Assolutismo

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     Repubblica parlamentare

     Repubblica presidenziale

     Sistemi dove l'esecutivo viene eletto dal parlamento, ma non dipende da esso (Repubblica direttoriale oppure Repubblica presidenziale mista)

     Repubblica semipresidenziale

     Monarchia parlamentare

     Monarchia costituzionale

     Monarchia assoluta

     Repubbliche monopartitiche

     Situazione politica frammentata o incerta

     Paesi in cui sono state sospese le disposizioni costituzionali riguardanti l'esecutivo

Monarchie nel mondo. In rosso bruno sono evidenziati i paesi dove vige tuttora una monarchia assoluta.

«Quod principi placuit, legis habet vigorem [...]»

(Digesta, I, 4, 1 pr.)

L'assolutismo è un modello politico in cui il sovrano è il detentore assoluto di tutti i poteri dello Stato, configurandosi così come uno Stato assoluto. Questo modello è stato spesso applicato nelle monarchie di età moderna, legittimate dal concetto di "diritto divino dei re"; esso implica che l'autorità di un governante derivi direttamente da Dio.

Proprio per questo motivo la monarchia assoluta si contrappone a quella costituzionale, dove i poteri del re sono limitati dalla Costituzione, che sancisce i diritti dei cittadini. Nella sua accezione regia, però, il termine non va confuso con la tirannide: il tiranno è colui che governa senza legittimità né limiti, mentre il monarca assoluto è tenuto a rispettare varie norme sociali e religiose.

Il termine "assoluto" deriva dall'unione dei due termini latini ab ("da") e il participio passato solutum ("sciolto") , ovvero sciolto da ogni costrizione esterna.[1] Quindi il sovrano assoluto è colui che può esercitare liberamente il proprio potere.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

«[Il Sovrano dovrà essere] considerato ed onorato da tutti i sudditi come il capo sommo e supremo sulla terra, sopra tutte le leggi umane, non riconoscendo altro capo o giudice sopra di sé, nelle questioni sia spirituali che temporali, al di fuori di Dio solo»
Kongeloven, articolo 2.[2]

Nel XVII secolo, l'assolutismo monarchico si affermò in Francia e in altri Paesi dell'Europa continentale, come la Prussia e la Russia degli zar. Nell'Europa dell'inizio dell'età moderna era la forma di governo più diffusa, nella sua incarnazione di Stato dei ceti dove il potere del principe era affiancato da una corte, ufficiali, parlamenti, Diete, nei quali erano presenti le classi privilegiate, come il clero e la nobiltà, ma spesso il potere di questi apparati si riduceva ad essere puramente consultivo. Non avevano seria influenza nelle decisioni, solamente cercavano di difendere i propri privilegi. Tra il Quattrocento e il Cinquecento, i monarchi ridimensionarono i poteri di tali ceti, nonostante questi tendessero ad allargare la propria presenza.

La necessità di mantenere eserciti permanenti e di imporre tributi senza interpellare i sudditi facilitò il rafforzamento dei monarchi di fronte alla nobiltà e alla borghesia, mentre le guerre contribuirono allo sviluppo del sentimento nazionale e nella figura del sovrano sembrò incarnarsi l'intera nazione. In Francia, in Prussia e più tardi in Russia, la cultura del Cinque-Seicento sostenne l'idea di un primato politico, culturale ed etico-religioso della Nazione. Nell'ambito religioso, il cattolicesimo, dopo il Concilio di Trento (1545-1563), favorì l'affermarsi dell'idea di sovrano come rappresentante dell'ordine razionale voluto da Dio. Diversificato fu invece l'atteggiamento del mondo protestante: i calvinisti furono decisi avversari dell'assolutismo, mentre i luterani, seguendo le dottrine del loro maestro, videro nel principe anche il capo della comunità religiosa, perché ritennero che egli solo, con la sua autorità assoluta, potesse reprimere la volontà dei malvagi.

Lo sviluppo del capitalismo commerciale e finanziario favorì anch'esso l'affermazione dell'assolutismo regio. Infatti, la necessità di mantenere eserciti permanenti e l'esigenza di una burocrazia sempre più complessa costrinsero i sovrani a chiedere ingenti prestiti ai grandi mercanti/banchieri in cambio di larghe concessioni, come lo sfruttamento di territori nelle colonie o l'appalto della riscossione delle imposte sul territorio nazionale.

