Museo ladino di Fassa

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Museo ladino di Fassa
(LLD) Museo ladin de Fascia
La sede del Museo ladin de Fascia
Ubicazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
LocalitàSan Giovanni di Fassa
IndirizzoStrada de Sèn Jan
Coordinate46°25′23.59″N 11°40′47.29″E / 46.42322°N 11.679802°E46.42322; 11.679802
Caratteristiche
Tipoetnografico
FondatoriIstituto culturale ladino, Provincia autonoma di Trento
Apertura1981
Visitatori7 699 (2022)
Sito web

Il museo ladino di Fassa, o museo ladin de Fascia in lingua ladina, è un museo etnografico situato a San Giovanni di Fassa, in Val di Fassa, nella provincia autonoma di Trento.

È una delle strutture culturali che operano a sostegno della comunità ladina, minoranza linguistica situata nel cuore delle Dolomiti.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Insegna del museo

Nel 1975 la Provincia autonoma di Trento costituì l'Istituto culturale ladino (Istitut cultural ladin) con l'obiettivo di contribuire a conservare e valorizzare la cultura, le tradizioni e la lingua della comunità ladina della Val di Fassa.

Pochi anni dopo, nel 1978-1979, fu progettato il Museo, inaugurato nel 1981 e ospitato per circa vent'anni al piano terra del caratteristico e antico Tobià de la Pieif, monumentale fienile ristrutturato e adiacente alla canonica della Pieve di San Giovanni di Fassa. Contemporaneamente si ideò un itinerario sul territorio, riattivando a scopi culturali due antichi opifici.[1]

Tra gli scopi statutari figurano la raccolta, l'ordinamento e lo studio dei materiali che si riferiscono alla storia, all'economia, alla lingua, al folklore, alla mitologia, ai costumi ed usi della gente ladina.

L'Istituto promuove inoltre la diffusione della lingua e della cultura ladina attraverso i media, collabora con la scuola per valorizzare e sviluppare l'insegnamento della lingua e sostiene l’organizzazione di un programma permanente di alfabetizzazione per adulti.[2]

Dal 2001 la sede museale centrale è stata trasferita in un edificio in località San Giovanni a Vigo, dove le collezioni etnografiche hanno potuto trovare una piena valorizzazione grazie anche al suggestivo progetto di allestimento curato dagli architetti Weber & Winterle con la regia di Ettore Sottsass junior.[1]

Esposizione[modifica | modifica wikitesto]

La nuova sede museale, inaugurata nel 2001, espone le collezioni dell'Istituto culturale ladino, che illustrano la storia e le tradizioni della popolazione locale dalla preistoria ai tempi moderni.[3] oltre che la lingua e la cultura ladina della Val di Fassa[4]. Tramite un sistema di supporti multimediali (punti informativi, filmati, documentari) alternato a più tradizionali pannelli esplicativi e a riproduzioni fotografiche, i manufatti esposti su tre piani ritrovano nuova vita e contribuiscono a ricostruire il cammino di un popolo, dalle origini alla contemporaneità.[1]

La prima sezione (Le origini) al pianterreno ricostruisce le fasi più antiche del popolamento delle valli dolomitiche con la presentazione di reperti archeologici rinvenuti in zona.[1]

Il livello intermedio è dedicato alle attività economiche tradizionali (agricoltura, allevamento, pastorizia, utilizzo delle risorse boschive, artigianato), con l’approntamento di appositi spazi tematici (La produzione e La trasformazione del prodotto), ma anche ai rapporti sociali, sia di carattere familiare che comunitario, alle istituzioni locali (Le Regole) e alle forme della ritualità, da quelle nuziali alla coscrizione. Tra le usanze, le tradizioni e le feste popolari, un posto di riguardo è stato riservato al carnevale fassano (Carnascèr), rievocato dalla presenza delle maschere principali (marascons, laché, bufon) e dei costumi. Suggestiva appare anche la ricostruzione di una stube settecentesca, con la stufa a schiena d’asino e mobili dipinti con i colori preferiti dai pittori e decoratori fassani (ocra, rosso, azzurro).[1]

Al secondo piano il percorso espositivo spazia dalla storia (Dal Concilio di Trento alla Grande Guerra) alla cultura sacra e profana, dalla religiosità alle leggende, dalla scoperta alpinistica e turistica delle Dolomiti nel XIX secolo alla riscoperta novecentesca dell’identità ladina.[1]

Sedi periferiche[modifica | modifica wikitesto]

La segheria veneziana (La sia) a Canazei

Il percorso museografico comprende anche alcune sezioni staccate in varie località della valle:

  • la Sia (la Segheria veneziana) a Penia di Canazei (strèda de Ciamp Trujan): è stata rimessa in funzione una segheria veneziana (La Sia) risalente al 1929, ma che sostituì una più antica del 1602 situata più a valle.[1]
  • l Molin de Pèzol (il Mulino) a Pera di Fassa (strada Jumela): un mulino settecentesco con tre grandi ruote a pale che azionano due macine per cereali e il brillatoio per l'orzo (pestin), azionati da tre grandi ruote idrauliche a pale. All'interno vi è l'esposizione dell'antica attrezzatura del mugnaio. Il mulino è funzionante nel periodo estivo delle visite.[5]
  • l Malghier (il Malgaro) a Pera di Fassa (presso il Caseificio sociale Val di Fassa, strada Dolomites, 233)
  • la Boteiga da Pinter (la bottega del bottaio) a Moena (strada de Cernadoi)

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g La Sia Segheria veneziana, su Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo.
  2. ^ Museo ladino di Fassa di Vigo di Fassa, su Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo.
  3. ^ Museo ladin de Fascia, su canazei.com.
  4. ^ Museo ladin de Fascia, su fassa.com. URL consultato il 17 settembre 2016.
  5. ^ Molin de pezol' - Sezione territorio - Istituto culturale ladino, su Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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