Russula emetica
Russula emetica | |
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Classificazione scientifica | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Fungi |
Phylum | Basidiomycota |
Classe | Basidiomycetes |
Ordine | Russulales |
Famiglia | Russulaceae |
Genere | Russula |
Specie | R. emetica |
Nomenclatura binomiale | |
Russula emetica (Schaeff.: Fr.) Pers., 1796 |
Russula emetica Caratteristiche morfologiche | |
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Cappello | |
Imenio | |
Lamelle | |
Sporata | |
Velo | |
Carne | |
Ecologia | |
Commestibilità | |
Russula emetica (Schaeff.: Fr.) Pers., Observ. mycol. (Lipsiae) 1: 100 (1796), anche nota come colombina rossa, è un fungo appartenente alla famiglia Russulaceae. Molto nota per via del suo sapore piccantissimo, finanche bruciante, è comune sia nei boschi di conifere che di latifoglie.
Tassonomia[modifica | modifica wikitesto]
Russula emetica fu descritta ufficialmente per la prima volta come Agaricus emeticus da Jacob Christian Schäffer nel 1774, nella sua opera sui funghi della Baviera e del Palatinato intitolata Fungorum qui in Bavaria et Palatinatu circa Ratisbonam nascuntur icones.[1] Nel 1796 Christian Hendrik Persoon la posizionò nel genere Russula, dove è tuttora assegnata.[2] Secondo il database nomenclaturale MycoBank, Agaricus russula è un sinonimo di R. emetica, denominazione che le era stata assegnata da Giovanni Antonio Scopoli nel 1772, due anni prima della descrizione di Schäffer. Altri sinonimi includono Amanita rubra proposto da Jean-Baptiste Lamarck nel 1783 e Agaricus ruber proposto da Augustin Pyramus de Candolle nel 1805.[3]
L'attuale epiteto specifico botanico deriva dal greco antico εμετικὸς (emetikos), cioè emetico/che provoca il vomito.[4]
Descrizione della specie[modifica | modifica wikitesto]
Cappello[modifica | modifica wikitesto]
8–10 cm di diametro, fragile, prima globoso, poi convesso e infine spianato e/o leggermente depresso al centro; cuticola liscia, un po' viscosa se umida.
Lamelle[modifica | modifica wikitesto]
Più o meno fitte, elastiche, libere o un po' decorrenti, bianche.
Gambo[modifica | modifica wikitesto]
6–10 cm, cilindrico, fragile; inizialmente pieno e compatto, poi cavernoso, infine cavo; bianco, ma col tempo diventa bianco sporco.
Carne[modifica | modifica wikitesto]
Bianca immutabile, fragile.

Spore[modifica | modifica wikitesto]

8 x 6 µm circa, verrucose, globose oppure allungate. Bianche in massa.
Habitat[modifica | modifica wikitesto]
Fungo simbionte, cresce in estate-autunno in luoghi umidi, solitario o in gruppi, in boschi di latifoglie o di conifere (predilige le peccete).[5]
Commestibilità[modifica | modifica wikitesto]
Velenoso. Provoca sindrome gastrointestinale.[6]
- Attenzione!
- In alcune zone d'Italia viene adoperato come condimento piccante nel misto; si raccomanda di non seguire assolutamente questa pratica, in quanto pericolosa.
Specie simili[modifica | modifica wikitesto]
- Alcune specie congeneri, ad esempio la Russula paludosa, discretamente commestibile e abbastanza comune in Europa e Nord America, e R. aurea, che appare di colore giallastro sotto al cappello rosso.[7]
Etimologia[modifica | modifica wikitesto]
- Genere: dal latino russula = diminutivo di russa = rossa, col significato di rosseggiante per il colore di alcune specie comuni.
- Specie: dal latino emeticus = che provoca vomito, per le sue proprietà.
Nomi comuni[modifica | modifica wikitesto]
Colombina rossa, Rovella rossa, Peperone.
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ (LA) Schäffer JC., Fungorum qui in Bavaria et Palatinatu circa Ratisbonam nascuntur icones, nativis coloribus expressae, vol. 4, Erlangen, Germany, Apud J.J. Palmium, 1774, p. 9, t. 15,16.
- ^ (LA) Persoon CH., Observationes Mycologicae (PDF), Leipzig, Germany, Apud Petrum Phillippum Wolf, 1796, p. 100. URL consultato il 15 ottobre 2012 (archiviato dall'url originale l'11 dicembre 2013).
- ^ Russula emetica (Schaeff.) Pers. 1796, su mycobank.org, MycoBank. International Mycological Association. URL consultato il 15 ottobre 2012.
- ^ Volk T., Russula emetica, the vomiting Russula, in Tom Volk's Fungus of the Month, University of Wisconsin-La Crosse, settembre 2004. URL consultato il 1º ottobre 2012.
- ^ Roberts P, Evans S, The Book of Fungi, Chicago, Illinois, University of Chicago Press, 2011, p. 291, ISBN 978-0-226-72117-0.
- ^ AA.VV., Informazioni utili (PDF), in Francesca Assisi (a cura di), I funghi: guida alla prevenzione delle intossicazioni, Ministero della Salute e Regione Lombardia, 2012, p. 21. URL consultato il 13 novembre 2018.
- ^ Nilson S, Persson O, Fungi of Northern Europe 2: Gill-Fungi, Penguin, 1977, p. 118, ISBN 0-14-063006-6.
Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]
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