Luca di Demenna
San Luca di Demenna | |
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Abate | |
Nascita | Demenna, inizio X secolo |
Morte | Armento, 13 ottobre 984 |
Venerato da | Chiesa cattolica |
Ricorrenza | 13 ottobre |
Luca di Demenna, o d'Armento (Demenna, inizio X secolo – Armento, 13 ottobre 984[1][2][N 1]), è stato un abate italiano, fondatore di diversi monasteri in Calabria settentrionale e Lucania. È venerato come santo dalla Chiesa cattolica.
Fonti
[modifica | modifica wikitesto]Le prime informazioni su di lui provengono da una Vita edita negli Acta Sanctorum Octobris, nella cui traduzione latina sono però presenti elementi assenti dall'originale greco[1]. Nel 1600 Paolo Emilio Santoro, autore del Chronicon Carbonense, identificò Luca d'Armento con un altro santo omonimo e contemporaneo, Luca di Carbone, traendo in inganno svariati storiografi successivi e creando una confusione che si è trascinata per i secoli successivi[1] e che è riportata anche nella Bibliotheca Sanctorum[3].
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Nasce agli inizi del X secolo, secondo alcune fonti nel 918[4]. Originario di una famiglia nobile, contrariamente al volere dei genitori Giovanni e Tedibia che lo vogliono sposato entra nel convento di san Filippo di Agira; si sposta poi nei pressi di Reggio Calabria, vivendo per un certo periodo con sant'Elia Speleota[1][2][3]. Qui profetizza un'invasione saracena dell'Aspromonte e per evitarla si sposta a nord, nell'eparchia del Mercurion, sul confine con la Lucania, a Noa (l'odierna Noepoli), dove restaura una vecchia chiesa dedicata a san Pietro e vi si stabilisce con i suoi seguaci[1][2][3].
Dopo sette anni di permanenza a Noa si sposta ancora lungo il corso dell'Agri, restaurando il monastero di san Giuliano che negli anni seguenti prospera e s'ingrandisce[1][2][3]; ciò attira le ire di un signorotto locale, tal Landolfo (a volte improbabilmente identificato con Landolfo IV di Capua), che tenta senza successo di mandarlo in rovina[1][2]. Quando Ottone I attacca la regione, Luca e i suoi discepoli si trasferiscono ad Armento, dove fondano un monastero fortificato[1]; durante una nuova invasione saracena (guidata probabilmente da Abu l-Qasim Ali), quando il nemico giunge alle porte del monastero, Luca guida i suoi monaci a cavallo contro di loro in una vera e propria battaglia, non esente da spargimento di sangue, un dettaglio inedito nelle Vitae del tempo (dove generalmente i santi e i monaci fuggono di fronte agli invasori, li convertono pacificamente o li sconfiggono miracolosamente senza ricorrere alla violenza)[1][2].
In seguito viene raggiunto da sua sorella Caterina, rimasta vedova, e dai suoi due figli, i quali prendono tutti i voti; Luca fa stabilire sua sorella e altre monache in un convento dedicato alla Madonna, che era stato saccheggiato dai saraceni nell'ultima invasione[1][2]. Viene afflitto per tre anni da una malattia che lo fa zoppicare, quindi gli viene annunciata la morte imminente da un angelo e si spegne nel monastero di Armento nel 984, assistito e poi sepolto da san Saba di Collesano[1][2].
Note
[modifica | modifica wikitesto]Note esplicative
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Nella Vita originale greca, la morte è segnata all'anno 6493 dalla creazione del mondo, che corrisponde al 984 dalla nascita di Cristo; chi tradusse in latino il testo arrotondò per difetto la differenza di anni fra la Creazione e l'Incarnazione, sottraendo al 6493 5500 anziché 5509, e riportando di conseguenza come data di morte il 993 d.C.; cfr Fonseca, Lerra, p. 51.
Fonti
[modifica | modifica wikitesto]Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Salvatore Bottari e Istituto di studi storici Gaetano Salvemini, Problemi e aspetti di storia dei Nebrodi, Pungitopo, 1999.
- Cosimo Damiano Fonseca e Antonio Lerra, Il monastero di S. Elia di Carbone e il suo territorio dal Medioevo all'età moderna, Congedo, 1996.
- Francesco Russo, Luca di Demenna o d'Armento, in Bibliotheca Sanctorum, VIII.
Altri progetti
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Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Gianluca Borghese, LUCA di Armento, santo, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 66, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2006.