Forte Verena
Forte Verena Fortificazioni italiane al confine austriaco | |
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Il forte nel 2023. | |
Ubicazione | |
Stato | Regno d'Italia |
Stato attuale | Italia |
Città | Roana, Vicenza |
Coordinate | 45°55′50″N 11°24′47″E |
Informazioni generali | |
Tipo | Forte |
Altezza | 2.019 m s.l.m. |
Costruzione | 1910-1914 |
Costruttore | stato maggiore del Genio militare di Verona |
Materiale | cemento |
Primo proprietario | Regno d'Italia |
Condizione attuale | In restauro |
Proprietario attuale | Demanio |
Visitabile | Sì |
Informazioni militari | |
Utilizzatore | Regno d'Italia Impero austro-ungarico |
Funzione strategica | Difesa del settore nord occidentale del fronte bellico sull'Altopiano dei Sette Comuni durante la prima guerra mondiale |
Termine funzione strategica | 1918 |
Armamento | 4 cannoni Armstrong in acciaio da 149 mm in cupole corazzate girevoli di 160 mm di spessore (installazione tipo Armstrong) e 4 mitragliere in casematte e due batterie di cannoni da 75 mm |
Comandanti storici | Umberto Trucchetti |
Azioni di guerra | Battaglia degli Altipiani |
Eventi | Fu utilizzato dal regio esercito fino al 22 maggio 1916 quando, durante la Strafexpedition, fu occupato dalle truppe austriache le quali lo utilizzarono per il resto della guerra |
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Il forte Verena è stata una fortezza italiana costruita tra il 1910 ed il 1914 a difesa del confine italiano con l'impero austro-ungarico (lungo la linea di confine che attualmente si può collocare tra la provincia di Vicenza e il Trentino) a 2.019 metri di altitudine sulla sommità dell'omonimo monte. Il forte si trova nel territorio comunale di Roana, e si affaccia con pareti a picco sulla sottostante val d'Assa.
Alle ore 3.55 del 24 maggio 1915 dal forte Verena partirono i primi due colpi di cannone da parte italiana che decretarono l'entrata in guerra del Regio Esercito[1]. Il 12 giugno 1915 il forte fu colpito e distrutto da un proiettile Skoda da 305 mm penetrato nella struttura ed esploso al suo interno. Il 22 maggio 1916, durante l'Offensiva di primavera, la posizione fu occupata dalle truppe austro-ungariche in mano alle quali rimase per il resto della guerra.[2]
Storia
[modifica | modifica wikitesto]L'opera faceva parte dello Sbarramento Agno-Assa, III settore - Asiago; la costruzione in sé dava l'idea di un forte robusto e ben difeso, ma in realtà fu costruito in tempi molto brevi e con materiali scadenti (basti pensare che fu utilizzato il ferro di carriole e posateria come metallo per armare il cemento del forte, con conseguenti risultati negativi sulla robustezza).
La Grande Guerra
[modifica | modifica wikitesto]Dopo aver decretato l'entrata in guerra del Regio Esercito italiano, nelle prime due settimane di guerra il Verena, coadiuvato da una batteria di mortai da 280 mm piazzati sulla vicina cima Civello, bombardò indisturbato le fortezze austroungariche forte Verle, forte Campo Luserna e forte Vezzena, provocando gravi danni.
Per eliminare questo pericoloso antagonista - soprannominato il "dominatore dell'altopiano" - gli austro-ungarici prepararono mortai Škoda 30,5 cm Vz. 1911 da 305mm.
