Kepler-1625 b

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Kepler-1625 b
Kepler-1625 b con la candidata esoluna, Kepler-1625 b I, in primo piano e la stella sullo sfondo (rappresentazione artistica).[1]
Stella madreKepler-1625
Scoperta2016
ScopritoriT. D. Morton et al.
ClassificazioneSupergioviano
Parametri orbitali
Semiasse maggiore1 UA[2]
Periodo orbitale287,37 giorni[3]
Satelliti1
Dati fisici
Raggio medio~ rJ[2]
Massa
Temperatura
superficiale
250 K-300 K[2] (media)

Kepler-1625 b[3] è un pianeta extrasolare in orbita attorno alla stella Kepler-1625. Si tratta di un gigante gassoso più massiccio di Giove situato nella zona abitabile della propria stella, la cui peculiarità consiste nell'avere il primo candidato satellite naturale scoperto al di fuori del sistema solare, Kepler-1625 b I.

Scoperta[modifica | modifica wikitesto]

Kepler-1625 b è stato scoperto col metodo del transito nel 2016 dai dati raccolti con il telescopio spaziale Kepler.[4][5] Una campagna di osservazioni più approfondite da parte del telescopio spaziale Hubble ha portato alla pubblicazione di un articolo sulla rivista Science Advances all'inizio di ottobre 2018, nella quale si suggerisce la presenza di un'esoluna grande quanto Nettuno in orbita attorno al pianeta.[6]

Il telescopio Kepler rileva le minime diminuzioni di luminosità nelle curva di luce delle stelle; quando un pianeta transita davanti alla stella madre questa subisce una piccola diminuzione della sua luminosità. Nel caso di questo pianeta Teachey & Kipping, servendosi dell'Hubble, più potente di Kepler, hanno riscontrato un minimo secondario 3,5 ore dopo il transito del pianeta, la cui spiegazione più semplice sarebbe la presenza di una esoluna legata a esso, e non di un altro più piccolo pianeta transitante.[1]

Caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

Gli studi connessi con la scoperta del satellite suggeriscono che il pianeta attorno al quale esso orbita possieda una massa superiore a quella di Giove, da 2 a 4 volte superiore,[2][3][7] mentre il satellite ha una massa stimata approssimativamente uguale a quella di Nettuno. L'esoluna, se confermata, orbita a circa 3 milioni di chilometri dal pianeta,[8] in circa 22 giorni.[2]

Il pianeta e anche l'esoluna sono di natura gassosa e senza superficie solida, tuttavia potrebbero esistere altri satelliti di dimensioni ridotte e di tipo terrestre, anzi esiste anche la possibilità che una luna più piccola sia in orbita a sua volta all'esoluna di dimensioni nettuniane.[9]

Il pianeta è situato nella zona abitabile, anche se la stella madre, di massa solare ma avente un'età il doppio del Sole, pare ormai uscita dalla sequenza principale, aumentando il suo raggio e di conseguenza la sua luminosità. Gli autori dello studio pensano che l'attuale temperatura di equilibrio del pianeta e del suo satellite sia di 350 K senza considerare nessuna albedo[8], 300 K se si considera una certa percentuale di albedo, tuttavia ritengono che in passato, per la maggior parte della vita della stella, la temperatura sia stata attorno ai 250 K, circa, come quella terrestre.[10][1]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c (EN) Felicia Chou, Ray Villard, Alison Hawkes e Katherine Brown, Astronomers Find First Evidence of Possible Moon Outside Our Solar System, su NASA (a cura di), nasa.gov, 3 ottobre 2018. URL consultato il 5 ottobre 2018.
  2. ^ a b c d e f A. Teachey e D. M. Kipping, p. 18, 2018.
  3. ^ a b c d Enciclopedia dei pianeti extrasolari, 2018.
  4. ^ T. D. Morton et al., 2016.
  5. ^ Kepler-1625b, su exoplanets.nasa.gov, NASA.
  6. ^ A. Teachey e D. M. Kipping, 2018.
  7. ^ (EN) Hubble finds compelling evidence for a moon outside the Solar System - Neptune-sized moon orbits Jupiter-sized planet, su SpaceTelescope.org. URL consultato il 6 ottobre 2018.
  8. ^ a b (EN) Nadia Drake, Weird giant may be the first known alien moon - Evidence is mounting that a world the size of Neptune could be orbiting a giant planet far, far away, in National Geographic Society, 3 ottobre 2018. URL consultato il 6 ottobre 2018.
  9. ^ (EN) Duncan Forgan, The habitable zone for Earthlike exomoons orbiting Kepler-1625b, su arxiv.org, 4 ottobre 2018.
  10. ^ A. Teachey e D. M. Kipping, p. 12, 2018.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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