Battaglia di Cheren

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Battaglia di Cheren
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La Battaglia di Cheren si riferisce ad uno scontro tra le truppe italiane e le forze britanniche e del Commonwealth, avvenuto durante la Seconda guerra mondiale nella zona di Keren, in Eritrea. Nonostante una disperata ed eroica resistenza di fronte alla schiacciante superiorità di uomini e mezzi, le forze italiane vennero sconfitte sancendo così la fine del sogno imperiale italiano, iniziato con l'occupazione dell'Etiopia durante la Seconda guerra Italo-Abissina nel 1935 e la creazione dell'Impero dell'Africa Orientale Italiana.

Le forze in campo

Italiani

All'inizio delle ostilità le forze presenti nell'Africa Orientale Italiana consistevano in 91.000 soldati italiani, comprendenti uomini dell'esercito, dell'aviazione e della marina, a cui si sommavano circa 200.000 áscari. Nonostante l'enorme massa di uomini, questi erano disposti in diversi scacchieri, ognuno dei quali, a causa della pressoché totale assenza di collegamenti, era di fatti isolato e impossibilitato ad essere soccorso in caso di attacco.

Vi erano inoltre in dotazion 64 carri armati M, 39 carri armati L, 126 autoblindo e 813 cannoni. Erano altresì disponibili 325 aerei dei quali solo 244 in efficienza.

Britannici e truppe del Commonwealth

Gli antefatti

La battaglia

La prima fase della battaglia di Cheren si concretizzò per la brillante e tenace resistanza italiana sul passo di Dongolaas e sulle montagne vicine.

Il 2 febbraio vi fu il primo attacco da parte di mezzi corazzati britannici che tentarono di forzare il passo, venendo respinti dai reparti italiani. Il giorno successivo, tuttavia, reparti scozzesi riuscirono a prendere quota 1616 al II. battaglione dell'11. Reggimento "Granatieri di Savoia", che, nuovamente attaccato dai reparti indiani dei Punjab e dei Rajputana fu sul punto di crollare; solamente l'arrivo di due compagnie del III. battaglione bersaglieri e del XCVII. battaglione coloniale riuscirono ad evitare l'annientamento e a contenere gli attacchi in cruenti corpo a corpo.

Il 10 febbraio, dopo una settimana di scaramucce di scarso rilievo, era ormai chiaro che le forze anglo-indiane stessero preparando un nuovo attacco con l'appoggio di mezzi corazzati e meccanizzati. Per evitare la caduta del passo di Dongolaas, vennero radunati tutti gli uomini abili, compreso il battaglione alpini "Work Amba" appena giunto di rinforzo da Addis Abeba. L'attacco, lanciato il 12 febbraio, e continuato fino al 14 febbraio, vide l'impiego dei temuti battaglioni indiani dei Maharatta e dei Sikh, ma ancora una volta la tenace, e sanguinosa, resistenza delle truppe italiane costrinse il comando inglese a sospendere ogni attacco.

Dal 15 febbraio al 14 marzo, se si accettua l'attacco inglese intorno a Cubub, si verificarono brevi scaramucce, con entrambe le parti impegnate a riorganizzare le proprie forze, con i battaglioni italiani ridotti spesso a 150-200 uomini (in pratica all'aliquota di una compagnia). Durante questo mese, comunque, furono incessanti i bombardamenti e gli attacchi aerei contro le postazioni difensive italiane.

Per l'ultima fase della battaglia, l'Alto Comando britannico pianificò due colonne che dovevano convergere poi nella piazzaforte di Cheren. Il piano prevedeva che la 4. Divisione indiana si impadronisse del Sanchil e del monte Forcuto, mentre la 5. Divisione indiana avrebbe dovuto forzare il passo di Dongolaas.

Alle 8,00 del 15 marzo iniziò l'offensiva finale. Tuttavia, a dispetto dei piani inglesi, le truppe britanniche e del Commonwealth vennero respinte da un nutrito lancio di bombe a mano, mentre le poche batterie ancora efficienti riuscirono a bloccare i mezzi corazzati Alleati. Il giorno successivo, il 16 marzo, gli inglesi, forti della loro superioritòà di uomini e mezzi iniziarono, seppur a fatica, a compiere i primi significativi progressi.

Anche grazie alla netta superiorità aerea (verso la fine di marzo gli unici aerei ancora efficienti erano 3 bombardieri Savoia-Marchetti S.M.79 e un solo Savoia-Marchetti S.M.81), i contrattacchi italiani sul Sanchil e sul Dologorodoc, vennero fermati. Mentre nel settore nord del fronte l'avanzata britannica era di fatto stata fermata, il settore sud-ovest era ormai sul punto di cedere: nella battaglia di Cheren, in realtà, non vi fu un cedimento improvviso, ma, essenzialmente, la linea difensiva cessò lentamente di esistere per l'esaurimento delle forze disponibili.

Il 27 marzo la battaglia ebbe di fatto termine.

La fine dell'Impero

Il 31 marzo, dopo un'ultima resistenza si arrendevano le forze impegnate a Teclasan, il successivo 8 aprile cadeva anche Massaua, difesa da poche centinaia di marinai della Regia Marina e da uomini della Guardia di Finanza: l'Eritrea era di fatto in mano degli Alleati.

La resistenza si protrasse comunque nello sterminato territorio dell'Impero, nonostante il 19 maggio si arrendesse, con l'onore delle armi, il viceré Amedeo d'Aosta, dopo un'ultima vana resistenza sull'Amba Alagi. Le ultime sacche di resistenza italiana, comunque, si arresero soltanto il 28 novembre 1941, con la resa degli ultimi difensori di Gondar.