p. 4.