Utente:Aletikke/Sandbox

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Biofeedback Neuromuscolare[modifica | modifica wikitesto]

Introduzione[modifica | modifica wikitesto]

Il sistema neuromuscolare comprende il sistema nervoso e muscolo-scheletrico che lavorano insieme per produrre il movimento. Questo sistema produce informazioni che, misurate, possono fornire la base per un programma di biofeedback[1].

Il biofeedback neuromuscolare è uno strumento eccellente per migliorare le abilità motorie e creare un cambiamento permanente nella motricità della persona[2].

Strumenti[modifica | modifica wikitesto]

I principali strumenti che permettono di fornire un biofeedback neuromuscolare sono:

  • Elettromiografia (EMG)
  • Real Time Ultrasound Imaging (RTUS o RUSI)

Elettromiografia (EMG)[modifica | modifica wikitesto]

L’EMG è uno strumento che permette di misurare i segnali elettrici provenienti dal sistema muscoloscheletrico. In particolare registra i potenziali d’azione provenienti dal sarcolemma[2].

Da questa misurazione si può ricavare un tipo di feedback di tipo visivo o uditivo.

L’EMG, per restituire un risultato il più possibile fedele deve rispettare determinati criteri, elencati di seguito.

Criteri[modifica | modifica wikitesto]
L’impedenza dell’input[modifica | modifica wikitesto]

Ogni tessuto situato tra l’elettrodo e il muscolo può impedire il passaggio del segnale elettrico. La legge di Ohm sostiene che l’impedenza è inversamente proporzionale al voltaggio. La resistenza dei tessuti interni solitamente rimane costante, mentre quella della pelle è variabile, di conseguenza bisogna prestare attenzione all’applicazione degli elettrodi sulla pelle. Infatti se la cute ha un’ampia resistenza il segnale sarà ridotto. Se la resistenza della macchina risulta più grande di quella della pelle si otterrà una misurazione più valida.

Rapporto di reiezione di modo comune[modifica | modifica wikitesto]

I moderni strumenti EMG utilizzano amplificatori differenziali permettendo l’esclusione di voltaggi estranei provenienti dall’ambiente esterno e dall’interno (es. miocardio). Nel momento in cui segnali estranei raggiungono i due elettrodi simultaneamente l’amplificatore differenziale scarterà i suddetti segnali. Perciò assume particolare rilevanza il cercare di posizionare gli elettrodi in modo tale da minimizzare il rischio di segnali interferenti[2].

Livelli di rumore[modifica | modifica wikitesto]

Il rumore è qualsiasi cosa che interferisce con l’informazione che si sta raccogliendo. Quando si cerca di amplificare il segnale proveniente da un muscolo ciò che ne consegue è anche l’amplificazione del rumore di fondo. Di conseguenza risulta importante che lo strumento abbia di per sé una ridotta presenza di rumore, solitamente le moderne apparecchiature hanno un rumore inferiore ai 2mV.

Elettrodi[modifica | modifica wikitesto]

Nel biofeedback con l’utilizzo di EMG è preferibile utilizzare elettrodi attivi. Essi contengono tutte le componenti elettroniche che permettono l’amplificazione del segnale direttamente dall’elettrodo. Questo meccanismo impedisce gli artefatti.

Ecografia in tempo reale (RTUS)[modifica | modifica wikitesto]

La RTUS invia corti impulsi di ultrasuoni nel corpo. La rifrazione ricevuta dai tessuti, produce immagini della struttura interna, utili a fornire un feedback visivo in tempo reale dell’attività muscolare permettendo all’utente di visualizzare il cambiamento della forma muscolare su un display[3].

In uno studio McKenna et al. (2020)[4] hanno proposto l’utilizzo del biofeedback tramite RTUS per osservare se l’applicazione al muscolo dentato anteriore possa portare ad una riduzione maggiore nel dolore alla spalla rispetto ad un intervento esclusivamente manuale.

