Omelia funebre per Aldo Moro

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Aldo Moro con la famiglia in udienza da Paolo VI (1964)

L’omelia funebre per Aldo Moro fu pronunciata da papa Paolo VI il 13 maggio 1978 nella Basilica di San Giovanni in Laterano, a Roma, quattro giorni dopo il ritrovamento del corpo senza vita dell'uomo politico democristiano[1].

Presupposti[modifica | modifica wikitesto]

La celebre foto del presidente Moro sequestrato dalle Brigate Rosse

Il rapporto di amicizia fra monsignor Giovanni Battista Montini e il giovane Aldo Moro risale alla seconda metà degli anni trenta, quando lo statista pugliese era entrato a far parte della Federazione universitaria cattolica italiana di Bari, segnalandosi ben presto anche a livello nazionale. Nel luglio 1939, proprio su consiglio del futuro papa Paolo VI, Moro venne scelto come presidente dell'associazione.

Aldo Moro sarebbe diventato presidente del Consiglio dei ministri, alla guida di un governo di centro-sinistra, nel dicembre 1963, pochi mesi dopo l’elezione di Paolo VI al soglio pontificio. La linea di apertura verso i socialisti, propugnata in quegli anni da Moro, era ben vista da papa Montini, che, ai tempi in cui era stato arcivescovo di Milano, aveva cercato il dialogo e la conciliazione con tutte le forze sociali.

Il 16 marzo 1978 la Fiat 130, che trasportava Moro dalla sua abitazione nel quartiere Trionfale, in zona Monte Mario a Roma, alla Camera dei deputati, fu intercettata da un commando delle Brigate Rosse all'incrocio tra via Mario Fani e via Stresa. Gli uomini delle Brigate Rosse uccisero i cinque uomini della scorta (Domenico Ricci, Oreste Leonardi, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera, Francesco Zizzi) e sequestrarono il presidente della Democrazia Cristiana.

Durante il sequestro, il 16 aprile 1978 Paolo VI implorò personalmente e pubblicamente, con una lettera[2] diffusa su tutti i quotidiani nazionali il 21 aprile, la liberazione "senza condizioni" dello statista e caro amico Aldo Moro, rapito dagli "uomini delle Brigate Rosse" alcune settimane prima. Ma a nulla valsero le sue parole.

Dopo una prigionia di 55 giorni il cadavere di Moro fu ritrovato il 9 maggio 1978, nel bagagliaio di una Renault color amaranto, in via Caetani a Roma, a pochi metri dalle sedi della Democrazia Cristiana e del Partito Comunista Italiano.

Passi principali del discorso[modifica | modifica wikitesto]

13 maggio 1978, commemorazione funebre per Aldo Moro. In prima fila, iniziando dalla seconda persona a sinistra: Pietro Ingrao, Giovanni Leone, Amintore Fanfani, Giulio Andreotti e Virginio Rognoni.

La salma di Moro fu portata dalla famiglia a Torrita Tiberina per un funerale riservatissimo ma, il 13 maggio, nella basilica di San Giovanni in Laterano, alla presenza di tutte le autorità politiche, si celebrò un rito funebre in suffragio dell'onorevole, al quale prese parte anche il pontefice. Ci fu chi eccepì, soprattutto nella curia romana, che non rientrava nella tradizione che un papa partecipasse a una messa esequiale, soprattutto se di un uomo politico (si cita, a proposito, il caso di Alessandro VI, che non partecipò nemmeno ai funerali del figlio Giovanni), ma Paolo VI non mostrò interesse verso queste critiche; pronunciò l'omelia pur visibilmente provato dall'evento.

Questa omelia inizia con un profondo rammarico, ma prosegue affidandosi alla misericordia del Padre[3]:

«Ed ora le nostre labbra, chiuse come da un enorme ostacolo, simile alla grossa pietra rotolata all'ingresso del sepolcro di Cristo, vogliono aprirsi per esprimere il "De profundis", il grido, il pianto dell'ineffabile dolore con cui la tragedia presente soffoca la nostra voce. Signore, ascoltaci! E chi può ascoltare il nostro lamento, se non ancora Tu, o Dio della vita e della morte? Tu non hai esaudito la nostra supplica per la incolumità di Aldo Moro, di questo uomo buono, mite, saggio, innocente ed amico; ma Tu, o Signore, non hai abbandonato il suo spirito immortale, segnato dalla fede nel Cristo, che è la risurrezione e la vita. Per lui, per lui. Signore, ascoltaci!»

Al termine della preghiera, ascoltata in silenzioso raccoglimento, Paolo VI sottolinea ancora la sua paterna partecipazione al dolore di tutti con espressioni rivolte ai presenti in Basilica e a quanti altri seguono la celebrazione dalla piazza antistante o attraverso la radio e la televisione:

«Prima che termini il rito di suffragio, nel quale abbiamo pregato per la pace eterna di questo nostro fratello, noi leviamo le braccia a benedire quanti sono presenti in questo Tempio o, non avendo potuto trovar posto entro le sue mura, sono restati nella piazza, ed ancora tutti quelli che, pur lontani, sono a noi uniti spiritualmente: in particolare intendiamo abbracciare con questo nostro gesto paterno anche quanti portano nel cuore strazio e dolore per qualche loro congiunto, vittima di simile efferata violenza. Anche per queste vittime si estende la nostra afflitta preghiera. Su tutti invochiamo, apportatrice di serenità e di speranza, la confortatrice assistenza del Signore.»

Reazioni[modifica | modifica wikitesto]

L'omelia funebre di Aldo Moro, pronunciata dal Papa, è tuttora ritenuta da alcuni una delle più alte nell'omiletica della Chiesa moderna[4].

Note[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Paolo VI e la tragedia di Moro. 55 giorni di ansie, tentativi, speranze e assurda crudeltà, a cura di Pasquale Macchi, Ed. Rusconi, Milano 1998

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