Dizionario dell'omo salvatico
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Dizionario dell'omo salvatico | |
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Autore | Giovanni Papini e Domenico Giuliotti |
1ª ed. originale | 1923 |
Genere | dizionario |
Lingua originale | italiano |
Il Dizionario dell'omo salvatico è un'opera letteraria degli scrittori italiani Giovanni Papini e Domenico Giuliotti. Pubblicata per i tipi di Vallecchi nel 1923, l'opera è una sorta di contro-enciclopedia della cultura, del pensiero e della letteratura europea. Il progetto iniziale si interruppe alle lettere A-B e l'opera non venne mai completata.
Chi è l'Omo Salvatico[modifica | modifica wikitesto]
Nei secoli che vanno dal XV al XX l'Europa è stata attraversata, nell'ordine, da: Umanesimo, Protestantesimo, Rivoluzione industriale, rivoluzione filosofica e rivoluzione democratica[1]. Tali avvenimenti hanno cambiato profondamente l'animo dell'uomo europeo.
L'Omo Salvatico è il cristiano, sopravvissuto nei boschi, che non è stato influenzato da nessuno di questi stravolgimenti culturali.
Il modello di riferimento dell'opera fu la celebre Esegesi dei luoghi comuni dell'intellettuale cattolico francese Léon Bloy (1846-1917), anche lui convertitosi, come Papini, dall'anticlericalismo alla fede cattolica.
Ai mani onorati ed onorandi di: |
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L'elenco compare subito dopo il frontespizio. |
Contenuto[modifica | modifica wikitesto]
L'opera comprende solo il primo volume (A-B). Il testo è preceduto da: “Dodici avvisi dell'Omo Salvatico” (dedica “al lettore benigno”, “ai lettori nemici”, “al lettore pedante”, “al lettore erudito”, ecc.) e dalla presentazione dei “Complici dell'Omo Salvatico”, ossia i personaggi che hanno contribuito alla stesura del Dizionario. Essi sono:
- I complici dell'Omo Salvatico
- Prof. Mediani (il conformista)
- Cav. Deifobo Luciferini (l'anticlericale massone)
- Comm. Quattrostomachi (il ricco epulone dei nostri tempi)
- Dott. Enteroclismi (l'ateo materialista)
- Rag. Consuntivi (la persona che non s'interessa di questioni filosofiche; le sue colonne portanti sono il Dare e l'Avere)
- Avv. Pappagorgia (il notabile)
- Teofilo Panciadoro (il vaso di coccio che ama stare coi vasi di ferro)
- Cav. Paride Colossi (l'arrivista)
- Prof. Eliodoro Sofopanti (si fa chiamare “professore” ma è solo capace di fare lunghi discorsi)
- Fosco Raspanti (ottiene la fiducia degli altri, poi li raggira; buona reputazione sociale, ma in realtà è un furbacchione)
- Euterpe Bellachiorba (poche letture ma buone, poche idee ma chiare)
- Narciso Francatrippa (l'uomo partito dal nulla che si è fatto una posizione)
- Prof. Peleo Pocosale (il travet)
- Naborre Colafulmini (“da trent'anni è sulla breccia; ha avuto duelli, processi, assoluzioni, apoteosi”)
- Diomira Doppiopetto (la vedova allegra)
- Signorina Fiorenza Tirummi (la "donna moderna")
Tutti questi personaggi abitano a Lonza e nella frazione Bagoghi, due immaginari paesini che rappresentano tutta l'Italia.
La voce «Bene qui làtuit, bene vixit» (massima di Ovidio) è scritta da Teofilo Panciadoro, il quale asserisce sicuro che “quando un'idea, espressa in tempi critici, ci può dare dei dispiaceri, è meglio tenerla in corpo”.
Il “professore” Eliodoro Sofopanti è autore della voce «Bello». Al culmine del ragionamento sgorgano i seguenti interrogativi: “Tutto cambia, nulla è certo; l'impossibile è possibile? Il sogno è realtà? La realtà è sogno? L'uomo è vivo o è morto? Cammina con le mani? Cammina coi piedi? È lui che crea il mondo? È il mondo che crea lui?”
Il professor Mediani ha scritto la voce su «Beatrice». L'insegnante bacchetta Dante perché insidiò la giovinetta quando era ancora minorenne. Poi si perde in ricordi personali: “Anch'io, quand'ero in quinta ginnasiale, m'innamorai della figliola del tabaccaio e fu per colpa sua che cominciai a fumar le sigarette”.