La procedura prevedeva un intervento di feedback visivo attraverso l’utilizzo del macchinario Toshiba Xario XG. I trasduttori erano stati posizionati trasversalmente alla quinta e alla sesta costa, anteriormente al gran dorsale, vicino al bordo laterale della scapola. Successivamente i conduttori avevano dato la seguente istruzione: “Alza la mano il più possibile e osservate il movimento del muscolo che si ispessisce e allarga lo spazio tra le costole e i tessuti molli superficiali. Mantenere il gomito dritto e tornare”. I pazienti osservavano la loro struttura muscolare sul monitor. Quello che si è osservato infine è che l’attivazione del muscolo dentato anteriore aumenta in pazienti con un dolore alla spalla da lieve a moderato quando si utilizza il feedback visivo RTUS unito ad una terapia manuale.

Ulteriori applicazioni efficaci di tale intervento di biofeedback riguardano i muscoli del pavimento pelvico[5].

Sarafadeen et al. (2022)[6] hanno studiato l’applicazione del biofeedback RUSI su pazienti con dolori lombari. Il protocollo consisteva nel posizionare il paziente in posizione prona e applicare il trasduttore tra le vertebre L2, L5. Successivamente i partecipanti venivano istruiti nell’esecuzione di contrazioni isometriche del muscolo multifido. Anch’essi dovevano porre la loro attenzione sull’ispessimento del muscolo sforzandosi di contrarre con intensità sempre maggiore.

L’utilizzo del biofeedback è risultato maggiormente efficace in pazienti con un dolore acuto aspecifico.

Applicazioni Cliniche[modifica | modifica wikitesto]

Acufene[modifica | modifica wikitesto]

L’acufene viene definita come la percezione di uno stimolo uditivo senza una fonte esterna da cui proviene effettivamente il suono (Flor & Schwartz, 2003)[2]. Questa percezione, quando cronicizzata, solitamente dura per sempre e si traduce in un intervento sanitario molto costoso. Può essere a frequenza costante o intermittente, colpendo entrambe le orecchie oppure una sola (unilaterale). Il suono che viene “sentito” può essere quello di un tono puro oppure assumere diverse sfaccettature come “fischi, ruggiti, ronzii, fruscii, rumore di acqua che scorre, o anche la combinazione di questi rumori”[7].

L’utilizzo di strategie di biofeedback può essere un valore aggiunto nell’ottenere un risultato migliore anche nel lungo termine[8].

Si andrà ora a descrivere più dettagliatamente gli strumenti che si possono utilizzare ed una possibile procedura.

In uno studio eseguito da Weise e collaboratori nel 2008, è stato usato usato un EMG avvalendosi del “10-channel FlexComp Infiniti system (Thought Technology, Montreal, Quebec, Canada)” per l’acquisizione dei dati. I muscoli a cui sono stati attaccati degli elettrodi superficiali erano: Muscoli frontali, masseteri, sternocleidomastoidei e trapezi. Diverse ricerche infatti, come spiegato dagli stessi autori, mostrano come questi siano coinvolti nello sviluppo e nel mantenimento dell’acufene. Per misurare l’attività muscolare gli elettrodi sono stati posizionati bilateralmente sui masseteri, sternocleidomastoidei e trapezi, mentre unilateralmente, sul lato di sinistra, sui muscoli frontali.

Sono stati inoltre forniti biofeedback della conduttanza cutanea e della temperatura cutanea come riferimenti per utili al paziente essendo dei buoni indicatori dell’eccitazione autonomica ed essendo sensibili agli eventi mentali e processi emotivi. Quindi in totale sono stati utilizzati sette canali EMG e sette elettrodi a triodo, oltre al livello di conduttanza cutanea e ai sensori di temperatura cutanea, applicati sulla pelle del partecipante.

L’intervento del biofeedback EMG è stato utilizzato in tutte le varie sessioni per facilitare il rilassamento muscolare e il controllo sulle funzioni fisiche. Il segnale selezionato era quello della tensione muscolare (in microvolts) sia sotto sforzo che a riposo tramite l’utilizzo dell’EMG.

Le istruzioni che venivano fornite al paziente erano principalmente tre:

  • Training di rilassamento, ovvero cercare di rilassarsi il più possibile;
  • Training della soglia, consisteva nel produrre un rilassamento tale da posizionarsi al di sotto di una soglia accordata;
  • Training di spostamenti veloci tra fasi di attivazione e rilassamento.

Per promuovere l’efficacia individuale le ultime sessioni sono state eseguite senza fornire al paziente il feedback.

