Parco del Pleistocene
Parco del Pleistocene | |
---|---|
Плейстоценовый парк | |
Ricomparsa delle praterie nel Parco del Pleistocene | |
Tipo di area | Riserva naturale |
Class. internaz. | Categoria IUCN IV: Area di conservazione di specie e habitat |
Stato | Russia |
Circondario federale | Estremo Oriente |
Soggetto federale | Sacha (Jacuzia) |
Superficie a terra | 1600[1] ha |
Direttore | Nikita Zimov |
Mappa di localizzazione | |
Sito istituzionale, Sito istituzionale, Sito istituzionale, Sito istituzionale e Sito istituzionale | |
Il Parco del Pleistocene (in russo: Плейстоценовый парк) è una riserva naturale, situata nella Repubblica di Sacha-Jacuzia, nell'Estremo Oriente russo, non molto lontana dalla Northeast Science Station (NESS), che dista pochi chilometri dal centro abitato di Čerskij.
Venne creato con lo scopo di ricostruire l'ecosistema del Pleistocene e, nello specifico, quello della steppa dei mammut: un ambiente ricco di fauna e caratterizzato principalmente da vaste praterie, in sostituzione delle attuali distese di alberi, arbusti, muschio e zone paludose, in cui la fauna scarseggia maggiormente. Tale trasformazione, oltre a rendere i territori più produttivi, dovrebbe, in teoria, portare ad una diminuzione del carbonio presente nell'atmosfera, responsabile della formazione di gas serra; in più, andrebbe a contrastare lo sciogliemento del permafrost, dovuto al costante aumento del surriscaldamento globale, con un conseguente rilascio di ingenti quantità di tale gas.[2][3]
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Il parco nasce da un'idea dello scienziato e geofisico russo Sergey Zimov, direttore della NESS.[4] Sebbene, a partire dal 1988, vi fossero già state importazioni di animali nella zona a scopo sperimentale, il parco venne ufficialmente costruito nel 1996, con un piccolo recinto di soli 50 ettari (circa 0,5 km²), all'interno del quale vennero introdotti dei primi esemplari di cavalli della Jacuzia e alci, già presenti nella regione.
Tra il 2004 e il 2005, il territorio fu esteso a 1600 ettari (circa 16 km²), delimitati da una recinzione più ampia, con la conseguente importazione di renne, anch'esse già residenti del posto.
Nel 2007, per tenere traccia della variazione del gas serra, ovvero metano e diossido di carbonio, venne costruita una torre designata per tale scopo.
Nel 2010 venne importata la prima specie non presente nel territorio, ovvero alcuni esemplari di bue muschiato, prelevati dalla popolazione dell'Isola di Wrangel.[5][6]
Nel 2011 si tentò di introdurre un'altra nuova specie non più presente, ovvero il bisonte europeo: vennero importati alcuni esemplari, ma non furono in grado di adattarsi alle basse temperature della stagione fredda e attualmente sopravvive solo un unico esemplare adulto.
Nello stesso anno, si provò anche ad introdurre degli esemplari di wapiti, ma finirono per scavalcare le recinzioni del parco.
Un team di scienziati russi e sudcoreani, che dall'aprile 2013 lavora per riportare in vita i mammut lanosi, ha designato questa zona come possibile sito in cui reintrodurre in natura questi animali ad oggi estinti.
Nel 2017, entrano a far parte del parco anche lo yak, scomparso dall'Artide circa 12000 anni fa, e la pecora domestica.[7]
Il parco è attualmente gestito da Nikita Zimov, figlio di Sergey Zimov.[3]
Territorio
[modifica | modifica wikitesto]Il parco sorge non lontano dal fiume Kolyma, la cui golena comprende oltre metà del territorio. Tale regione è caratterizzata da un'abbondante vegetazione arbustiva e distese di ciuffi di erba. Le zone collinari, situate al di sopra dello jedoma, costituiscono l'altra parte del territorio e sono caratterizzate principalmente da foreste di conifere e praterie, queste ultime originate dal prosciugamento di laghi.
Comuni
[modifica | modifica wikitesto]I centri abitati più vicini al parco sono: Čerskij, a nord, Nizhnekolymsk, a ovest, e Anyuysk, a sud.[1]
Flora
[modifica | modifica wikitesto]Le distese di arbusti presenti nel territorio che ricade all'interno della golena, sono caratterizzate principalmente da specie del genere Salix (salici), mentre le foreste collinari sono costituite essenzialmente da conifere appartenenti al genere Larix (larici).