La voce su «Cesare Battisti» non poteva che essere scritta da Naborre Colafulmini, redattore capo del “Corriere di Lonza”. Nel numero del 12 luglio 1922 è apparso un suo incisivo ritratto. Ecco l'incipit: “La religione dell'Unità italiana ha avuto il suo Cristo. C'è nel martirio di Cesare Battisti una santità di Calvario che turba ed esalta. Un sapore nazzareno possente”. Titolo del pezzo: “Il Sacrificio di Cesare Battisti”.
Il commendator Quattrostomachi è protagonista della voce «Banco» (nel senso dell'istituzione bancaria). Racconta di come si liberò di un questuante che lo attendeva ogni giorno all'uscita dell'istituto di credito dove conservava i suoi risparmi.
«Bacio» è scritta a più voci: per il dottor Enteroclismi (di professione dermatologo) il bacio “costituisce sempre un possibile veicolo d'infezione”; la vedova Parapetto invece ne sottolinea la romanticità e racconta quando avvenne il suo primo bacio, nell'estate del 1881; il cav. Deifobo Luciferini, da anticlericale convinto e militante, si diffonde sul bacio di Giuda, Teofilo Panciadoro, contento della sua vita così com'è, confessa di godersi le sue sostanze, “in attesa di chiudere gli occhi nel bacio del Signore.
Auto-da-fè viene spiegata da Euterpe Bellachiorba. Confondendo storia con pettegolezzo, asserisce che Giordano Bruno, Galileo Galilei e Dante Alighieri furono condannati a morte, incatramati e bruciati “perché non vollero passar da vigliacchi davanti agli inquisitori”.
Le voci non firmate sono da attribuire direttamente all'Omo Salvatico. Tra cui questa: «Barometro (politico)». Testo: “Le sue variazioni non sono determinate che da una maggiore o minore pressione di composita lordura”.
Papini e Giuliotti sottopongono a critica radicale l’età moderna nata dall’illuminismo: «All’Omo Salvatico sembra i due secoli (il ’700 e l’800) siano stati egualmente nefasti. Uno ci dette Voltaire e l’altro Renan, che fu un Voltaire più dotto ma più ipocrita; il settecento ebbe il Terrore e l’ottocento la Comune; il primo scaraventò sul mondo l’Enciclopedia e il secondo i libri di Hegel, Haeckel e Nietzsche; uno inventò la democrazia e l’altro l’applicò fino alla nausea.» [3] Causa delle disgrazie dell’oggi è da ravvisarsi, secondo gli autori, nell’abbandono della fede cattolica e delle tradizioni antiche: l’illuminismo, infatti, «consisteva nell'avere spento (o tentato di spegnere) la luce che rifulse sul Thabor e che esce dalle pagine dell’Evangelo per illuminare la terra. I lumi del secolo furono poi le fiamme dei castelli bruciati e i fuochi delle guerre che ancora non sono spenti – né si potranno spegnere finché non si ritorni a quel fuoco che Gesù era venuto a mettere in terra.» [4] Come già aveva fatto Giuliotti in L'ora di Barabba, i due autori si pongono in una prospettiva di rigetto radicale del mondo, ancorandosi alla fede cattolica intransigente come unico faro di civiltà in un mondo che ai loro occhi, «non è più che l’anticamera dell’Inferno.» [5]
Edizioni moderne[modifica | modifica wikitesto]
- Domenico Giuliotti e Giovanni Papini, Dizionario dell'omo salvatico, vol. 1, Il Cerchio, 2012, ISBN 978-8884742926.
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ Giovanni Papini, Domenico Giuliotti, Dizionario dell'Omo Salvatico. Volume primo A – B. Firenze, Vallecchi, 1923, p. 18.
- ^ Personaggio della commedia Le intellettuali di Molière.
- ^ G. Papini, D. Giuliotti, op. cit., voce ARBITRO, pag. 206.
- ^ G. Papini, D. Giuliotti, op. cit., voce AUFKLÄRUNG, pag. 266.
- ^ G. Papini, D. Giuliotti, op. cit., voce BENEDIRE, pag. 393.
Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]
- Domenico Giuliotti e Giovanni Papini, Dizionario dell'omo salvatico, Firenze, Vallecchi, 1923, OCLC 697617870.