L’intervento Biofeedback, sempre nel caso di Weise et al., (2008)[8], è indirizzato a quella tipologia di persone con una percezione della malattia somatica, comuni tra soggetti che soffrono di acufene, e l’ausilio dell’EMG promuove in loro la sensazione di essere presi seriamente. Tramite la dimostrazione dell’importanza dell’apparato psicofisiologico, il trattamento può permettere di colmare il divario tra le credenze biomediche e psicosociali sulla malattia andando così a supportare l’analisi critica dei problemi psicologici in comorbilità e aumentando l’efficacia delle tecniche cognitivo-comportamentali (come può essere la CBT).

La fibromialgia[modifica | modifica wikitesto]

La fibromialgia è una condizione caratterizzata da dolore muscolare diffuso, associato ad altre problematiche, come affaticamento o insonnia. Nel trattamento della fibromialgia il biofeedback EMG è stato considerato come un possibile training che potrebbe dare beneficio a questi pazienti. Gli studi più recenti mostrano poca efficacia di questa tecnica se utilizzata da sola: essa sembra funzionare se affiancata ad altre tecniche di rilassamento oppure accanto alla terapia cognitivo-comportamentale (CBT). In ogni caso l’efficacia evidenziata è sempre risultata a breve termine[9].

Inoltre, è stato riscontrato che il biofeedback EMG  non migliora di per sé lo stato di salute generale dei pazienti affetti da fibromialgia, tuttavia il training di biofeedback EMG permette un innalzamento della soglia di pressione-dolore, ciò significa che è necessaria più pressione per provare dolore. Di conseguenza, effettivamente il biofeedback EMG ha effetti sulla riduzione del dolore locale, come dimostrato dall'aumento della soglia di pressione, tuttavia, non migliora lo stato di salute dei pazienti affetti da fibromialgia[10].

Cefalea muscolo-tensiva[modifica | modifica wikitesto]

Il training di biofeedback sembra essere privo di effetti collaterali e ad oggi sembra essere il trattamento di elezione per i disturbi psicosomatici come la cefalea muscolo-tensiva, infatti è la tecnica considerata come la migliore terapia per curare lo stress ed i sintomi legati al dolore cronico come nella cefalea muscolo-tensiva[11].

Sono state stipulate delle linee guida rispetto all’applicazione del biofeedback come tecnica per il trattamento della cefalea, soprattutto nei casi in cui le persone hanno delle controindicazioni, oppure non rispondono adeguatamente alle cure farmacologiche o mostrano poca tolleranza nei confronti di questa tipologia di trattamenti. Inoltre, anche in seguito ad un lungo trattamento analgesico che può aver aggravato le condizioni di cefalea, oppure nei casi in cui sono presenti degli eventi particolarmente stressanti, che le persone faticano a superare è indicato il biofeedback EMG come trattamento principale[12].

Nel caso della cefalea muscolo-tensiva il biofeedback EMG si è dimostrato efficace sia quando applicato da solo, che in combinazione con altre tecniche di rilassamento. Il biofeedback EMG, infatti, induce una sensazione di rilassamento lungo tutto il corpo. Il training consiste nella modulazione dei propri stati di tensione muscolare attraverso feedback acustici o visivi relativi all’attività muscolare e proporzionali ad essa. L’obiettivo è insegnare al paziente a riconoscere la i momenti di tensione e rigidità muscolare nel corpo per indurre stati di rilassamento allo scopo di diminuire il dolore[13].

L’efficacia del biofeedback in questo caso sembra essere superiore a quella del placebo o di terapie di rilassamento. Il biofeedback, non solo ha un effetto sulla frequenza della cefalea, ma ha anche un effetto sulla tensione muscolare, sulla regolazione dell’umore e sulla valutazione del senso di efficacia. Inoltre, il biofeedback utilizzato in combinazione con tecniche di rilassamento risulta essere il più efficace. L’efficacia di questa tecnica sembra anche dipendere dall’efficienza del feedback, infatti, è stato dimostrato come un feedback più efficace portava ad un miglioramento più elevato nei termini di ridotta frequenza della cefalea, rispetto ad un feedback che aveva un’efficacia moderata[14].

