Anna Cappelli

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Anna Cappelli
dramma
AutoreAnnibale Ruccello
Lingua originaleItaliano
Prima assoluta1986
Personaggi
  • Anna Cappelli
  • Signora Tavernini (citata)
  • Tonino Scarpa (citato)
  • Maria (citata)
  • Colleghi e familiari di Anna (citati)
 

Anna Cappelli è un'opera teatrale scritta da Annibale Ruccello. Scritto in forma di monologo destinato a un'interprete femminile, fu presentato nel 1986 al Primo Premio Gennaro Vitiello assieme a un'altra opera del drammaturgo, Mamma: piccole tragedie minimali.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Anni '60. Anna Cappelli è una donna poco più che ventenne scialba e ingenua, che si è trasferita da poco a Latina per un modesto impiego nella pubblica amministrazione. Anna si lascia alle spalle genitori oppressivi che tendono a umiliarla e vessarla in favore della sorella, ritenuta più meritevole; poiché ha sempre dovuto spartire spazi e possedimenti con la famiglia, inoltre, sogna di avere finalmente qualcosa di pienamente suo: un marito che le dia un futuro roseo e una vita agiata. Non disponendo di molto denaro è tuttavia costretta a vivere nello squallido e maleodorante appartamento della signora Tavernini, dalla quale viene a sua volta maltrattata.

La svolta sembra arrivare quando Anna incontra Tonino Scarpa, un ragioniere insipido ma benestante che inizia a corteggiarla. Dopo sei mesi di frequentazione l'uomo le propone di andare a convivere more uxorio, asserendo che il matrimonio sia un'inutile convenzione borghese. Anna si trasferisce nella ricca dimora del suo amato, non senza incontrare le resistenze della signora Tavernini e i pettegolezzi dei colleghi, che ritengono sconveniente che una donna e un uomo vivano insieme senza essere sposati. Tonino le imporrà inoltre di lasciare il lavoro e di non avere figli: pur di avere la vita che sognava, Anna accetta le condizioni.

Col passare del tempo Anna diventa sempre più possessiva e cerca di imporre le proprie scelte nella vita in comune con Tonino: ad esempio, col pretesto di non sentirsi accettata, lo spinge a licenziare l'anziana cameriera Maria che lo accudiva. Trascorrono due anni, durante i quali l'ossessione di Anna nel controllare la vita di Tonino porta a un vero e proprio rovesciamento dei ruoli: è lei a sottomettere lui, non più viceversa. A quel punto il ragioniere le annuncia di volersi trasferire in Sicilia senza di lei; a nulla valgono i suoi pianti: l'uomo le dice che lo scopo della convivenza era proprio non porre vincoli tra loro. Incapace di sopportare l'abbandono e vedendo la sua intera vita andare in pezzi, Anna compie un gesto estremo: uccide Tonino e ne fa a pezzi il corpo, con l'intenzione di mangiarselo.

Nell'ultima scena Anna si rivolge ai resti di Tonino, spiegando che dopo averne mangiato tutte le carni utilizzerà le ossa per fare delle candele con le quali dar fuoco alla casa, suicidandosi. Al momento di scegliere quale parte del corpo divorare per prima, tuttavia, Anna si rende conto di non essere in grado di prendere da sola questa decisione: accorgendosi dell'enormità del misfatto compiuto, la donna non può fare altro che invocare inutilmente il suo amato Tonino, urlando un doloroso "Aiutami!".

Rappresentazioni[modifica | modifica wikitesto]

Tra le molte rappresentazioni del dramma si ricordano quella portata in scena nel 1998 da Anna Marchesini nel primo atto del suo spettacolo Parlano da sole, accostato a Un letto tra le lenticchie di Alan Bennett, nel 2013 da Maria Paiato in uno studio diretto da Pierpaolo Sepe [1] e nel 2022 dal regista Renato Chiocca con Giada Prandi come protagonista in un allestimento che debutta proprio nella città in cui è ambientato il monologo, Latina.

Note[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Mariano d'Amora, Se cantar mi fai d'amore. La drammaturgia di Annibale Ruccello, Roma. Bulzoni, 2013.
  • Annibale Ruccello, Teatro. Annibale Ruccello, Ubulibri (collana I testi), 2005, p. 164, ISBN 9788877482730.
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