Avaris
Avaris Tell el-Dab'a | |
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Mappa del sito di Avaris | |
Utilizzo | Città |
Localizzazione | |
Stato | Egitto |
Scavi | |
Data scoperta | 1885 |
Organizzazione | Istituto Archeologico Austriaco del Cairo |
Archeologo | Manfred Bietak Irene Forster-Muller |
Mappa di localizzazione | |
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Avaris in geroglifici |
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Avaris (nome attuale Tell el-Dab'a, in antico egizio ḥw.t-wˁr.t / Hut-waret) è il sito, sul ramo Pelusio del Delta nilotico, ove sorgeva durante il Secondo Periodo Intermedio la capitale dei sovrani hyksos della XV dinastia[1]. Gli Hyksos, probabilmente di origine semitica[2], invasero l'Egitto[3] durante la XII dinastia e vi regnarono per più di un secolo[4] dalla loro capitale di Avaris nel delta del Nilo.
Si riteneva, fino ai ritrovamenti archeologici che hanno consentito di identificare Avaris con l'odierna Tell el-Dab'a, che la città, alla caduta e cacciata degli Hyksos[5] fosse stata completamente distrutta dagli egiziani, e che non ne fosse rimasta alcuna traccia visibile. In realtà la città sopravvisse durante la XVIII Dinastia, come testimoniano i Palazzi di cui si tratterà in seguito, ed anche successivamente quando il suo porto, Peru-Nefer[6] divenne uno dei principali approdi del mediterraneo come porta di accesso, specie mercantile, all'Egitto. Studi e scavi susseguitisi nel tempo, e segnatamente quelli dell'Istituto Archeologico Austriaco del Cairo, hanno ormai definitivamente appurato che l'antica Avaris si identifica nell'odierna Tell el-Dab'a così da poter tracciare una sorta di equazione che vuole Hwt-Waret = Avaris = Peru-Nefer = Pi-Ramses = Tell el-Dab'a.
Scavi archeologici effettuati nella seconda metà del XX secolo hanno messo in luce come la città hyksos fosse stata costruita su un insediamento del Medio Regno. Gli scavi hanno restituito una statua di Meritra, ultimo sovrano della XII dinastia ed una di Hetepibra della XIII dinastia.
Gli scavi hanno rivelato come la città degli hyksos fosse, già in origine, una vera e propria fortezza con mura spesse otto metri[7].
La vita della città perciò al contrario di quanto precedentemente ipotizzato, proseguì costantemente dopo la cacciata degli Hyksos anche durante il Nuovo Regno e sotto la dinastia ramesside (XX dinastia) con la costruzione di un tempio dedicato al dio Seth.
Caduta in seguito nel totale abbandono la città fu ricoperta dal fango delle piene del Nilo al punto che ne fu dimenticata anche la posizione esatta fino alle scoperte del 1885 d.C. ed alle identificazioni del '900 e poi degli anni 2000.
Gli scavi archeologici
[modifica | modifica wikitesto]Benché i primi scavi risalgano al 1885[8], solo nel 1942 un archeologo egiziano[9] lanciò l'ipotesi che il sito fosse proprio quello di Avaris[10]. Dal 1966, ed ancora oggi, il sito è sotto la responsabilità dell'Istituto Archeologico Austriaco del Cairo, dapprima sotto la responsabilità di Manfred Bietak[11] fino al 2009, mentre da tale data responsabile delle campagne di scavo è Irene Forster-Muller. Nel corso degli scavi, anni 2006-2007, sono stati rinvenute le tracce di tre Palazzi che, per le dimensioni e la struttura architettonica rilevabile, sono stati indicati come "Reali" (noti come "F", "G" e "J") e di numerose sepolture di giovani individui[12] identificati, verosimilmente, come soldati accasermati negli accampamenti della città o del porto di Peru-Nefer.
Proprio i Palazzi "F" e "G", risalenti al periodo thutmoside, e segnatamente ai regni di Thutmosi III ed Amenhotep II, hanno restituito, a partire dagli anni '90 del secolo scorso, importantissime testimonianze di collegamenti tra Egitto ed Egeo. Sono qui stati rinvenuti, infatti, numerosi frammenti di intonaci recanti pitture di chiaro influsso e quasi sicuramente di “mano” minoica: nel complesso, oltre i due terzi del materiale rinvenuto è riferibile al palazzo “F”, attribuibile a Thutmosi III, mentre la restante parte è riferibile al palazzo “G” assegnabile ad Amenhotep II[13]. I frammenti sono stati trovati in gran parte in depositi di scarto rinvenuti nell'area nord-est dell'edificio “F” dove vennero gettati dall'alto della rampa che dà accesso al palazzo stesso[14] Un primo esame sui materiali usati come intonaco[15] ha consentito di appurare una delle possibili cause del distacco, mentre un esame degli strati di rinvenimento dei frammenti ha consentito di datare la produzione dei detriti, e molto verosimilmente delle pitture, alla seconda metà del regno di Thutmosi III ed al regno di Amenhotep II (seconda metà del XV secolo a.C.).