Per quanto riguarda la cefalea muscolo-tensiva è stata registrata una diminuzione della tensione muscolare nelle aree dolorose, attraverso l’applicazione del biofeedback EMG[15].

Disturbi temporo-mandibolari[modifica | modifica wikitesto]

Il biofeedback EMG sembra essere anche efficace per il trattamento dei disturbi temporo- mandibolari. Il training di biofeedback promuove nei pazienti uno stato di rilassamento dimostrato da una diminuita responsività dell’attività EMG durante il training. Viene quindi evidenziata una diminuzione statisticamente significativa dell’attività sia nei muscoli masseteri che temporali, che spiega, secondo gli autori, l’effetto immediato del rilassamento muscolare con il training di biofeedback. Dunque, il biofeedback EMG potrebbe essere un metodo appropriato per la regolazione dell’eccessiva attività muscolare che genera dolore. È stata evidenziata anche una differenza tra la registrazione dell’attività muscolare pre-training e post-training. In seguito al training di biofeedback i partecipanti erano in grado di mantenere lo stato di rilassamento per un periodo di tempo prolungato, come dimostrato da una diminuzione dell’attività EMG registrata post-training[16].

Inoltre, il biofeedback EMG sembra essere un utile strumento terapeutico per trattare i sintomi di pazienti affetti da patologie legate a disturbi temporo-mandibolari, come il bruxismo, il dolore o rigidità dei muscoli masticatori.

Biofeedback respiratorio[modifica | modifica wikitesto]

Introduzione[modifica | modifica wikitesto]

L’apparato respiratorio  riveste un ruolo fondamentale per il corretto funzionamento sia fisico che cognitivo, risulta perciò importante sottolineare che i modelli respiratori costituiscono una potente forza all’interno del corpo e che imparare a modificare certi modelli disfunzionali può promuovere un potente cambiamento[2].

La letteratura mostra come un’accurata respirazione diaframmatica, assieme alla concentrazione e attenzione verso il proprio corpo, possa avere un effetto benefico sul metabolismo cellulare. Inoltre, è stato riscontrato che gli esercizi respiratori migliorano la funzione del sistema parasimpatico (SNP), allo stesso modo, riducono l’attività del sistema nervoso simpatico (SNS).  La riduzione dell’attività del SNS può portare a miglioramenti del funzionamento cardiovascolare, alla riduzione dell’impatto del distress (d) e di conseguenza all’aumento del benessere sia fisico che mentale[17].  Per queste ragioni il biofeedback respiratorio può configurarsi come un intervento funzionale al benessere individuale.

Strumenti[modifica | modifica wikitesto]

Esistono diversi strumenti di biofeedback respiratorio che permettono di migliorare la respirazione rilassata. Ognuno di questi è relativamente semplice da utilizzare ed inoltre la letteratura non mostra esiti diversi a seconda dello strumento utilizzato[2].

Temperatura del flusso d’aria nasale[modifica | modifica wikitesto]

Tramite l’utilizzo di un termistore (un resistore elettrico che misura la temperatura) posizionato con un nastro adesivo sotto una narice è possibile rilevare le variazioni di temperatura dell’aria inspirata, più fredda, e dell’aria espirata, più calda. Le variazioni rapide della temperatura vengono restituite da un display connesso allo strumento che riporta le informazioni al paziente ed al terapeuta. L’output è una curva che si compone di valli durante l’inspirazione e colline durante l’espirazione. L’obiettivo che si vuole ottenere consiste nella possibilità che valli e colline abbiano la stessa durata e dimensione. Osservando la curva il paziente ha la possibilità di regolare la tempistica e la dimensione andando a creare un ritmo il più possibile regolare.

Estensimetro[modifica | modifica wikitesto]

L’estensimetro è uno strumento che si compone di una fascia estensibile dotata di sensori di espansione che viene applicata attorno al torace o addome, a seconda della tipologia di respirazione che si vuole misurare (polmonare o diaframmatica).  Tale strumentazione permette di ottenere feedback e monitoraggio di modelli respiratori anomali, come le irregolarità, le apnee e il trattenimento del respiro. Inoltre, viene utilizzata per insegnare schemi respiratori nuovi, un utilizzo che risulta più utile rispetto al solo monitoraggio. L’input prodotto viene captato dai sensori che restituiscono un feedback visivo sotto forma di curva visualizzabile su un display.

