Ferula communis

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Ferula communis
Ferula communis
Stato di conservazione
Rischio minimo[1]
Classificazione APG IV
DominioEukaryota
RegnoPlantae
(clade)Angiosperme
(clade)Mesangiosperme
(clade)Eudicotiledoni
(clade)Eudicotiledoni centrali
(clade)Superasteridi
(clade)Asteridi
(clade)Euasteridi
(clade)Campanulidi
OrdineApiales
FamigliaApiaceae
SottofamigliaApioideae
TribùScandiceae
GenereFerula
SpecieF. communis
Classificazione Cronquist
DominioEukaryota
RegnoPlantae
DivisioneMagnoliophyta
ClasseMagnoliopsida
SottoclasseRosidae
OrdineApiales
FamigliaApiaceae
GenereFerula
SpecieF. communis
Nomenclatura binomiale
Ferula communis
L.
Sinonimi

Ferula linkii
Webb. & Berth.
Ferula brevifolia
Link. ex Schult.

Nomi comuni

finocchiaccio

Ferula communis L., volgarmente conosciuta come finocchiaccio, ferla (in Sicilia e nel Lazio), ferula o feurra (in Sardegna), è una pianta erbacea perenne della famiglia delle Apiacee.[2]

Dal latino ferula, antico nome latino usato per indicare una pianta a fusto dritto.

Pianta erbacea perenne a riposo estivo, poco appariscente in inverno, mentre in primavera, alla fioritura il fusto si allunga in un alto scapo fiorale (alto fino a 3 m) che persiste a lungo sulla pianta anche quando secco. Le foglie basali sono lunghe 30–60 cm o più, con ampie guaine, più volte pennate a lacinie lineari, mucronate. I fiori sono riuniti in numerose ombrelle, la centrale a 25-40 raggi, le laterali più piccole; prima della fioritura sono avvolte dalla guaina rigonfia della foglia; i petali sono gialli. I frutti, lunghi 12–18 mm, sono diacheni appiattiti con le coste laterali saldate in un'ala. Fiorisce in maggio e giugno.

Distribuzione e habitat

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La specie è comune in tutta l'area mediterranea e il suo areale si estende a est sino alla penisola arabica e a sud sino alla Tanzania.[2]

Predilige terreni aridi e calcarei delle zone collinari.

In Sicilia i fusti fioriferi vengono raccolti in estate quando sono ormai sfioriti e, privati delle cosiddette ombrelle, e dopo l'essiccatura, vengono usati per lavori di artigianato vari: i tipici sgabelli a forma di cubo (detti "furrizzuoli" o "furrizzi" nella Sicilia centrale) e non solo, anche come traverse per appendere le foglie di tabacco a essiccare.

In tutta la Sardegna, la ferula essiccata viene utilizzata come graticci per la stagionatura di formaggio e insaccati vari, riposti all'interno de "su Pinnetu".[3] Ancora oggi si realizzano sgabelli (conosciuti come "Scannus/os" o "scannixeddus/os"), molto resistenti e leggerissimi.[4] Viene usata anche per la costruzione di piccoli sgabelli (tzompeddos) e cavallini per i bambini, che li usano a Santu Lussurgiu per imitare Sa Carrela 'e Nanti

In Puglia, in tempi antichi, come raccontato da Eberhard August Wilhelm von Zimmermann, che visitò la Puglia verso la fine del Settecento, la ferula era utilizzata dai pastori per fare gabbie, sedie, panieri, sgabelli ("freddizza", sul Gargano " furrizza") e quasi tutti i loro utensili. Sotto la ferula, inoltre, nasce una specie di funghi, la cui raccolta e commercio era ed è molto abbondante.[5]

Sulle radici di questa pianta cresce il fungo Pleurotus eryngii var. ferulae, in Sardegna conosciuto come feurratzu, ricercatissimo e molto apprezzato in cucina.

Alcuni principi attivi che si rinvengono nei tessuti di questa pianta sono di natura dicumarinica ad attività anticoagulante.[senza fonte] La sintomatologia è di tipo emorragico ed è stata riscontrata in maniera più frequente in ovini, caprini bovini ed equini che si erano cibati della pianta (mal della ferula).

Comunque normalmente nei pascoli naturali il bestiame scarta la ferula e non se ne ciba e questa di conseguenza, al contrario delle altre erbe, si sviluppa arrivando a fioritura e dispersione del proprio seme diventando infestante di questi luoghi.

F. communis

Il rischio maggiore di intossicazione al bestiame lo si corre soprattutto quando questi pascoli-prati con ferula vengono sfalciati (ciò normalmente avviene prima della fioritura quando ancora la pianta è praticamente mimetizzata alla vista dell'uomo) e utilizzati magari trinciandone ed essiccandone il fieno raccolto per aumentarne la digeribilità e addirittura miscelandolo con altre essenze foraggere. Così facendo anche il bestiame non è più in grado di riconoscere e scartare la ferula e l'intossicazione che procede in modo silente ma continuo aumenta il rischio di falcidia di intere mandrie.

  1. ^ (EN) Rankou, H., Ouhammou, A., Taleb, M. & Martin, G. 2015, Ferula communis, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020. URL consultato il 28/7/2024.
  2. ^ a b (EN) Ferula communis, su Plants of the World Online, Royal Botanic Gardens, Kew. URL consultato il 27/7/2024.
  3. ^ Ferula
  4. ^ Il design del futuro si fa con “sa ferula”
  5. ^ Opuscoli scelti sulle scienze e sulle arti tratti dagli Atti delle Accademie... - Google Libri

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