Ghigo Tommasi

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Enrico (Ghigo) Tommasi (Firenze, 24 aprile 1906Livorno, 5 settembre 1997) è stato un pittore italiano.

Figlio di Maria Borghini e di Eugenio Tommasi, dirigente delle Ferrovie di Stato, cugino di Adolfo Tommasi e nipote di Angiolo e Ludovico Tommasi, cresce a contatto con un ambiente artistico molto vivace.

Giovanissimo, mostra già un grande interesse per la pittura e segue i primi insegnamenti dello zio Ludovico Tommasi, che vigila sul nipote con burbera tenerezza e lo prepara a sottomettersi alle leggi della composizione, ai processi del colore, suggerendogli gli angoli preferiti per certi suoi principi di estetica come lo scorcio di un casolare o le ombre di un tramonto che preparano alla nostalgia.

Nel 1925, col pensionamento del padre, la famiglia si trasferisce a Livorno sia per curare alcuni beni familiari sia per l'ambiente culturale molto attivo della città labronica. Qui frequenta lo studio del cugino paterno Adolfo Tommasi e conosce Alberto Gennari e Plinio Nomellini; da lui apprende l'abilità nel disegno, mentre dal rapporto col Gennari acquista quelle caratteristiche fondamentali nella sua arte quale l'importanza di una dimensione umoristica e la spontanea semplicità di scene d'ambiente, che si sposano perfettamente col suo spirito arguto e scherzoso.

Collegiale di talento, nel 1930 a Firenze viene ammesso alla Scuola Libera del Nudo di Felice Carena, dove completa la sua maturazione artistica, frequentando con successo i corsi e meritandosi l'elogio dello stesso Carena per «la disinvolta linea di verismo e la rapida unità di sintesi».

Membro del Gruppo Labronico di pittura[1] e del Cenacolo della Valle Benedetta, nel 1932 inaugura il suo studio di via Della Torre a Livorno e riceve in dono una tavolozza con le dediche di Renato Natali, Eugenio Carraresi, Giulio Guiggi, Giuseppe Guzzi e Giovanni Zannacchini. Dal 1925 al 1941 partecipa alle principali mostre provinciali, regionali, interregionali e quadriennali romane ottenendo premi e riconoscimenti, così come nelle esposizioni internazionali di Vienna, Monaco di Baviera, Budapest e Berlino.

Nel corso della Seconda guerra mondiale viene inviato in Albania dallo Stato Maggiore dell'Esercito come pittore di guerra; qui resta colpito da una terra piena di luce e di colori e ritrae con visioni caratterizzate da vitalità e da sensibile verità i mercati, gli interni lussuosi della tenda del capo dei gitani, le foci del Drin[2]. Parte di questa produzione viene perduta nel bombardamento della nave che la trasportava in Italia.

Per due anni è prigioniero dei tedeschi nel campo di concentramento di Ziegenhain e documenta con un'ampia serie di acquarelli, tuttora inediti, la vita quotidiana del campo: la riunione serale nelle baracche, la messa celebrata dai detenuti, il cancelletto circondato dal filo spinato da dove portavano via i corpi. Della guerra restano alcuni drammatici disegni in sanguigna, che riportano la vita apparentemente calma delle trincee nei momenti di tregua.

Dal 1945 riprende la normale attività artistica e partecipa a mostre personali e collettive nelle più importanti città italiane e estere, oltre a dirigere la Scuola d'Arte del Partito Cristiano Sociale di Firenze[3]. Nel 1954 costituisce il gruppo artistico La Bottegaccia con altri colleghi, fra i quali Giancarlo Cocchia e Osvaldo Peruzzi[3].

«...la pittura di Ghigo Tommasi, prima di tutto è interpretazione intelligente della natura attraverso una serenità costante che nel colore, nella semplificazione dei piani, nell’illuminazione che nasce dall’interno, raggiunge quella semplicità espressiva che solo un sentimento cosciente e una sicurezza stilistica possono tradurre in risultati costanti, Renato Natali»

Pittore lirico, sceglie di far commentare le sue opere dallo scrittore Piero Caprile, che sottolinea l'aspetto poetico e mistico con cui dipinge la natura, in particolare della selvaggia Maremma. Negli anni settanta acquista una casa a Santa Fiora, dove ogni primavera e ogni autunno si trasferisce per dipingere, andare a caccia e rincontrare i vecchi amici; numerosi i quadri che ritraggono i vicoli del paese e i suoi personaggi.

In questo stesso periodo frequenta spesso la Sardegna con la moglie Lina Pintucci, riproducendone i colori e la natura. Negli anni ottanta si trasferisce a Napoli, dove ritrae con sottile umorismo i personaggi delle bancarelle dei vecchi mestieri e i vicoli colorati dei mercati.

Muore a Livorno nel 1997.

Il collezionismo

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Ultimo artista della famiglia dei pittori postmacchiaioli Tommasi, Ghigo ha creato nel corso della sua vita una collezione che annovera opere e oggetti appartenuti a Ludovico Tommasi, Angiolo Tommasi, Adolfo Tommasi e al loro maestro Silvestro Lega.

Voci correlate

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