I dati interessanti che possono essere potenzialmente utili al paziente e al terapeuta sono la frequenza della respirazione, il volume, le pause, il rapporto tra tempo di inspirazione ed espirazione. La misurazione con una fascia è la più utilizzata, ma usarne due può fornirci informazioni altrettanto utili. Posizionandone una sull’addome e una nella zona toracica quello che può essere utile vedere è quanto le due zone vengono coinvolte nella respirazione[18].

EMG dai muscoli accessori della respirazione[modifica | modifica wikitesto]

Per ricavare informazioni utili alla pratica del biofeedback si possono utilizzare anche i muscoli respiratori accessori. Solitamente gli operatori prediligono i muscoli della parte superiore del corpo e quelli della parte superiore del torace. Il feedback visivo mostra gli aumenti dell’attività EMG, proveniente dai muscoli selezionati, durante le inspirazioni. Questo è utile al paziente che ha l’obiettivo di ridurre tali picchi.

Spirometria[modifica | modifica wikitesto]

La spirometria permette di misurare la quantità di aria spostata. Uno degli schemi respiratori che permette di misurare è quello della respirazione eccessiva fornendo una stima del volume al minuto.

Il volume al minuto a riposo si aggira attorno ai 6 litri[19], mentre un esempio critico che comporta la respirazione eccessiva è di 30 litri al minuto.

Capnometro[modifica | modifica wikitesto]

Il capnometro permette di misurare la percentuale di CO2 durante l’espirazione, in quanto l’ammontare della CO2 è importante nel mantenere un normale funzionamento di diversi sistemi fisiologici, inclusa la regolazione del pH sanguigno e del diametro dei vasi. Questo strumento è più complesso da utilizzare, rispetto ad altri, ma permette di esplorare le anormalità del sistema respiratorio, sia nel caso di un quantitativo eccessivo di CO2, sia nel caso in cui questa sia carente[18]. La misurazione si raccoglie inserendo un tubo all’interno di una narice, che viene fissato al labbro superiore. Permettendo il campionamento continuo del respiro[2], che fornisce rapide informazioni riguardanti il cambiamento della frequenza e del volume del respiro[18]. Il segnale raccolto viene indirizzato ad un computer che fornisce feedback riguardanti l’andamento dei livelli di CO2[2].

Il paziente ha la possibilità di ottimizzare la respirazione in maniera tale che ci sia un equilibrio tra la CO2 prodotta e quella espirata[18].

In base alla percentuale di CO2 presente durante l’espirazione si può identificare la respirazione irregolare, in particolare l’iperventilazione[18].

Inoltre, la validità di questo strumento è facilmente identificabile, attraverso il segnale a forma d’onda che emerge nel momento in cui c’è uno spostamento della cannula nasale[18].

Ossimetro[modifica | modifica wikitesto]

L’ossimetro è lo strumento che permette di misurare i livelli di saturazione nel sangue, attraverso l’applicazione di un dispositivo che avvolge il dito di una mano. Attraverso un meccanismo di comparazione tra emoglobina e desossiemoglobina  vengono captati i livelli di ossigeno nel sangue. Questo strumento è particolarmente utile per allenare il controllo della respirazione o per eliminare l’iperventilazione. Infatti, i livelli di saturazione arrivano fino al 100% nel momento in cui sono presenti livelli eccessivi di ossigeno. I saturimetri sono anche in grado di captare livelli pericolosi di ossigeno nel sangue, che rendono necessaria l’iperventilazione per ripristinare quelli normativi[18].

Temperatura corporea[modifica | modifica wikitesto]

La temperatura corporea è una misura indiretta della respirazione. Viene applicato un sensore su un dito della mano non dominante, mentre si misura la temperatura. Di per sé, questo indice permette di misurare i livelli di rilassamento della persona, tuttavia non è un buon indice della respirazione[2].

Pletismografia[modifica | modifica wikitesto]

Un altro strumento che permette indirettamente di captare segnali relativi al ciclo respiratorio è il pletismografo. Viene misurata la variazione inter-battito, che è un indice del tono vagale e della aritmia sinusale respiratoria (RSA) durante il ciclo della respirazione permettendo di dare informazioni rispetto allo stato del sistema cardiopolmonare.

