Discussione:La fontana della vergine

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Paragrafo interamente spostato qui per Wikipedia:Niente ricerche originali! Possono essere riportate (in sintesi) recensioni della critica, se accompagnate dalla citazione della fonte. --MarcoK (msg) 17:54, 9 mar 2013 (CET)[rispondi]


Questo film si dimostra, dal punto di vista del contenuto, bipolare: da un lato vi sono i personaggi impegnati ognuno con una propria crisi, che riguarda un'emozione o un valore offeso, o comunque qualcosa di profondamente umano; dall'altro vi è la lampante tematica religiosa che, tra simbolismi chiaroscurali e retaggi di culture precristiane, cerca di far uscire dalle esperienze di Karin, Tore e Inger un credo nuovo, anzi rinnovato.

Per quest'ultimo nucleo tematico, che, stando alle sue parole, non interessa poi tanto al regista, si richiama molto Il settimo sigillo: Antonius e Tore, interpretati dallo stesso attore, Max von Sydow, sono entrambi coinvolti in un Medioevo cristiano, ma ancora intriso di paganesimo e di vano ascetismo (entrambi sono stati crociati).

Essi si accorgono della difficoltà di essere cristiani e superano una mentalità retrograda, abbandonata al rimorso e al desiderio di catarsi assoluta ed eccessivamente radicale, per arrivare alla consapevolezza della grazia divina grazie a un percorso formativo, ricco di dolori e di cadute.

Ma se Tore è forse il motore della storia, paragonabile forse all'Achille omerico, per la sua ira, la sua vendetta e poi il suo pentimento, interessante è anche la figura di Inger: ella è una donna ferita, frustrata, reduce di terribili e basse avventure con il sesso opposto, avventure che probabilmente hanno tradito il bisogno di essere amata, portandola a rifugiarsi nella magia nera e nel rancore nei confronti di colei che invece impersona la purezza e la verginità felicemente vissute, cioè Karin, che non mancherà di dichiarare apertamente l'inscindibilità tra il suo stato verginale e lo sposo.

Alla fine della storia sarà proprio Inger la prima a bagnarsi con l'acqua miracolosamente sgorgata da terra, quasi per liberarsi della barbarie che l'avevano contrassegnata dall'inizio e per ritrovare in se stessa la purezza perduta, ma ancora desiderata.

Questo capolavoro del cinema europeo è l'ennesima sperimentazione di un perfezionismo delle immagini che lascia suggerire un paragone tra alcune scene e delle pitture medievali: il gioco di luci e ombre, il contrasto bianco(purezza)-nero(barbarie) e lo sfondo oscuro dal quali promanano immagini sempre più umane suggellano la straordinaria arte della visualità cinematografica, che contraddistingue sempre il cinema bergmaniano.

Nella trama c'è il rapporto conflittuale con un Dio che sembra assente, il quale lascia che avvengano cose mostruose come la triste sorte di Karin, ed al quale Töre si rivolge per provare conforto al suo dolore. Töre apertamente dirà di non capire il Dio che permette il dramma che è accaduto e non mancherà di alzare al cielo le sue mani insanguinate, provando un inquieto sentimento di giustizia misto al pentimento provato per una vendetta che una volta consumata non ha portato la soddisfazione che prometteva. Ma nel contempo, non viene meno la fede e la devozione per le quali Töre prometterà di erigere una chiesa "fatta di pietre" proprio lì dove si era consumato l'olocausto della figlia vergine. Infine, sarà proprio lo sgorgare miracoloso dell'acqua dal punto in cui era poggiato il capo della ragazza, a indicare lo sguardo di compassione di Dio di fronte i più terribili drammi umani.

Questo, ed il fatto che la storia si svolge più per immagini che per dialoghi, fa accostare il film al più famoso Il silenzio, dove le stesse tematiche sono affrontate più approfonditamente.

Il fatto che il film vinse un Oscar non viene riportato da altre fonti. E' notizia certa? Forse allora andrebbe aggiornata la pagina di Bergman con i premi vinti. AK921 (msg) 13:02, 27 apr 2022 (CEST)[rispondi]