Impero Maurya: differenze tra le versioni

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m Bot: orfanizzo redirect Brahmana
Uffizio (discussione | contributi)
Nessun oggetto della modifica
Riga 69: Riga 69:
I sovrani Maurya, di bassa estrazione sociale, per sottrarsi all'influenza [[brāhmaṇa]] si convertirono alle nuove fedi: Chandragupta, fondatore della dinastia, si convertì al [[giainismo]]; suo nipote, Ashoka, si proclamò ''[[cakravartin]]'', favorevole al [[buddhismo]]. Sotto i sovrani Maurya si assistette al momento più alto di diffusione del buddhismo indiano che, restando per lo più un fenomeno legato alle élite e al romitaggio, fu estraneo alle grandi masse popolari, tanto che decadde ([[II secolo a.C.]]) con la fine della dinastia.
I sovrani Maurya, di bassa estrazione sociale, per sottrarsi all'influenza [[brāhmaṇa]] si convertirono alle nuove fedi: Chandragupta, fondatore della dinastia, si convertì al [[giainismo]]; suo nipote, Ashoka, si proclamò ''[[cakravartin]]'', favorevole al [[buddhismo]]. Sotto i sovrani Maurya si assistette al momento più alto di diffusione del buddhismo indiano che, restando per lo più un fenomeno legato alle élite e al romitaggio, fu estraneo alle grandi masse popolari, tanto che decadde ([[II secolo a.C.]]) con la fine della dinastia.


La prima unione indiana durò 50 anni: conquistata da Candragupta e Bindusara, consolidata sotto il paternalismo imperiale di Ashoka, la cui tolleranza verso le genti di ogni credo, lingua o livello di sviluppo seppe fare proprie le realtà del pluralismo del subcontinente indiano. La disintegrazione avvenne sull'onda delle invasioni da nord, le defezioni da sud e le dispute per la successione. L'ultimo re della dinastia, [[Brihadratha]], fu assassinato per mano del generale Pushyamitra Shunga intorno al [[185 a.C.]]
La prima unione indiana durò 50 anni: conquistata da Candragupta e Bindusara, consolidata sotto il paternalismo imperiale di Ashoka, la cui tolleranza verso le genti di ogni credo, lingua o livello di sviluppo seppe fare proprie le realtà del pluralismo del subcontinente indiano<ref>{{cita libro | autore=Stanley Wolpert| wkautore= | editore=Bompiani | anno=2000 | titolo=Storia dell'India | pp=63-67}}</ref>. La disintegrazione avvenne sull'onda delle invasioni da nord, le defezioni da sud e le dispute per la successione. L'ultimo re della dinastia, [[Brihadratha]], fu assassinato per mano del generale Pushyamitra Shunga intorno al [[185 a.C.]]


== L'organizzazione statale ==
== L'organizzazione statale ==
Riga 80: Riga 80:
Dal punto di vista culturale l'Impero Maurya portò a una grande produzione artistica, specialmente durante il regno di [[Asoka]]. Tra i maggiori esempi dell'architettura di questo periodo abbiamo senza dubbio il nucleo in mattoni del primo [[stupa]] di [[Sanchi]]. Importanti opere rupestri sono i santuari scavati nelle colline di [[Barabar]] la cosiddetta [[grotta di Lomas-Rsi]]. Infine sono ancora abbastanza diffuse in varie località dell'India settentrionale le colonne fatte erigere da Asoka dopo la sua conversione al buddhismo che recano [[epigrafe|epigrafi]] religioso-propagandistico e sono sormontate da capitelli zoomorfi dal complesso significato simbolico tra cui il [[capitello dei Leoni]], attuale emblema dell'[[Unione indiana]].
Dal punto di vista culturale l'Impero Maurya portò a una grande produzione artistica, specialmente durante il regno di [[Asoka]]. Tra i maggiori esempi dell'architettura di questo periodo abbiamo senza dubbio il nucleo in mattoni del primo [[stupa]] di [[Sanchi]]. Importanti opere rupestri sono i santuari scavati nelle colline di [[Barabar]] la cosiddetta [[grotta di Lomas-Rsi]]. Infine sono ancora abbastanza diffuse in varie località dell'India settentrionale le colonne fatte erigere da Asoka dopo la sua conversione al buddhismo che recano [[epigrafe|epigrafi]] religioso-propagandistico e sono sormontate da capitelli zoomorfi dal complesso significato simbolico tra cui il [[capitello dei Leoni]], attuale emblema dell'[[Unione indiana]].
Varie testimonianze dell'arte maurya sono presenti nell'Indian Museum di [[Calcutta]] e nel Museo nazionale di [[Nuova Delhi]].
Varie testimonianze dell'arte maurya sono presenti nell'Indian Museum di [[Calcutta]] e nel Museo nazionale di [[Nuova Delhi]].

== Note ==
<references />


== Altri progetti ==
== Altri progetti ==

Versione delle 10:53, 15 set 2018

Impero Maurya
Impero Maurya - Localizzazione
Impero Maurya - Localizzazione
Dati amministrativi
Nome completoImpero Maurya
Nome ufficialeमौर्यसाम्राज्यम् (sanscrito)
मौर्यसाम्राज्य(hindi)
Lingue ufficialipracrito
Lingue parlateSanscrito
Pracrito
CapitalePataliputra
Politica
Forma di StatoMonarchia assoluta
Nascita322 a.C. con Chandragupta Maurya
Fine185 a.C. con Brhadrata
Territorio e popolazione
Bacino geograficoSubcontinente indiano
Religione e società
Religioni preminentiInduismo, Buddismo, Giainismo, Ājīvika
Evoluzione storica
Preceduto daImpero nanda
Mahajanapadas
Succeduto daImpero shunga
Impero Shatavahana
Impero indo-scita
Bassorilevo risalente all'impero Maurya
Massima estensione dell'Impero Maurya, sotto Aśoka

L'impero Maurya (325185 a.C.), governato dalla dinastia Maurya proveniente dalla regione del Bengala, fu il più grande e potente impero politico e militare dell'antica India.