Fauna
[modifica | modifica wikitesto]- Cavallo della Jacuzia (Equus caballus): si tratta di cavalli di razza importati, per la maggior parte, dai villaggi della regione di Srednekolymsk, dove vivono allo stato semiselvatico. La loro alimentazione consiste esclusivamente di erba. Grazie alla folta pelliccia, si adattano facilmente alle basse temperature della stagione fredda. Rispetto ai normali cavalli domestici, hanno dimensioni ridotte. Il loro areale del parco è la golena, eccetto quando vi sono le alluvioni di primavera.[8]
- Alce (Alces alces)
- Renna (Rangifer tarandus): provengono, almeno per la maggior parte, dalle popolazioni domestiche della regione, eppure gli individui presenti nella riserva appaiono molto schivi nei confronti dell'uomo. Al contrario dei cavalli, prediligono quasi esclusivamente le aree collinari, dove formano gruppi composti dai 7 ai 15 individui. La loro alimentazione è costituita sostanzialmente da erba, arbusti di salice, muschio e licheni. Rappresentano la specie più abbondante.[9]
- Bue muschiato (Ovibos moschatus)
- Bisonte europeo (Bison bonasus): vi è un unico esemplare adulto.
- Bisonte americano (Bison bison)[10][1]
- Yak domestico (Bos grunniens grunniens)
- Pecora domestica (Ovis aries)
- Mucca Kalmyk (Bos taurus)[11]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c Parco del Pleistocene (storia e territorio).
- ^ Parco del Pleistocene (visione scientifica).
- ^ a b Nikita Zimov (2018).
- ^ Sergey A. Zimov (2005).
- ^ Parco del Pleistocene (buoi muschiati).
- ^ Gunn, A. e Forchhammer, M. (2008).
- ^ Anna Stroganova.
- ^ Parco del Pleistocene (cavalli).
- ^ Parco del Pleistocene (renne).
- ^ (EN) Bison, su Pleistocene Park. URL consultato il 12 giugno 2019.
- ^ (EN) Kalmykian Cows, su Pleistocene Park. URL consultato il 2 maggio 2019.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Pleistocene Park, su pleistocenepark.ru. URL consultato il 12 giugno 2019.
- (EN) Scientific Background, su Pleistocene Park. URL consultato il 12 giugno 2019.
- (EN) Territory & History, su Pleistocene Park. URL consultato il 12 giugno 2019.
- (EN) Yakutian Horse, su Pleistocene Park. URL consultato il 12 giugno 2019.
- (EN) Reindeer, su Pleistocene Park. URL consultato il 12 giugno 2019.
- (EN) Musk Ox, su Pleistocene Park. URL consultato il 12 giugno 2019.
- (EN) News, su Pleistocene Park. URL consultato il 12 giugno 2019.
- (EN) Stefan Lovgren, Pleistocene Park Underway: Home for Reborn Mammoths?, su National Geographic News, 17 maggio 2015. URL consultato il 28 giugno 2018.
- (EN) Michael Irving, Welcome to Pleistocene Park: The mammoth plan to recreate an ice age ecosystem in Siberia, su New Atlas - New Technology & Science News, 20 aprile 2018. URL consultato il 29 giugno 2018.
- (EN) Sergey A. Zimov, Pleistocene Park: Return of the Mammoth's Ecosystem (PDF), in Science, vol. 308, AAAS, 6 maggio 2005, pp. 796-798, DOI:10.1126/science.1113442. URL consultato il 29 giugno 2018 (archiviato dall'url originale il 17 maggio 2018).
- (EN) Ned Rozell, Pleistocene Park an experimenti in adventure, su University of Alaska Fairbanks, Geophysical Institute, University of Alaska Fairbanks, 13 aprile 2017. URL consultato il 29 giugno 2018.
- (RU) Anna Stroganova, Бизоны для Сибири: как двое ученых борются с глобальным потеплением, su международное французское радио - RFI: Новости в прямом эфире, 8 maggio 2018. URL consultato il 30 giugno 2018.
- (EN) Gunn, A. e Forchhammer, M., Ovibos moschatus, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020. URL consultato il 29 giugno 2018.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Parco del Pleistocene
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) The Pleistocene Park Foundation Donation Site, su pleistocenepark.org. URL consultato il 30 giugno 2018.
- (EN) Nikita Zimov, Bison to save the world, su Indiegogo, Indiegogo, Inc.. URL consultato il 28 giugno 2018.