Aurora (cannoniera)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Aurora
ex Marechiaro
ex Nirvana
ex Taurus
Descrizione generale
Tipopanfilo
cannoniera
Proprietà imperiale e regia Marina (1905-1923)
Regia Marina (1923-1943)
CostruttoriHenderson, Glasgow
Impostazione1903
Varo1904
Entrata in servizio1905 (k.u.k. Kriegsmarine)
1923 (Regia Marina)
Destino finalesilurata ed affondata dalla motosilurante S 61 l’11 settembre 1943
Caratteristiche generali
Dislocamentostandard 935
carico normale 1276,8 t
pieno carico 1501 t
Lunghezza99,7 m
Larghezza9,1 m
Pescaggiom
Propulsione2 caldaie
2 gruppi turboriduttori a vapore
potenza 3300 HP
Velocità15 nodi (27,78 km/h)
Equipaggio62 tra ufficiali, sottufficiali e marinai
Armamento
Artiglieria4 pezzi da 76/40 mm
Note
MottoAurora umbrarum victrix
dati riferiti al 1928
dati presi da Betasom, Warships 1900-1950 e Ramius-Militaria
voci di navi presenti su Wikipedia

L'Aurora (già Marechiaro) è stata una cannoniera della Regia Marina.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Varata nel 1904, la nave era in origine il panfilo a ruote britannico Taurus, che tra il 1904 ed il 1905 era stato acquistato dalla Marina imperiale austroungarica e, armato e sottoposto a lavori che avevano comportato l'eliminazione delle ruote e la conversione alla propulsione ad elica, era stato ribattezzato Nirvana[1]. Lungo 79,6 metri, dislocava 1220 tonnellate in carico normale e 1388 a pieno carico ed era propulso da un apparato motore composto da una caldaia e due macchine alternative a vapore della potenza di 1700 HP, che consentivano una velocità di 14 nodi[1].

Durante la prima guerra mondiale la nave non svolse ruoli di rilievo, e dopo il conflitto, con la dissoluzione dell'Impero austro-ungarico e della sua Marina, passò alla Regia Marina come preda di guerra[1]. Sottoposto nel 1923-1924 a lavori di risistemazione, il panfilo, ribattezzato Marechiaro, entrò in servizio sotto bandiera italiana nel 1924[1].

Dislocato dapprima in Mar Rosso e successivamente trasferito in Egeo, il Marechiaro operò in tali possedimenti sotto il controllo dei governatori locali[1].

Tra il 1927 ed il 1928 la nave venne sottoposta a radicali lavori di rimodernamento: lo scafo fu allungato di venti metri portando il dislocamento a pieno carico a 1501 tonnellate e l'apparato motore fu sostituito da un nuovo di potenza doppia, che consentì di aumentare di un nodo la velocità[1]. La nave, ribattezzata "Regia nave Aurora", venne quindi destinata come panfilo del capo del governo Benito Mussolini[1] e per l'occasione gli interni vennero ridisegnati dall'architetto Melchiorre Bega e adattati per ospitare Mussolini e i suoi ospiti.[2] Così riallestita la nave per dieci anni operò come panfilo del Capo del Governo. Nel 1930 sbarcò i quattro pezzi da 76/40 mm, sostituiti con due cannoni da 57/43 mm[1].

Nel 1938 la nave venne riclassificata cannoniera[3].

All'ingresso dell'Italia nella seconda guerra mondiale, il 10 giugno 1940, l’Aurora non era inquadrata in alcuna formazione, bensì posta sotto il diretto controllo di Supermarina[4]. Essendo un'unità minore, non prese parte ad eventi bellici di rilievo.

Intorno al 1941 la nave venne impiegata anche come nave bersaglio e nave scuola telemetristi[5][6].

Successivamente alla proclamazione dell'armistizio, nel settembre 1943, l’Aurora, al comando del tenente di vascello Attilio Gamaleri, lasciò la base di Pola[1], dove si trovava, diretta verso sud, per raggiungere un porto rimasto sotto il controllo italiano od alleato[7]. Intorno alle tre di notte dell'11 settembre 1943, tuttavia, al largo di Ancona, la cannoniera s'imbatté nelle due motosiluranti tedesche S 61 ed S 64, partite da Taranto e dirette a Venezia[8]. La S 54, portatasi per prima nei pressi della nave (che navigava oscurata), le ordinò di fermarsi, non ricevendo tuttavia risposta: a quel punto la motosilurante tentò di lanciare un siluro, ma non vi riuscì per un guasto. Immediatamente dopo la S 61 si portò all'attacco e lanciò due siluri, uno dei quali poté essere evitato dalla nave italiana, ma l'altro andò a segno: scossa dallo scoppio delle caldaie, l’Aurora affondò nel giro di alcuni minuti[8] ad una decina di miglia dalla costa.

Scomparvero con la nave 26 uomini, mentre i 62 superstiti (tra cui il comandante Gamaleri[7][9]) vennero recuperati dalle motosiluranti tedesche[8].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h i Unità Ausiliarie E Minori Della Marina Militare - Betasom - XI Gruppo Sommergibili Atlantici
  2. ^ Papini, pp. 16-19.
  3. ^ Cannoniere, Posamine e Dragamine della Regia Marina
  4. ^ CGSC - Command and General Staff College (PDF), su cgsc.edu. URL consultato il 19 luglio 2011 (archiviato dall'url originale l'8 dicembre 2011).
  5. ^ 1918 - Cannoniera 'Aurora'
  6. ^ http://www.naviearmatori.net/gallery/viewimage.php?id=22247[collegamento interrotto]
  7. ^ a b Biografia di Attilio Gamaleri, su utenti.multimania.it. URL consultato il 21 dicembre 2020 (archiviato dall'url originale il 13 aprile 2013).
  8. ^ a b c ARTICOLI Home Info Attività Galleria Mercatino Forum
  9. ^ http://books.google.com/books?hl=it&id=TsIhAQAAIAAJ&q=aurora+ne+furono+salvate+62

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  Portale Marina: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di Marina