VR e biofeedback respiratorio[modifica | modifica wikitesto]

In uno studio di Blum et al., (2020)[20], gli sperimentatori hanno utilizzato la realtà virtuale per esercitare la respirazione diaframmatica dei soggetti, tramite una tecnica di biofeedback. Le immagini di realtà virtuale raffiguravano paesaggi naturali stilizzati costituiti da colline, rocce, fiori ed alberi ondeggianti. Il colore degli elementi della scena era programmato per modificarsi a seconda della frequenza respiratoria dei soggetti sperimentali, fungendo da feedback respiratorio. L’obiettivo dell’esercizio è quello di allenare i soggetti a focalizzarsi sulla respirazione diaframmatica, anziché su quella toracica. Lo strumento è composto da una cintura che i soggetti dovevano indossare attorno all’addome che manteneva il corretto posizionamento del VR-controller. Il training è risultato efficace nell’aumentare il focus sulla respirazione lenta diaframmatica e nel miglioramento del RSA. Queste evidenze riflettono una nuova frontiera di strumentazioni tramite cui eseguire il biofeedback.

Applicazioni cliniche[modifica | modifica wikitesto]

Asma[modifica | modifica wikitesto]

L’asma viene considerata una malattia infiammatoria cronica che va ad intaccare le vie aree. Provoca tosse, respiro affannoso, mancanza di fiato e oppressione toracica[21].

Un fattore di rischio è rappresentato dall’iperventilazione, ovvero quando vi è una respirazione eccessiva rispetto alla richiesta metabolica, determinando l’alcalosi respiratoria caratterizzata da bassi livelli di pCO2 nel sangue, negli alveoli o nell’aria respirata[22]. Pazienti con sintomi di iperventilazione vengono associati ad una minore percezione di benessere generale[23].

Nello studio di Ritz et al., (2009)[22], è stato applicato un biofeedback respiratorio attraverso capnometro in pazienti con asma. L’intervento era composto da 5 incontri settimanali da 1 ora ciascuno guidati da un terapeuta assieme a degli esercizi per casa da fare due volte al giorno utilizzando un capnometro portatile. Lo scopo dell’intervento era quello di aumentare i livelli di pCO2 e mantenerli in un range di normocapnia (pCO2 > 37 mm Hg) tramite una respirazione più lenta, meno profonda e meno variabile. Il terapeuta aveva fornito tutte le informazioni educative per quanto riguarda il ruolo della respirazione nell’asma. Successivamente venivano istruiti ad eseguire 17 minuti di esercizi respiratori avvalendosi del capnometro portatile dotato di display che riportava ad ogni respiro la end-tidal pCO2 (in mmHg), ovvero la concentrazione di CO2 raggiunta nella fase finale dell’espirazione, e la fR (frequenza respiratoria in respiri al minuto). All’inizio di ogni esercitazione venivano fatti 2 minuti di baseline (paziente ad occhi chiusi e seduto), successivamente 10 min di respirazione seguendo pacer a diverse fR (Iniziando da 13 per poi scalare a 11, 9, 6 respiri al minuto). I pazienti erano istruiti a seguire le istruzioni fornite dal pacer mentre i livelli di CO2 venivano tracciati e l’aumento veniva riportato sul display del capnometro. Nei successivi 5 minuti finali, senza pacer, l’istruzione era quella di mantenere i livelli raggiunti. Infine i dati degli esercizi fatti a casa venivano scaricati dal capnometro e discussi assieme dal paziente e terapeuta.

In conclusione il training di quattro settimane proposto da Ritz et al., (2009)[22], si è dimostrato efficace nell’aumentare i livelli di pCO2 nel livello normocapnico nei pazienti con asma. Il loro protocollo di respirazione sempre più lenta tramite l’utilizzo di un pacer durante 4 settimane ha portato ad un incremento costante di pCO2 accompagnata da una riduzione della sintomatologia

Altre applicazioni cliniche[modifica | modifica wikitesto]

Disturbi d’ansia[modifica | modifica wikitesto]