Il 12 giugno 1915, neanche 20 giorni dopo l'inizio del conflitto, un colpo da 305 a scoppio ritardato perforò la corazza ed esplose all'interno della polveriera uccidendo il comandante Umberto Trucchetti, due sottotenenti e 43 uomini. Documenti fotografici dell'esercito austro-ungarico (oggi conservati presso la Biblioteca Nazionale Austriaca di Vienna) accreditano la distruzione del forte alla Batteria 19 comandata dall'Hauptmann Bosse postata nei pressi di Levico; due lapidi all'interno del forte oggi ricordano l'evento. Nei giorni successivi furono distrutte due cupole, bloccata una terza, centrate e devastate le casematte, le caserme e l'infermeria. Si decise, quindi, di porre allo scoperto i cannoni, e di utilizzare il forte solamente come osservatorio. Nel primo dopoguerra era opinione dei comandi militari italiani che la perforazione della cupola corazzata fosse dovuta ad una crepa nel rivestimento.[3] In realtà, il forte era stato progettato e realizzato tenendo in considerazione il precedente armamento dei forti Verle e Luserna, costituiti da obici da 100mm, che non potevano raggiungere efficacemente il forte. Tutto il dimensionamento delle difese era stato quindi calcolato su questo armamento, rivelandosi di conseguenza inadeguato ai nuovi mortai da 305mm.[4]
Il 22 maggio 1916, durante l'Offensiva di maggio, il forte fu occupato dalle truppe austro-ungariche (che ne festeggiarono la conquista con il lancio di numerosi traccianti luminosi) in mano alle quali rimase per il resto della guerra.[2]
Descrizione
[modifica | modifica wikitesto]Armamento
[modifica | modifica wikitesto]L'armamento era composta da quattro cannoni Schneider in acciaio da 149 mm in cupole corazzate girevoli di 160mm di spessore (installazione tipo Schneider)[4] e, per la difesa ravvicinata, da quattro mitragliere in casematte e due batterie di cannoni da 75 mm situate poco lontano.[5]
Lo spessore delle cupole era poco più della metà di quelle nemiche: esse erano quindi inadatte a reggere ai colpi dell'artiglieria di grosso calibro.
La notevole altitudine a cui era situato il forte e gli spazi aperti di fronte ad esso, se da un lato offrivano un notevole vantaggio per la visuale di tiro, dall'altro rendevano i colpi dell'artiglieria fortemente soggetti alle forti raffiche di vento che ne riducevano la precisione.[2]
Corazzatura
[modifica | modifica wikitesto]La fortezza presentava all'epoca dei muri spessi che potevano far pensare ad una sua intrinseca stabilità. Il materiale usato per costruirli non era però calcestruzzo armato con putrelle di ferro (come allora venivano costruiti i forti austro-ungarici degli altopiani), ma un conglomerato cementizio di scarsa qualità, addizionato di pietrame ed altri materiali di scarso valore meccanico. Questo materiale rendeva le spesse mura prive di resistenza meccanica, ma dava loro lo spessore richiesto dalle vigenti normative. Fu quindi un forte costruito in economia.[2]
Vie d'accesso
[modifica | modifica wikitesto]Per raggiungere la fortezza si può partire dall'abitato di Roana, per proseguire per la frazione di Mezzaselva e di qui prendere la strada che conduce al monte Verena. In breve si raggiunge il rifugio Verenetta. Da qui, a piedi o utilizzando la seggiovia (quando è in funzione), è possibile raggiungere la cima del monte e il forte.
Un'altra possibilità per raggiungere la cima è quella di partire dalla località Ghertele, in Val d'Assa, per proseguire lungo una mulattiera che, risalendo il versante nord del monte Verena, giunge nei pressi del rifugio Verenetta.
Galleria d'immagini
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Poterna
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Posto di guardia
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Deposito munizioni
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Cortile
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Al piano superiore
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Corridoio distrutto al piano superiore
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Scaletta verso una cannoniera
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Cannoniera distrutta e senza cupola
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Diario dello sbarramento Agno-Assa / Agno - Posina, Testimonianza del colonnello Fabbri.
- ^ a b c d fortificazioni.net - il forte di Verena
- ^ Luca Valente - Le Verità Del Verena Negli Archivi Militari Archiviato il 15 maggio 2006 in Internet Archive.
- ^ a b Mauro Minola - Beppe Ronco, Fortificazioni nell'arco alpino, Priuli & Verlucca, Scarmagno (TO), 1998, ISBN 978-88-8068-085-7
- ^ montagnando.it: immagini del forte
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Forte Verena
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Luca Valente: resoconto del bombardamento del giugno 1915, su lucavalente.it (archiviato dall'url originale il 20 maggio 2011).
- tecnologos: analisi tecnica della corazzatura del forte, su tecnologos.it. URL consultato il 3 gennaio 2009 (archiviato dall'url originale il 1º gennaio 2009).
- montagnando.it: immagini del forte - Scheda Percorso - Storia, su montagnando.it.
- magicoveneto: breve descrizione del forte e galleria fotografica, su magicoveneto.it. URL consultato il 3 gennaio 2009 (archiviato dall'url originale il 19 ottobre 2008).
- Volume "Il Dramma del Forte Verena", su leonardomalatesta.it.
- Documentario "Forte Verena" di Vittorio Vespucci, su vittoriovespucci.it.