Quinto Servilio Prisco (console 468 a.C.)
Quinto Servilio Prisco | |
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Console della Repubblica romana | |
Nome originale | Quintus Servilius Priscus |
Gens | Servilia |
Padre | Quinto Servilio Prisco |
Consolato | 468 a.C. 466 a.C. |
Quinto Servilio Prisco, in latino Quintus Servilius Priscus (Roma, ... – ...; fl. V secolo a.C.), è stato un politico romano del V secolo a.C.
Biografia[modifica | modifica wikitesto]
Quinto Servilio discendeva dalla famiglia dei Servilii e fu console nel 468 a.C. e nel 466 a.C.; era figlio di Quinto Servilio Prisco, magister equitum nel 494 a.C. durante la prima secessione della plebe sotto la dittatura di Manio Valerio Massimo.
Primo consolato[modifica | modifica wikitesto]
Nel 468 a.C. venne eletto console insieme a Tito Quinzio Capitolino Barbato[1], con i soli voti dei patrizi, perché i plebei si rifiutarono di partecipare allo scrutinio[2].
A Quinto fu affidata la campagna contro i Sabini che avevano duramente saccheggiato i territori di Crustumerium, arrivando fin sotto porta Collina[2], mentre al collega fu affidata la campagna contro i Volsci ed Equi, alleatisi contro Roma[1].
In risposta all'attacco dei Sabini, Quinto Servilio rispose con una spedizione che devastò il territorio sabino, e riportò un bottino ancora maggiore di quello fatto dai Sabini[1][2].
Secondo consolato[modifica | modifica wikitesto]
Nel 466 a.C. venne eletto console per la seconda volta, con Spurio Postumio Albo Regillense[3][4].
In quell'anno il senato, basandosi su un resoconto di Quinto Fabio Vibulano, secondo il quale gli Equi avrebbero rotto i patti stabiliti appena l'anno prima, inviò i feziali per dichiarar loro guerra. Gli Equi erano quasi ansiosi di combattere, ma Roma in realtà non era pronta a sostenere lo scontro, o perché gli Dei erano contrari, o per le gravi malattie che imperversavano nella città. Tuttavia, a protezione dei propri alleati Latini, Quinto Servilio venne inviato alla testa di un piccolo esercito con la funzione di presidiare le frontiere con gli Equi[3].
Albero Genealogico[modifica | modifica wikitesto]
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ a b c Dionigi, Antichità romane, Libro IX, 57.
- ^ a b c Tito Livio, Ab urbe condita libri, Libro II, 64
- ^ a b Dionigi, Antichità romane, Libro IX, 60.
- ^ Tito Livio, Ab urbe condita libri, Libro III, 2.