Il biofeedback è il gold standard per il trattamento dell'ansia[24][25] ed è una valida integrazione alla CBT che si occupa degli aspetti cognitivi maladattivi per l'ansia. Infatti, permette di integrare al trattamento dei pensieri una pratica focalizzata sui sintomi somatici che sono fortemente in relazione al livello di gravità del disturbo. Per questo motivo introdurre il training di biofeedback facilita la consapevolezza ed il monitoraggio dei segnali fisiologici. Infatti, il biofeedback permette la consapevolezza dei propri stati fisiologici con l'obiettivo di migliorare la salute. I processi implicati nell'efficacia della tecnica di biofeedback sono molteplici e per lo più di tipo cognitivo. Essi sono stati indagati nel tentativo di esplorare un modello del biofeedback che potesse integrare sia i meccanismi fisiologici che quelli di appraisal cognitivo[26].

Tra i fattori principali che intervengono troviamo il senso di efficacia, che si riferisce al grado in cui una persona si sente capace di riuscire in quello che sta facendo[27]. Il senso di insicurezza in relazione alla capacità di affrontare una situazione è implicato nell'elicitazione di forte ansia; di conseguenza la possibilità di riuscire nella regolazione di sé è fortemente in relazione con il senso di efficacia percepito. È importante anche il locus of control (LOC), che si riferisce al grado in cui gli individui si sentono in grado di controllare il risultato degli eventi della loro vita, in contrapposizione a forze che sono al di fuori del loro controllo (locus esterno)[28][29]. Le persone che hanno un elevato senso di efficacia hanno di conseguenza un LOC interno e ritengono che le loro azioni possano modificare e modellare gli outcome. Al contrario persone con un basso senso di efficacia hanno un LOC esterno e sentono di non riuscire a padroneggiare la propria vita. La percezione di controllo è anch'essa un fattore importante nella determinazione degli stati ansiosi[30]. Il fatto che il biofeedback agisca sulla modificazione del LOC, spostandolo da esterno ad interno e questo agisce direttamente sulla possibilità di controllare le sensazioni ansiose, potrebbe spiegare perché i benefici del biofeedback si hanno anche senza che sia necessaria una modificazione dei correlati fisiologici[26]. Un ulteriore aspetto importante da considerare è la percezione della situazione come minaccia oppure sfida. Secondo gli autori, rappresentazioni delle situazioni come minacce portano ad un innalzamento degli stati ansiosi, mentre il senso di efficacia potrebbe trasformare queste rappresentazioni in sfide, portando l'individuo ad essere più motivato nell'affrontarle. Infatti, il training di biofeedback aiuta gli individui a spostare la loro interpretazione dei propri stati fisiologici, passando da una rappresentazione di minaccia ad una rappresentazione di sfida, rendendo così più equilibrati i sistemi fisiologici coinvolti nel superamento delle minacce. L'obiettivo del biofeedback è infatti quello di cambiare lo stato fisiologico della persona passando da uno stato di arousal elevato dove vi è un incremento del battito cardiaco ad uno stato di equilibrio tra il sistema nervoso parasimpatico e simpatico, cioè uno stato di omeostasi.

È stato proposto un modello integrato del biofeedback secondo cui la relazione tra la consapevolezza enterocettiva e l'ansia potrebbe essere mediata da cambiamenti di appraisal momento per momento durante la sessione di biofeedback. Infatti, un aumento della consapevolezza enterocettiva, cioè della capacità di riconoscere chiaramente i propri stati interni, per una persona ansiosa potrebbe peggiorare il suo stato d'ansia, tuttavia è proprio l’aumento di questo tipo di consapevolezza a permetterne una migliore regolazione. La spiegazione dei risultati conflittuali del biofeedback sul trattamento dell'ansia potrebbe risiedere proprio nella prospettiva tramite la quale un individuo prende parte al training. Il mindset sembra, quindi, essere centrale nell'efficacia della tecnica. Persone con una forma mentis rigida potrebbero pensare di non poter cambiare il proprio assetto personologico, al contrario persone con una mentalità flessibile sono più propense a credere di poter cambiare e questo ha un'influenza sull'efficacia della tecnica.  Oltre a questo, hanno individuato che cambiamenti significativi si producono soltanto attraverso una costante pratica del training di biofeedback. Hanno, quindi, creato delle linee guida che prendono in considerazione questi aspetti nel training di biofeedback e sottolineano l'importanza di mantenere il soggetto coinvolto durante le sessioni[26].