I sovrani Maurya

La dinastia fu fondata da Chandragupta usurpando il regno del Magadha o Behar meridionale all'ultimo sovrano Nanda. A Chandragupta seguì Bindusara, che ebbe l'epiteto Amitrakhāda (lett. "sterminatore di nemici"), e poi Ashoka, suo nipote, il quale, forse nel 272 a.C salì al trono. Egli esordì con una guerra di conquista, detta di Kalinga (odierna Orissa), che era allora forse il più potente degli stati indiani indipendenti. Gli orrori della guerra, si dice, spinsero il re alla conversione al Buddhismo (la tradizione dei principi convertiti a dei mistici risale molto addietro, esemplari sono i casi dello stesso Siddartha e di Giosafat, ed è probabile che tale informazione sia frutto di leggende posteriori). Egli si sarebbe convinto che l'unica conquista fosse quella degli animi per mezzo del dharma; prese allora il nome di Piyadassi (in pali, mentre in sanscrito Priyadarshin), "colui che osserva con compassione", e con questo nome si chiamò nei suoi editti. Egli regnò per ben quarantun'anni, dal 272 al 231 a.C., sino alla sua morte, e fu tra i più celebri sovrani dell'India. Sono pervenute anche parecchie sue iscrizioni. Tra di esse vi sono proclami commemorativi di visite fatte da lui allo Stupa (tempietto eretto sull'urna funebre).

Da alcune fonti latine e greche, sappiamo che intorno al 305 a.C. Seleuco Nicatore, uno dei generali di Alessandro Magno, invase l'India con l'intento di rivendicare i territori conquistati da Alessandro durante le sue campagne. Seleuco e Chandragupta pervennero ad un accordo in base al quale le province appartenute precedentemente ai greci sarebbero entrate ufficialmente a far parte del nuovo impero indiano, in cambio di 500 elefanti da guerra, che si riveleranno decisivi nella battaglia di Ipso del 301 a.C.. Con il regno di Ashoka la dinastia raggiunse il suo apice dominando un vasto impero che riuscì ad unificare tutto il subcontinente indiano e l'altopiano iranico. Ma fu una costruzione effimera, retta su basi fragili, tanto che l'assenza di una vera struttura statale portò al progressivo crollo dell'impero dopo Ashoka, alla cui morte si restrinse all'area gangeica.

I sovrani Maurya, di bassa estrazione sociale, per sottrarsi all'influenza brāhmaṇa si convertirono alle nuove fedi: Chandragupta, fondatore della dinastia, si convertì al giainismo; suo nipote, Ashoka, si proclamò cakravartin, favorevole al buddhismo. Sotto i sovrani Maurya si assistette al momento più alto di diffusione del buddhismo indiano che, restando per lo più un fenomeno legato alle élite e al romitaggio, fu estraneo alle grandi masse popolari, tanto che decadde (II secolo a.C.) con la fine della dinastia.

La prima unione indiana durò 50 anni: conquistata da Candragupta e Bindusara, consolidata sotto il paternalismo imperiale di Ashoka, la cui tolleranza verso le genti di ogni credo, lingua o livello di sviluppo seppe fare proprie le realtà del pluralismo del subcontinente indiano[1]. La disintegrazione avvenne sull'onda delle invasioni da nord, le defezioni da sud e le dispute per la successione. L'ultimo re della dinastia, Brihadratha, fu assassinato per mano del generale Pushyamitra Shunga intorno al 185 a.C.

L'organizzazione statale

Il regno era diviso in quattro vicereami suddivisi a loro volta in province rette da funzionari (pradeshika), che amministravano le province, raccoglievano i dazi ed amministravano la giustizia locale attraverso un proprio apparato burocratico. La figura più importante dello Stato era pur sempre il re, che controllava direttamente il centro del Magadha attraverso funzionari di fiducia. Il regno Maurya si avvaleva di forze militari molto numerose ed anche ben organizzate ed addestrate. Il Magadha (attuale Bihar) era la regione più ricca e avanzata, direttamente amministrata dal sovrano nella capitale Pataliputra. Nella regione rifluivano le risorse del resto dell'impero.

L'economia

La forza motrice dell'economia maurya erano i commerci e la monetazione. Anche l'agricoltura era ben sviluppata, favorita dal suolo fertile e dal clima tropicale dell'India.

Arte

Dal punto di vista culturale l'Impero Maurya portò a una grande produzione artistica, specialmente durante il regno di Asoka. Tra i maggiori esempi dell'architettura di questo periodo abbiamo senza dubbio il nucleo in mattoni del primo stupa di Sanchi. Importanti opere rupestri sono i santuari scavati nelle colline di Barabar la cosiddetta grotta di Lomas-Rsi. Infine sono ancora abbastanza diffuse in varie località dell'India settentrionale le colonne fatte erigere da Asoka dopo la sua conversione al buddhismo che recano epigrafi religioso-propagandistico e sono sormontate da capitelli zoomorfi dal complesso significato simbolico tra cui il capitello dei Leoni, attuale emblema dell'Unione indiana. Varie testimonianze dell'arte maurya sono presenti nell'Indian Museum di Calcutta e nel Museo nazionale di Nuova Delhi.

Note

  1. ^ Stanley Wolpert, Storia dell'India, Bompiani, 2000, pp. 63-67.

Altri progetti