Le operazioni di restauro e ricostruzione, ancora in corso, hanno consentito il recupero di circa il 10-15% dell'originario programma parietale, ma la tecnica è stata identificata come tipicamente egea[16], così come altrettanto tipicamente minoiche appaiono le convenzioni di colore (blu per il grigio e per il verde) ed i motivi floreali a mezze-palmette di alcuni fregi. La ricostruzione degli affreschi, giacché come tali possono essere indicati visto che la pittura venne stesa in gran parte su intonaco a calce ancora umido, ha consentito di ricavare un lungo fregio con taurocatapsia in cui l'immagine di alcuni tori, che si sovrappongono ad un motivo a “labirinto”, caricano, o saltano, a loro volta sovrastati, come nella più famosa tauromachia di Knossos, da acrobati.
Sempre pertinenti al Palazzo "F" sono inoltre frammenti di "grifoni" alati del tutto simili a quelli della "sala del trono" del palazzo minoico di Knossos e della Xeste 3 di Thera[16]. Poiché, nel caso di Knossos, i due grifoni sono stati considerati come emblematici del trono della Potnia Theron, la "Signora degli Animali” , si è supposto che analoga collocazione fosse riservata all'interno del palazzo “F” e che, perciò, i due animali araldici sottolineassero la figura di una regina mentre il pavimento, di cui pure sono stati trovati frammenti, riproduceva ancora il motivo “a labirinto” sopra visto come sfondo per la tauromachia.
La presenza di un apparato così vasto, complesso e marcatamente di stampo egeo, sembra andare oltre la normale “passione” per un genere artistico o decorativo, ed ha fatto supporre che il palazzo “F” (risalente al regno di Thutmosi III), ma anche il palazzo “G”, fossero destinati ad ospitare personaggi di altissimo rango minoici (mercanti, ambasciatori o, addirittura, una regina minore[17] di origini minoiche)[18].
È dibattuto se gli artisti che operarono ad Avaris appartenessero ad una colonia minoica in terra d'Egitto, e si tratta dell'ipotesi attualmente più accreditata, o si trattasse di artisti itineranti. Nel caso degli affreschi del Palazzo "G", infatti, che rappresentano scene di caccia ad animali feroci a attacchi a tori da parte di leoni e leopardi, gli uomini cacciano coadiuvati dai cani (tipologia di caccia non rilevabile da affreschi in terra egea[19]), mentre i leoni sono rappresentati nell'atto di aggredire la preda azzannandola alla gola e non, come è tipico dei dipinti minoico/egei, al ventre. Ciò denoterebbe una profonda conoscenza, da parte degli artisti, dell'iconografia locale e delle metodologie di caccia che farebbe propendere, appunto, per artisti minoici di una colonia stanziale.
Nel giugno 2010 la missione archeologica austriaca ha condotto una indagine su vasta scala del sito con l'impiego di radar e sofisticati studi di geofisica, riuscendo a determinare l'estensione e la struttura di una città sepolta dai sedimenti millenari del fiume e del mare. Irene Forsetr-Mueller, che guida la squadra austriaca, ha spiegato che l'obiettivo è quello di "determinare le dimensioni dell'antica città". Secondo l'archeologa, lo studio ha permesso di localizzare un porto all'interno della città, oltre ad un antico affluente del Nilo che la attraversava e due isole.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Si ritiene che Avaris sia stata la prima capitale durante la XIV dinastia, ma dopo il passaggio di questa sotto il controllo dei sovrani della XV dinastia la regalità si sia spostata a Xois
- ^ Esistono varie ipotesi sulla identità etnica degli Hyksos (termine greco per rendere l'originale Heka Khawaset), ma esistono dubbi anche sul fatto che si trattasse di un unico popolo etnicamente individuabile: esuli, mercenari, mercanti di area orientale, ed il fatto stesso che non esistano riscontri storici di una occupazione militare, lascia supporre che la loro ascesa al potere reale nel Basso Egitto sia avvenuta gradualmente e senza “traumi”
- ^ Non si hanno tuttavia riscontri archeologici di una invasione militare dell'Egitto da parte degli Heka Khawaset, o Hyksos (i “re Pastori”, o anche “Capi dei Paesi Stranieri”), e si ritiene più aderente alla realtà storica una presa di potere sviluppatasi nel tempo. D'altro canto, i re Hyksos mantennero la titolatura regale completa dei re che li avevano preceduti, adorarono gli stessi dei scegliendo solo, quale dio dinastico, Seth e fondando una nuova capitale nel Delta, Khutwaret poi chiamata Avaris dai greci. Agli Hyksos si dovrebbe, nel 1650 a.C. circa, l'introduzione in Egitto del cavallo.