Diabete[modifica | modifica wikitesto]

Il diabete è una malattia cronica che necessita di continue attenzioni mediche e un’educazione all’automedicazione da parte del paziente per evitare complicazioni acute e prevenire rischi a lungo termine. La cura è spesso complessa in quanto sono presenti spesso diverse problematiche, oltre al costante controllo glicemico[31].

Hanno provato ad utilizzare un training di biofeedback per pazienti con diabete di tipo 2, ovvero una forma di diabete con un deficit di secrezione insulinica progressiva per quanto riguarda l’insulino-resistenza[31]. L’utilizzo del biofeedback è stato utile nel dimostrare che il soggetto è in grado di controllare la tensione muscolare della faccia e la temperatura della pelle tramite l’applicazione del rilassamento, suggerendo che così facendo si sarebbe ottenuto un controllo simile del glucosio nel sangue. Dopo 4 settimane tutte le misurazioni si sono ripetute per poi monitorare l’andamento in due successive sessioni a 1 mese di distanza ciascuna. I risultati hanno dimostrato come il biofeedback proposto fosse effettivamente efficace nel migliorare il controllo della glicemia[32].

  1. ^ (EN) Oonagh M Giggins, Ulrik Persson e Brian Caulfield, Biofeedback in rehabilitation, in Journal of NeuroEngineering and Rehabilitation, vol. 10, n. 1, 2013, pp. 60, DOI:10.1186/1743-0003-10-60. URL consultato il 17 giugno 2022.
  2. ^ a b c d e f g h i Mark S. Schwartz e Frank Andrasik, Biofeedback : a practitioner's guide, Fourth edition, 2017, ISBN 1-4625-3194-6, OCLC 969387258. URL consultato il 17 giugno 2022.
  3. ^ (EN) Julie A Hides, Carolyn A Richardson e Gwendolen A Jull, Use of real-time ultrasound imaging for feedback in rehabilitation, in Manual Therapy, vol. 3, n. 3, 1º agosto 1998, pp. 125–131, DOI:10.1016/S1356-689X(98)80002-7. URL consultato il 17 giugno 2022.
  4. ^ (EN) Leanda J McKenna, Luke Bonnett e Kelly Panzich, The Addition of Real-time Ultrasound Visual Feedback to Manual Facilitation Increases Serratus Anterior Activation in Adults With Painful Shoulders: A Randomized Crossover Trial, in Physical Therapy, vol. 101, n. 3, 3 marzo 2021, pp. pzaa208, DOI:10.1093/ptj/pzaa208. URL consultato il 17 giugno 2022.
  5. ^ (EN) Alesha Sayner e Irmina Nahon, Pelvic Floor Muscle Training in Radical Prostatectomy and Recent Understanding of the Male Continence Mechanism: A Review, in Seminars in Oncology Nursing, vol. 36, n. 4, 1º agosto 2020, pp. 151050, DOI:10.1016/j.soncn.2020.151050. URL consultato il 17 giugno 2022.
  6. ^ (EN) Raheem Sarafadeen, Sokunbi O. Ganiyu e Aminu A. Ibrahim, Effectiveness of lumbar stabilization exercise with real-time ultrasound imaging biofeedback on lumbar multifidus muscle cross-sectional area in individuals with non-specific chronic low back pain: a study protocol for a randomized controlled trial, in Trials, vol. 23, n. 1, 2022-12, pp. 20, DOI:10.1186/s13063-021-05952-9. URL consultato il 17 giugno 2022.
  7. ^ (EN) Laurence P. Ince, Renee Y. Greene e Augusta Alba, A matching-to-sample feedback technique for training self-control of tinnitus., in Health Psychology, vol. 6, n. 2, 1987, pp. 173–182, DOI:10.1037/0278-6133.6.2.173. URL consultato il 17 giugno 2022.
  8. ^ a b (EN) Cornelia Weise, Kristin Heinecke e Winfried Rief, Biofeedback-based behavioral treatment for chronic tinnitus: Results of a randomized controlled trial., in Journal of Consulting and Clinical Psychology, vol. 76, n. 6, 2008, pp. 1046–1057, DOI:10.1037/a0013811. URL consultato il 17 giugno 2022.
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