Luzenac Val Chisone
Luzenac Val Chisone | |
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Stato | Italia |
Forma societaria | Società per azioni |
Fondazione | 1989 a Pinerolo |
Chiusura | 2011 Comprata dalla Imerys |
Gruppo | Luzenac |
Settore | Minerario |
Prodotti | Talco |
La Luzenac Val Chisone s.p.a. è un'azienda nata nel 1989 con l’acquisto da parte della società Talc de Luzenac della Società Talco e Grafite Val Chisone s.p.a. Il nome cambiò in Imerys Talc Italy s.p.a. nel 2011 con l’acquisto del gruppo Luzenac da parte della Imerys[1].
La Luzenac decise nel 1995 l’apertura a Pomeifré, di una nuova galleria denominata “Rodoretto”, che come la maggior parte delle gallerie è situata nel comune di Prali (TO). Nel 1992 chiuse lo stabilimento di macinazione di San Sebastiano, situato nel comune di Perosa Argentina (TO), e nel 1995 si chiudono definitivamente anche i cantieri della Gianna e nel 2002 quelli di Crosetto, mentre nel 2007 la miniera di talco e lo stabilimento di Orani (Sardegna) vengono venduti alla Imi Fabi s.p.a[2].
Con la chiusura di Crosetto vi è anche la fine trasporti ferroviari minerari fatti tramite locomotori a batterie; infatti nella nuova miniera di Rodoretto non sono installati binari ma il trasporto avviene tramite camion[3].
Nel 1998 la Luzenac cede alla La Tuno (società a capitale misto pubblico-privato) le gallerie della Paola e della Gianna così nasce ScopriMiniera, la proposta turistica di tour guidato lungo i sotterranei della miniera, alla scoperta della vita e del lavoro dei minatori della Val Germanasca. Sempre negli anni Novanta venne chiusa la storica sede amministrativa di Pinerolo e tutti gli uffici furono spostati presso lo stabilimento di Malanaggio a Porte.
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ (EN) IMERYS : completes acquisition of Luzenac Group, su marketscreener.com, 8 gennaio 2011. URL consultato il 27 novembre 2020.
- ^ “Su venosu”, rinnovata la concessione mineraria, su lanuovasardegna.it, 27 agosto 2016. URL consultato il 27 novembre 2020.
- ^ Francesco Bruera, Le decauville del “Bianco delle Alpi”, in iTreni - ETR Editrice, n. 429.
Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]
- Ecomuseo delle miniere, su ecomuseominiere.it.