Gli ultimi monarchi assoluti tentarono talvolta di governare secondo i principi dell'Illuminismo, e vengono quindi chiamati despoti illuminati.[3] Essi tentarono di permettere ai loro sudditi di vivere più liberamente la loro vita di tutti i giorni, mantenendo al tempo stesso la monarchia autocratica. Nel Settecento furono considerati tali Federico II di Prussia, Caterina II di Russia e Giuseppe II d'Asburgo. L'assolutismo, come termine, non comparve fino al XIX secolo, quando la tradizionale "età dell'assolutismo" era ormai passata.[4]

Origine concettuale[modifica | modifica wikitesto]

L'État c'est moi!: l'assolutismo di Luigi XIV
È Luigi XIV il massimo esponente dell'assolutismo monarchico. Il cosiddetto «Re Sole», tale «per diritto divino», concentrava tra le proprie mani tutti i poteri (esecutivo, legislativo e giudiziario); deteneva la suprema autorità giudiziaria del Paese, e poteva addirittura condannare qualcuno senza processo.[5] Il suo pensiero è cristallizzato nell'espressione L'État c'est moi!, nella quale emerge il netto accentramento dei poteri nella sua persona.

Tradizionalmente l'origine del concetto di sovrano assoluto si individua negli scritti di Jean Bodin. Egli sosteneva l'unità, indivisibilità e perpetuità della sovranità.

Hobbes, nella sua filosofia della legge naturale, riteneva che i governanti assoluti emergessero in accordo con gli istinti fondamentali degli uomini, in particolare la loro paura della morte e il loro bisogno di potere. Nella sua visione, non poteva esserci ordine sociale senza la cessione del potere a un singolo individuo che lo avrebbe usato per limitare le tendenze violente e anti-sociali del popolo. Hobbes insisteva anche sull'irreversibilità del potere assoluto comunque acquisito, per vie pacifiche o violente, legali o illegali. Nell'analisi di Hobbes, il monarca assoluto si impone sul popolo privandolo dei diritti tramite un contratto siglato tra individui, che decidono di loro spontanea volontà di privarsi dei poteri per conferirli a una sola persona. Il prodotto di questo contratto è la figura del sovrano, grazie alla quale la moltitudine di individui può vedersi come un corpo politico unitario.

Per coloro che credevano che il monarca assoluto fosse stato scelto da Dio, la ribellione contro il monarca era equivalente alla ribellione nei confronti di Dio. Quindi, il governo era considerato assoluto, in quanto non poteva essere sfidato.

Estensione del concetto di assolutismo[modifica | modifica wikitesto]

Vi sono politologi che, basandosi sul significato letterale della definizione, estendono il concetto di monarchia assoluta anche a Stati non dotati formalmente di un sovrano, che quindi potrebbero anche definirsi "repubbliche assolute", ma governati assolutisticamente da un presidente solitamente vitalizio e talora altresì ereditario[6]. Esempi passati di questa categoria sono lo Stato di Haiti al tempo dei Duvalier e il Malawi di Hastings Banda.

Tra gli esempi contemporanei si annoverano molti paesi già appartenenti all'Unione Sovietica come il Turkmenistan, il cui capo di Stato e presidente a vita è stato Saparmyrat Nyýazow fino al 2006, nonché, tra gli altri, la Corea del Nord e la Siria.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ assoluto, su etimoitaliano.it, febbraio 2014.
  2. ^ Søren Kierkegaard, La malattia per la morte, a cura di E. Rocca, Donzelli Editore, 2011, p. 154, ISBN 88-6036-637-2.
  3. ^ dispotismo, su Dizionario di Storia, Treccani, 2010. URL consultato il 5 novembre 2015.
  4. ^ assolutismo, su Dizionario di Storia, Treccani, 2010. URL consultato il 5 novembre 2015.
  5. ^ Mousnier, R., The Institutions of France under the Absolute Monarchy, 1598-2012, vol. 1, Chicago, The University of Chicago Press, 1979.
  6. ^ Scalzo S., I Princìpi della liberaldemocrazia

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • J. H. Burns, The Idea of Absolutism, in John Miller (a cura di), Absolutism in Seventeenth-Century Europe, Londra, Macmillan, 1990, pp. 21-42.
  • Domenico Felice (a cura di), Leggere Lo spirito delle leggi di Montesquieu, Milano, Mimesis, 2010.
  • Anthony Padgen, Absolutism, in Edward Craig (a cura di), Routledge Encyclopedia of Philosophy, New York, Routledge, 1998.
  • Pierangelo Schiera, Assolutismo, in Norberto Bobbio, Nicola Matteucci e Gianfranco Pasquino (a cura di), Dizionario di politica, Torino, Utet, 1983, pp. 56-62.

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