Fonti e storiografia su Publio Cornelio Scipione

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Voce principale: Publio Cornelio Scipione.
Un busto ritenuto di Scipione Africano

Per fonti e storiografia su Publio Cornelio Scipione si intendono le principali fonti (letterarie, numismatiche, archeologiche, ecc.) contemporanee alla vita del console romano, nonché la descrizione degli eventi di quel periodo e l'interpretazione datane dagli storici, formulandone un chiaro resoconto (logos), grazie anche all'utilizzo di più discipline ausiliarie.

Fonti biografiche[modifica | modifica wikitesto]

Le principali fonti per la vita e il ruolo di Scipione Africano sono rappresentate da Polibio (Storie), Tito Livio (Ab Urbe condita libri), Appiano di Alessandria (Historia romana), Cassio Dione Cocceiano (Historia romana), Velleio Patercolo (Historiae Romanae ad M. Vinicium consulem libri duo), oltre alle biografie di Plutarco su Fabio Massimo, Claudio Marcello e a quella su Annibale di Cornelio Nepote (De viris illustribus).

Giudizi storici[modifica | modifica wikitesto]

Scipione Africano nella storiografia antica[modifica | modifica wikitesto]

Di lui Tito Livio racconta che:

«Agiva nella maggior parte dei casi dichiarando davanti alla moltitudine di essere stato consigliato o da visioni notturne o dietro ispirazione divina, sia perché lui stesso fosse posseduto da un certo senso di superstizione, sia perché volesse che i suoi comandi e consigli fossero eseguiti senza esitazioni, come ispirati da un oracolo. A ciò fin dall'inizio preparava gli animi dei Romani, fin da quando assunse la toga virile, non compì mai alcun atto né privato né pubblico prima di recarsi in Campidoglio. Entrava nel tempio di Giove, si sedeva solo e in disparte e vi passava un po' di tempo. Questa abitudine, che mantenne per tutta la vita, fece credere [...] che Scipione fosse di stirpe divina.»

Polibio, grande amico di Scipione l'Emiliano, nel descrivere l'indole ed il modo di comportarsi del fratello Scipione l'Africano, sostiene che egli:

«[...] fosse stato l'uomo [romano] più prestigioso che mai fosse esistito [...], seppure molti di lui abbiano lasciato una descrizione tutt'altro che veritiera.[1] [...] [5] Molti storici ce lo presentano come un uomo fortunato, che ha successo la maggior parte delle volte e soprattutto in modo inaspettato e casuale.»

Lo storico greco ritiene invece che Scipione fosse estremamente riflessivo e dotato di grande intelligenza.[2] E aggiunge:

«A mio avviso, Publio aveva un carattere e tenne una linea di condotta molto simile a quella del legislatore spartano Licurgo. [...] [non dobbiamo credere che] Publio abbia dato alla propria patria un impero del genere, lasciandosi guidare dalle suggestioni di sogni e di presagi. Al contrario, poiché entrambi ritenevano che la maggior parte degli uomini non accettasse facilmente ciò che ha dello straordinario, e neppure avesse il coraggio di affrontare i pericoli senza il benestare degli Dei, [...] Publio fece in modo che gli uomini che aveva sotto il suo comando diventassero più coraggiosi e pronti ad affrontare i rischi delle imprese di guerra, convincendoli che i suoi piani fossero ispirati dagli Dei.»

E ancora di lui pensava fosse benefico e magnanimo,

«ma che fosse anche astuto, misurato e sempre teso con la mente agli obbiettivi che si era preposto di realizzare, nessuno è in grado di saperlo, se non quelli che gli vissero a fianco, osservandone il suo carattere. Gaio Lelio era uno di questi [...].»

Polibio, che aveva la possibilità di consultare l'archivio epistolare della famiglia degli Scipioni, ebbe modo di leggere una lettera di Scipione l'Africano a Filippo V di Macedonia che gli diede modo di confutare quegli storici che credevano che Publio avesse ottenuto i suoi successi, come ad esempio la conquista di Nova Carthago nel 209, non tanto per le sue qualità , quanto per intervento degli Dei e della Fortuna.[3]

Aulo Gellio, nelle Notti Attiche, diede una valutazione di Scipione, mettendo in risalto una straordinaria consapevolezza di se del generale romano : Scipio Africanus, coscientia sui subnixus “ - Notti Attiche libro IV ; 18,1-

Storiografia successiva[modifica | modifica wikitesto]

Di lui lo Scullard riferisce che, una volta nominato comandante in capo con imperium delle forze in Spagna a soli venticinque anni, egli si rivelò non solo «coraggioso, intraprendente, sicuro di sé e saggio», ma anche con una «straordinaria capacità di ispirare fiducia negli altri. La sua natura aveva nello stesso tempo le caratteristiche dell'uomo d'azione e qualcosa di mistico e di religioso». Il suo entusiasmo era, inoltre, accompagnato sia dalla cultura greca, sia dal senso pratico tipico dei Romani.[4]

Eredità e reputazione postuma[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Scipione Africano nella cultura di massa.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Qui Polibio potrebbe riferirsi allo storico Sileno, criticandone l'opinione che aveva di Scipione.
  2. ^ Polibio, X, 2.7.
  3. ^ Polibio, X, 9.2-3.
  4. ^ Scullard 1992, vol. I, p. 278.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Fonti primarie
Fonti storiografiche moderne
Romanzi storici