Chiesa di Sant'Angelo dei Rossi

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Chiesa di Sant'Angelo dei Rossi
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneSicilia
LocalitàMessina
Religionecattolica
DiocesiMessina
Demolizione1908

La chiesa di Sant'Angelo dei Rossi già chiesa di Sant'Angelo della Grecia, è stato un luogo di culto ubicato nella contrada del «Paraporto», di fronte al primitivo monastero di Santa Caterina di Valverde a Messina.[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Epoca rinascimentale[modifica | modifica wikitesto]

Nell'anno 1541 in occasione della quaresima, frate Egidio Romano, religioso dell'Ordine degli Eremitani di Sant'Agostino, tenne in Duomo l'annuale predicazione sulla solidarietà sociale.

Il fervore, il calore, il trasporto, i contenuti indussero alla costituzione di nuove compagnie con specifici compiti:

I due sodalizi si aggiungevano all'antica:

Per bolla pontificia emanata da Papa Paolo III nel 1543 il tempio fu esentato da gravi, dazi e gabelle, privilegio confermato da Papa Giulio III e Papa Pio V.[2]

L'Arciconfraternita dei Bianchi è attestata presso la chiesa di San Domenico con compagnie presso la chiesa di Santa Caterina da Siena e la chiesa di San Filippo d'Argirò..

Epoca contemporanea[modifica | modifica wikitesto]

Il terremoto di Messina del 1908 distrugge il tempio.

Opere[modifica | modifica wikitesto]

La chiesa presentava un portale a sesto acuto risalente al 1400, manufatto insieme a quello presente nel Duomo, tra i più antichi esistenti in città.

L'interno era affrescato da Placido Campolo, opere firmate "EQUES CAMPOLO P. 1738", culminanti con l'impressionante rappresentazione della Caduta degli angeli dal Paradiso.[3][4]

Sull'altare maggiore campeggiava la tavola raffigurante la Madonna dei Derelitti, di scuola polidoresca attribuibile allo stile e mano di Antonello Riccio.[3]

Navata destra[modifica | modifica wikitesto]

  • Prima campata: Cappella dell'Annunziata. Altare con bassorilievo marmoreo del XVI secolo di fine e delicata fattura raffigurante l'Annunziata. Manufatto donato alla Confraternita dei Rossi dalla famiglia Corvaja, opera attribuita ad Antonello Gagini.
  • Seconda campata: Cappella di San Michele. Altare con dipinto raffigurante l'Arcangelo San Michele, di scuola polidoresca attribuibile allo stile di Antonello Riccio.[3][4]

Di queste tre opere d'arte, solo la Madonna dei Derelitti fu recuperata dopo il terremoto del 1908, è conservata nei depositi del Museo regionale di Messina. Delle altre due, di dimensioni minori e facilmente trasportabili, non se ne rinvenne traccia fra le macerie.

Nella Sala della Deputazione si custodivano una tavola raffigurante San Francesco moribondo, una Madonna di imitazione bizantina ed un San Giuseppe col bambino attribuito a Placido Campolo. Solo l'ultimo dipinto è scampato ai furti e agli incendi che la sede della Confraternita ha subito negli ultimi anni ed oggi, restaurato ed in perfette condizioni, si trova custodito presso la sede dell'arciconfraternita.

Compagnia dei Rossi[modifica | modifica wikitesto]

Arciconfraternita di Sant'Angelo dei Rossi sotto il titolo di «Santa Maria dei Derelitti» attestata presso la chiesa di Sant'Angelo della Grecia, nella contrada del «Paraporto», di fronte al primitivo monastero di Santa Caterina di Valverde.[1]

Sodalizio di agiati o benestanti non di lignaggio, in grado di sopperire alle necessità della fondazione. Scopo primario della compagnia, quello di sostenere ed educare i fanciulli e le fanciulle orfani e derelitti, istruendoli in due distinti reclusori: conservatorio femminile e conservatorio maschile.

I fini altamente umanitari che motivarono la costituzione della Compagnia e la religiosità dimostrata dai componenti del sodalizio, spinsero di Papa Paolo III ad emanare una bolla pontificia datata 30 novembre 1543 grazie alla quale si conferivano privilegi, grazie e favori. L'esenzione di pagamento di tasse, decime, terziarie, collette e qualsiasi altra soluzione, imposizione, angheria o gabella sui beni. Bolla e privilegi successivamente confermati da Papa Pio V e da Papa Giulio III.[2]

Conservatorio femminile[modifica | modifica wikitesto]

Conservatorio o reclusorio o seminario femminile gestito secondo la Regola delle Terziarie di San Domenico.[1][4]

Noto come Conservatorio delle Sacre Vergini sotto il titolo di «Sant'Angelo dei Rossi», l'istituzione era ubicata in una costruzione confinante con l'area pagana ove sorgeva la chiesa di Santa Maria Alemanna. Istituzione approvata dal viceré di Sicilia Ferrante I Gonzaga e dal presidente del Regno Alfonso Cardona, conte di Chiusa e di Giuliana, il 15 marzo 1543.

Conservatorio maschile[modifica | modifica wikitesto]

Conservatorio o reclusorio o seminario maschile.[1][4]

Istituzione approvata dal viceré di Sicilia Ferrante I Gonzaga e dal presidente del Regno Alfonso Cardona, conte di Chiusa e di Giuliana, il 15 marzo 1543.

Feste religiose[modifica | modifica wikitesto]

Monte di Prestito per i Poveri[modifica | modifica wikitesto]

Luoghi di culto correlati[modifica | modifica wikitesto]

Chiesa di Santa Maria della Pietà[modifica | modifica wikitesto]

Sede della Compagnia degli Azzurri sotto il titolo di «Nostra Signora della Pietà».

Chiesa della Candelora[modifica | modifica wikitesto]

Sede della Sacra Milizia dei Verdi.

Chiesa di Santa Febronia[modifica | modifica wikitesto]

Chiesa di Santa Febronia edificata su primitivo tempio pagano di Castore e Polluce.[5] Divenuta chiesa di San Filippo d'Agira e convento dell'Ordine della Santissima Trinità.[6]

Luogo di culto denominato San Filippo dei Bianchi.[5][6] Concesso alla Confraternita dei Macellai, il primitivo tempio fu in seguito dedicato a San Filippo Siriaco.[6]

Il 18 febbraio 1580 fu retta dall'Ordine della Santissima Trinità, i cui componenti erano dediti alla Redenzione dei Cattivi.[6]

Sono documentate le rovine dopo il terremoto del 1783 e la sepoltura di San Vittorio Angelica, martire messinese in Cagliari, scoperta nel 1623.[6]

Confraternita dei Macellai[modifica | modifica wikitesto]

Sodalizio attestato presso il luogo di culto.[6]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e Caio Domenico Gallo, pag. 97.
  2. ^ a b c d Caio Domenico Gallo, pag. 98.
  3. ^ a b c Giovanna Power, pag. 7.
  4. ^ a b c d Giuseppe La Farina, pag. 32.
  5. ^ a b Giovanna Power, pag. 13.
  6. ^ a b c d e f g h i j Caio Domenico Gallo, pag. 126.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]