La morte di Catone (Assereto)

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La morte di Catone
AutoreGioacchino Assereto
Data1640 circa
TecnicaOlio su tela
Dimensioni203×279 cm
UbicazionePalazzo Bianco - Musei di Strada Nuova, Genova

La morte di Catone è un dipinto olio su tela realizzato intorno al 1640 dal pittore genovese Gioacchino Assereto e conservato ai Musei di Strada Nuova a Genova.

Descrizione e stile

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Il dipinto fu acquistato dal Comune di Genova nel 1924 dall'antiquario Geri di Milano. Inizialmente depositato a Palazzo Tursi fu poi trasferito a Palazzo Bianco. Nel 1929 Giuseppe Delogu lo vide documentandone la provenienza dal palazzo Cambiaso in Strada Nuova (oggi via Garibaldi 1) come testimoniato anche da Federigo Alizeri[1]. Venne attribuito ad Assereto da Carlo Giuseppe Ratti, che lo colloca all'interno di un altro palazzo di Via Garibaldi, quello di Benedetto Spinola (oggi via Garibaldi, 2)[2]. In un diverso ambiente dello stesso edificio erano conservati altri tre dipinti: la Cattura di Cristo, la Maga d’Endor e la Flagellazione tutte identificate come opere di Matthias Stomer[3].

Due fotografie conservate all’Archivio Fotografico del Comune di Genova, scattate all’inizio del Novecento quando il dipinto si trovava in palazzo Cambiaso, mostrano la tela ampliata grazie a un'aggiunta sul lato destro. Restaurato nel 1953 da Pompeo Rubinacci venne in seguito rifoderato, rintelarlo e riportato alla misura originaria. Nel 2012 l'intervento eseguito dal Laboratorio di restauro di Franca Carboni ha restituito al dipinto la vivace cromia originale[4].

Assereto raffigura il suicidio del tribuno romano Marco Porcio Catone che, allo scoppio della guerra civile tra Cesare e Pompeo, si schierò con Pompeo. Dopo l’uccisione di quest'ultimo Catone, fedele ai suoi ideali, decise di conficcarsi una spada nel ventre. Venne scoperto e medicato, ma nella notte si riaprì la ferita portando a compimento la sua intenzione. L’ambientazione notturna è illuminata solo da due fonti di luce artificiale: la candela in mano al servitore e la torcia del paggio in controluce a sinistra. La drammaticità dell'evento è sottolineata dalla gestualità delle mani: tratto distintivo del pittore genovese[5]. Il tema della morte di Catone, tratto dalle Vite di Plutarco (36:70), riscosse particolare successo a Genova nella prima metà del Seicento, dove gli  ideali repubblicani impersonati dal generale romano si prestavano a una lettura anti-spagnola[3].

Acquistato nel 1924, ancora con l’attribuzione a Gherardo delle Notti, venne identificato da Orlando Grosso. La datazione, proposta da Gian Vittorio Castelnovi[6], corrisponde a un soggiorno romano del pittore che determinò credibilmente una maggior influenza dello stile di Ribeira, Honthorst o di Stomer, conosciuto per i suoi notturni. Successivamente la critica data l’opera ai primi anni quaranta del Seicento ed è concorde con i riferimenti ai caravaggeschi nordici presenti a Roma, evidenziando ancora i nomi di Matthias Stomer e Gerrit van Honthorst[3].

Fra i vari riferimenti culturali dell'opera, vengono indicati i dipinti della collezione romana di Vincenzo Giustiniani che vennero evidentemente studiati da Assereto, come suggeriscono le similitudini fra la tela in questione e la Morte di Seneca  di Joachim von Sandrart (distrutta nel 1945) e il ‘notturno’ Cristo davanti a Caifa di Luca Cambiaso (oggi all’Accademia Ligustica di Genova). Tiziana Zennaro ipotizza che il committente dell'opera sia stato Alessandro Spinola, doge della Repubblica di Genova dal 1654 al 1656[7]. L'opera, nella sua articolata composizione, è uno dei capolavori dell’età matura di Assereto, nel quale è evidente la forte influenza del naturalismo lombardo, tanto da essere una delle opere più caravaggesche realizzate nell’ambito genovese[4].

  1. ^ Federigo Alizeri, Guida artistica per la città di Genova, II, Genova, 1847, p. 502.
  2. ^ Carlo Giuseppe Ratti, Instruzione di quanto può vedersi di più bello in Genova in Pittura, Scultura e Architettura, Genova, 1780, p. 290.
  3. ^ a b c Tiziana Zennaro, Gioacchino Assereto e i pittori della sua Scuola, I, Soncino, pp. 371-376.
  4. ^ a b Raffaella Besta in, L'ultimo Caravaggio. Eredi e nuovi maestri. Napoli, Genova e Milano a confronto 1610-1640, Milano, Skira, 2017, p. 230.
  5. ^ Scheda dell'opera nel catalogo online dei Musei di Strada NUova, su catalogo.museidigenova.it. URL consultato l'11 giugno 2024.
  6. ^ G.V. Castelnovi, Assereto, Gioacchino, in Dizionario Biografico degli italiani, IV, Roma, 1962, p. 447.
  7. ^ Ibidem
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