- ^ 1648-1540 a.C. secondo Van Seters, 1966; Bietak, 1980 e 2001; Redford, 1992; Schneider 1998 et al.; 1648-1440 a.C. secondo von Beckerath, 1997; 1640-1532 a.C. secondo Kitchen, 2000
- ^ La "liberazione" dallo straniero sarebbe iniziata durante la XVII Dinastia e, segnatamente, sotto il Re Khamose, e proseguita con il Re Ahmose, forse fratello del predecessore, che sarà il primo re della XVIII
- ^ Si è a lungo dibattuto se Peru-Nefer, e conseguentemente Avaris fosse identificabile con l'attuale Tell el-Dab'a o se tale località non fosse nell'area di Menfi (Labib Habachi egittologo egiziano, pur confermando che Peru-Nefer/Avaris doveva trovarsi nel Delta, la indicò dapprima nell'area di Khatana/Qantir a circa 120 km dal Cairo
- ^ Recenti studi stratigrafici hanno consentito di appurare inoltre che la fase C/1, strato b/3, durante la quale venne costruito un "grande muro", risale al periodo amarniano, mentre alla fase B/3, strato b/2, sotto il regno di Horemhab, risalirebbe la costruzione di una vera e propria fortezza a presidio delle strutture portuali; vedi Bietak 2009, "Perunefer: the principal New Kingdom naval base" in “Egyptian Archaeology” n. 34, pp. 15-17, e idem "The aftermath of the Hyksos in Avaris", in “Culture contacts and the making of cultures”, pp 19-66.
- ^ Edouard Vaville, Ginevra 1844-Malagny 1926, egittologo
- ^ Labib Habachi, Mansura, 1906-Il Cairo 1984, egittologo
- ^ Bietak 1975, 1981, 1996; Habachi 1954; Van Seters 1966
- ^ Manfred Bietak, Vienna 1940, egittologo
- ^ Bietak 2007, "The Tuthmoside stronghold of Perunefer", in “Egyptian Archaeology” n. 26, pp. 13-17 e idem "Perunefer: at Memphis or Avaris?" In “Egyptian Archaeology” n. 28, pp. 36-37.
- ^ Bietak 2007, "Bronze Age paintings in the Levant: chronological and cultural considerations", in “The synchronisation of Civilisations in the Eastern Mediterranean in the Second Millennium B.C. III”, pp. 269-300. e sito www.auaris.at
- ^ M. Bietak sottolinea come un recente canale di scolo delle acque abbia distrutto verosimilmente gran parte di ulteriori frammenti che dovevano trovarsi nello stesso luogo.
- ^ Calce compressa con gusci di conchiglie frantumate di murice, come d'uso a Cnosso, Palaikastro, Zakhros, Thera, e perciò stesso facilmente soggetta a sfaldamento per la differenza di dilatazione termica rispetto al supporto murario in mattoni di fango
- ^ a b Bietak 2007
- ^ A titolo esemplificativo si consideri che è noto, ad esempio dalle Lettere di Amarna, che ad Amenhotep III vennero inviate, in sposa: una figlia del re cassita Burnaburiash III; una del sovrano di Mitanni, Shutarna II; ed un'altra, Tadu'heba, da Tushratta di Mitanni. Ciò a riprova dell'usanza di consolidare alleanze, anche di carattere mercantile, con matrimoni
- ^ Bietak "The Center of Hyksos Rule: Avaris (Tell el-Dab'a)", in “The Hyksos: New Historical and Archaeological Perspectives”, pp. 87-139, idem 1999, 2005, 2007
- ^ Morgan 1995 "Minoan Painting, and Egypt: the case of Tell el-Dab'a", in “Egypt the Aegean and the Levant”, pp. 29-53, e idem 2006
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
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Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Avaris, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010.
- Avaris, su sapere.it, De Agostini.