Durayd ibn al-Simma

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Durayd ibn al-Ṣimma (in arabo ﺩﺭﻳﺪ ﺍﺑﻦ ﺍﻟﺼﻤـة?; 530Hunayn, 630) fu un famoso poeta della Jāhiliyya e un grande guerriero.

Appartenente alla tribù higiazena dei Banū Jusham b. Muʿāwiya, che faceva parte del più vasto gruppo dei Banū Hawāzin, che nomadavano tra La Mecca e Ṭāʾif, Durayd ibn al-Ṣimma era figlio di Muʿāwiya ibn al-Ḥārith, che aveva svolto un ruolo di primo piano nella Guerra del Fijār (fine del VI secolo).[1]

La morte dei suoi due fratelli, ʿAbd al-Yaghūth[2] ma, in particolare, ʿAbd Allāh,[3] nel corso delle diuturne aspre contese tra Hawāzin e Banū Ghaṭafān, lo impegnò in una serie di azioni belliche contro questi ultimi, per conseguire quella "doverosa" vendetta, senza la quale Durayd avrebbe dimostrato a tutti di essere privo di muruwwa.

In esse mise in luce una non comune abilità, che s'accompagnò a una spiccata capacità di comporre ottima poesia, una parte della quale è giunta fino a noi grazie al Kitāb al-Aghānī (Il libro dei canti) di Abū l-Faraj al-Iṣfahānī e che lo fanno annoverare tra i fuḥūl (stalloni) della poesia araba preislamica.[4]

Lo scontro tra musulmani e pagani a Ḥunayn (630)

L'età avanzata (che già aveva fatto rifiutare alla poetessa al-Khansāʾ la richiesta di matrimonio avanzata da Durayd), non evitò la sua presenza sul campo di battaglia di Ḥunayn, se non altro in veste del più rappresentativo difensore della sua tribù, che gli aveva fatto comporre i seguenti versi:

«Io non sono che uno di Ġaziyya;[5] se essa erra, io erro con lei, e se va sulla retta via, con lei io vado»

e dei tradizionali valori del politeismo arabo higiazeno, in uno schieramento che radunava Hawāzin, Thaqīf, Banū Saʿd ibn Bakr, Banū Nasr, Banū Hilāl e la sua stessa tribù, malgrado Durayd b. al-Ṣimma non fosse stato ascoltato dai beduini nel suo accorto consiglio di non trascinarsi dietro sul campo di battaglia le loro donne, i loro bambini e i loro numerosi capi di animali: atto voluto invece da quelle, a sottolineare un decisivo impegno che non ammetteva vie di scampo possibili contro i musulmani e che non era altro, in fin dei conti, che lo scontro finale tra Paganesimo e Islam.

Durayd arrivò sul luogo della battaglia in una lettiga (in arabo هودج?, hawdaj), pronto a fornire utili consigli tattici ai combattenti della sua parte, ma ciò gli fu impedito dalla giovanile baldanza di Rabīʿa b. Rufayʿ, detto Ibn al-Dughunna a causa del nome materno[6] dei B. Sulaym.[7]

Di fronte agli inutili tentativi di ucciderlo, con una spada sicuramente di non grande qualità e di non tagliente filo, il vegliardo poeta e guerriero sprezzantemente consegnò al giovane[8] la sua propria arma, da lui impiegata tante volte in passato in epici scontri in difesa dell'onore virile e muliebre della stessa tribù dei Sulaym, cui apparteneva Rabīʿa b. Rufayʿ:

«Che povera arma t'ha dato tua mamma! Prendi questa spada delle mie che è nel fodero nell'hawdaj e colpiscimi con quella alla spina dorsale e alla base della testa, perché questo è il modo con cui io usavo colpire gli uomini. Poi torna da mamma e dille che hai ucciso Durayd ibn al-Ṣimma, che per innumeri volte ha protetto le vostre donne»

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Uno degli Ayyām al-ʿArab, combattuto tra Quraysh e Kināna da una parte e Qays ʿAylān (senza i Ghaṭafān) dall'altra.
  2. ^ Lett. "Schiavo [della divinità pagana] Yaghūt", che con l'idolo di Yaʿūq era una delle divinità che si credeva fossero state ritrovate da ʿAmr b. Luhayy, su ispirazione del jinn Abū Thumāma, sulla spiaggia di Gedda, dopo che i popoli che li adoravano erano periti nelle acque del Diluvio. Cfr. Claudio Lo Jacono, "La religiosità in Arabia nel VII secolo", in: Islam. Storia e civiltà, 40, XI/3, 1992, nota 31.
  3. ^ Nome non meno interessante, che dimostrerebbe un culto non episodico di Allah in ambito pagano. Nome che, per inciso, ebbe anche il padre di Maometto, ʿAbd Allāh b. ʿAbd al-Muṭṭalib.
  4. ^ Si veda in merito al-Aṣmaʿī nelle sue Fuḥūlat al-shuʿarāʾ (Zeitschrift der Deutschen Morgenländischen Gesellschaft 65, p. 498, linea 20).
  5. ^ Nome della tribù di Durayd, altrimenti detta Ṭayyiʾ.
  6. ^ K. al-Aghānī, 25 voll., Beirut, Dār al-kutub al-ʿilmiyya, 1986, X, pp. 37-38. Il suo nome completo era Rabīʿa b. Rufayʿ b. Uhbān b. Thaʿlaba b. Rabīʿa b. Yarbūʿ b. Sammāl b. ʿAwf b. Imru l-Qays. Cfr. Ibn Isḥāq, al-Sīrat al-nabawiyya, ed. Muṣṭafā al-Saqqā, Ibrāhīm al-Abyārī e ʿAbd al-Ḥāfiẓ Shalabī, 2 voll., Il Cairo, Muṣṭafā al-Bābī al-Ḥalabī, 1955, II, 852.
  7. ^ Ironia della sorte, i B. Sulaym erano stati in passato frequentemente alleati di Durayd ma la fede islamica era evidentemente destinata a sconvolgere tutto il quadro tradizionale delle alleanze in Arabia, fin dentro le famiglie nucleari, i clan e le tribù.
  8. ^ Che inizialmente non l'aveva riconosciuto e che pensava si trattasse di una donna, visto che si trovava all'interno della lettiga, usualmente riservata alle donne.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Leone Caetani, Annali dell'Islām, Milano, Hoepli, vol. I, 1905.
  • Rudolf Ružička, "Duraid ben aṣ-Ṣimma, obraz středního Ḥidžâzu na úsvitě Islamu" (Durayd ibn al-Ṣimma, l'Hijaz centrale agli albori dell'Islam), Praga, 1925-1930, parte 3, vol. 2, in: Rozpravy České Akademie věd a umění (Rendiconti dell'Accademia Ceca delle Scienze e delle Arti), Kl. III, nn. 61, 67.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN13905438 · ISNI (EN0000 0000 7145 9119 · LCCN (ENn89239011 · J9U (ENHE987007301379805171 · WorldCat Identities (ENlccn-n89239011
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