Palazzo Balleani

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Palazzo Balleani
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneMarche
LocalitàJesi
IndirizzoPiazza Federico II, 5
Coordinate43°31′29.39″N 13°14′44.84″E / 43.52483°N 13.24579°E43.52483; 13.24579
Informazioni generali
CondizioniIn uso
Costruzione1720-32
StileRococò
Realizzazione
ArchitettoFrancesco Ferruzzi
ProprietarioFamiglia Baldeschi-Balleani
CommittenteConti Balleani

Il Palazzo Balleani è un'antica dimora nobiliare della città di Jesi, nelle Marche.

Sorge in Piazza Federico II, tra il Duomo e il complesso di San Floriano. Costituisce un esempio dello stile rococò locale.

Storia e descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il balcone rococò con i telamoni della facciata.

Il palazzo venne eretto a partire da maggio 1720[1][2] su disegno dell'architetto romano Francesco Ferruzzi[1][2].

Il palazzo si sviluppa su due piani (di rappresentanza al primo piano, e nobiliare, al secondo piano) più mezzanino e presenta un'elegante facciata che dà sulla piazza, dagli spigoli arrotondati, e una seconda, minore, che si apre verso il sagrato del Duomo. Il fronte principale è incentrato su una caratteristica balconata rococò dalla fastosa ringhiera bombata in ferro battuto sorretta da quattro possenti telamoni. L'opera venne realizzata nel 1723 dal ravennate Giovanni Toschini[2]. Lo stesso taschini, nel 1727 realizza anche la statua della Madonna col Bambino posta in una nicchia al centro della facciata.

Dal 1725 si iniziò a lavorare negli appartamenti. L'interno colpisce per la ricchezza delle sale dai soffitti con volte a specchio dai leggerissimi e raffinati stucchi dorati eseguiti da diversi artisti, tra cui i decoratori Giuseppe Confidati, Antonio Conti, Marco d'Ancona, Orazio Mattioli e il pittore Giovanni Lanci. Fra il 1725 e il 1732 Andrea e Giuseppe Ascani da Sant'Ippolito eseguirono le parti in pietra dei camini, scale e cornici delle finestre. Nel 1728 il pittore Checco Michelini decorò le porte. Dal 1732 si mise mano alla Cappellina di famiglia, il cui paliotto si deve a Giuseppe Ascani e la pala d'altare al pittore jesino Domenico Luigi Valeri.

Nel 1845 il palazzo è oggetto di restauro e nel 1854 si intervenne anche alle pitture del secondo piano, dove viveva la famiglia, ad opera dei pittori Pirro Rota e Vincenzo Corazzini.

Famiglia Balleani[modifica | modifica wikitesto]

I Balleani, o nel medioevo conosciuti come Baligani, si stabilirono a Jesi verso il XII secolo. Ebbero grande importanza nella politica locale delle lotte tra Guelfi e Ghibellini per il controllo della città. Tano Baligani di Filippuccio fu anche Signore di Jesi fra il 1320 e il 1328, anno in cui fu decapitato nella piazza, proprio di fronte al loro palazzo. Nel corso dei secoli si fusero con la famiglia Guglielmi e in seguito con i Baldeschi. Oggi i discendenti, ancora proprietari dell'edificio, sono i conti Baldeschi-Balleani, i quali conservano anche la villa di Fontedamo (appena fuori Jesi, verso Monsano).

Codex Æsinas[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Codex Æsinas.

Il Codex Æsinas, o Codice Esinate, è un manoscritto miscellaneo del IX secolo con numerose aggiunte del XV secolo, riscoperto nel 1902 a Jesi (da cui il nome) nella biblioteca del conte Aurelio Guglielmi-Balleani da Marco Vattasso (1869-1925)[3], prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, e poi studiato e in parte edito da Cesare Annibaldi[4], professore di latino e greco al Liceo Classico Vittorio Emanuele II di Jesi.

È uno dei manoscritti più antichi giunti fino a noi del Bellum Troianum di Ditti Cretese e dell'Agricola di Tacito, del quale, negli ultimi fascicoli quattrocenteschi, contiene anche la Germania.

Durante la seconda guerra mondiale, il codice venne sapientemente nascosto dai conti Baldeschi-Balleani in una cassa di legno dentro un ripostiglio delle cucine di questo palazzo. Infatti non fu mai trovato e per questo rimase a Jesi, sfuggendo alle mire dei nazisti[4].

Il codice venne venduto allo Stato italiano nel giugno del 1994. Oggi è conservato presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma (Cod. Vitt. Em. 1631)[5].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Sito ufficiale della Regione Marche
  2. ^ a b c Loretta Mozzoni e Gloriano Paoletti: "Jesi, Città bella sopra un fiume". Ed. Comune di Jesi, Litograf snc, Jesi, 1994
  3. ^ Marco Vattasso, Un codice antico e sconosciuto dell'Agricola di Tacito, in Bollettino di filologia classica, vol. 9, n. 5, novembre 1902, p. 107.
  4. ^ a b Patricia Zampini, Codex Aesinas n. 8. Tacito, i suoi manoscritti e il Liceo Classico di Jesi, su liceoclassicojesi.edu.it, 2012 (archiviato dall'url originale il 20 agosto 2013).
  5. ^ Roma, Biblioteca nazionale centrale Vittorio Emanuele II, Vittorio Emanuele, Vitt.Em.1631. Scheda manoscritto, su manus.iccu.sbn.it.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Loretta Mozzoni e Gloriano Paoletti: "Jesi, Città bella sopra un fiume". Ed. Comune di Jesi, Litograf snc, Jesi, 1994

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