Pachypodium succulentum

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Pachypodium succulentum
Pachypodium succulentum
Stato di conservazione
Specie non valutata
Classificazione APG IV
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
(clade) Angiosperme
(clade) Mesangiosperme
(clade) Eudicotiledoni
(clade) Eudicotiledoni centrali
(clade) Superasteridi
(clade) Asteridi
(clade) Euasteridi
(clade) Lamiidi
Ordine Gentianales
Famiglia Apocynaceae
Sottofamiglia Apocynoideae
Tribù Malouetieae
Sottotribù Pachypodiinae
Genere Pachypodium
Specie P. succulentum
Classificazione Cronquist
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
Divisione Magnoliophyta
Classe Magnoliopsida
Sottoclasse Asteridae
Ordine Gentianales
Famiglia Apocynaceae
Genere Pachypodium
Specie P. succulentum
Nomenclatura binomiale
Pachypodium succulentum
(L.f.) Sweet, 1830
Sinonimi

Echites succulenta
L.
Belonites succulenta
E. Meyer

Pachypodium succulentum (L.f.) Sweet, 1830 è una pianta della famiglia delle Apocinacee, endemica del Sudafrica.[1]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Fiore

È una pianta succulenta caudiciforme, con tronco in parte sotterraneo, che raggiunge 1,5 m di altezza e 15 cm di diametro, con ramificazioni sottili, talora ricadenti.

Le foglie, ovaliformi, coriacee, sono lunghe 5–8 cm e larghe 1-1,5 cm.

I fiori sono di colore dal bianco al rosa pallido con la gola rossiccia.

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

L'areale della specie è ristretto al Sudafrica (Provincia del Capo Settentrionale, Provincia del Capo Occidentale e Free State).

Pachypodium succulentum

Conservazione[modifica | modifica wikitesto]

Questa specie è inserita nella Appendice II della Convention on International Trade of Endangered Species (CITES)[2]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Pachypodium succulentum, su Plants of the World Online, Royal Botanic Gardens, Kew. URL consultato il 24 novembre 2020.
  2. ^ CITES - Appendices I, II and III (PDF), su Convention On International Trade In Endangered Species Of Wild Fauna And Flora, International Environment House, 2011 (archiviato dall'url originale il 4 agosto 2012).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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