Abbazia del Paracleto

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Abbazia del Paracleto
StatoBandiera della Francia Francia
LocalitàQuincey
Coordinate48°28′01.23″N 3°34′10.99″E / 48.467007°N 3.56972°E48.467007; 3.56972
Religionecattolica
Diocesi Troyes
L'abbazia del Paracleto poco prima della sua distruzione
Abelardo ed Eloisa

L'Abbazia del Paracleto fu fondata a Quincey, nei pressi Nogent-sur-Seine (in diocesi di Troyes), da Pietro Abelardo che, dopo il 1127, vi collocò la priora Eloisa e le sue monache. Il monastero fu approvato da papa Innocenzo II nel 1131. Fu casa-madre di un ordine monastico sopravvissuto fino alla Rivoluzione francese.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

L'abbazia fu fondata da Pietro Abelardo. Nel 1118, dopo che era stata scoperta la sua relazione clandestina con l'allieva Eloisa, aveva abbracciato la vita religiosa tra i monaci dell'abbazia reale di Saint-Denis a Parigi; nel 1122 ottenne dall'abate Sugerio il permesso di recarsi ovunque volesse per condurre un'esistenza solitaria e Abelardo eresse a Quincey, un luogo isolato nella campagna di Troyes, un piccolo oratorio di canne e stoppie intitolato alla Trinità.[1]

Attorno ad Abelardo si riunì una vasta comunità di discepoli che si costruirono delle capanne vicino a quella del maestro: l'oratorio, ampliato e ricostruito in pietra e legno, fu chiamato Il Paracleto poiché Abelardo vi era giunto "fuggendo e in preda alla disperazione" e che vi aveva trovato "un po' di conforto grazie alla divina misericordia".[1]

Al Paracleto Abelardo scrisse alcune delle opere della sua maturità, ma nel 1126 dovette lasciare la comunità per assumere l'ufficio di abate di Saint-Gildas-de-Rhuys, in Bretagna.[1]

Abelardo continuò comunque a occuparsi del Paracleto e presto donò l'oratorio e le terre circostanti a Eloisa e e alle sue compagne monache, che nel 1127 erano state espulse dal loro monastero di Argenteuil dell'abate Sugerio.[1] La donazione fu confermata da un privilegio di papa Innocenzo II del 28 novembre 1131.[2]

Per alcuni anni Abelardo continuò a visitare frequentemente il Paracleto, ma poi iniziò a recarvisi sempre più raramente per evitare calunnie. Continuò a interessarsi delle monache, sia cercando di alleviare la loro estrema povertà (lasciò un De eleemosyna pro sanctimonialibus de Paraclito), sia contribuendo a organizzare la loro vita religiosa: il carteggio tra Abelardo ed Eloisa contiene una vera e propria "regola di vita" per le religiose del Paracleto (epistola VIII), mentre le epistole X e XI contengono una serie di Sequentiae e Hymni per la liturgia del monastero e una raccolta di Sermones composti da Abelardo su sollecitazione di Eloisa.[2]

Dopo la morte di Abelardo, spentosì a Cluny, nel 1142 Eloisa ottenne dell'abate Pietro che i suoi resti fossero traslati al Paracleto.[2]

L'abbazia del Paracleto ebbe cinque filiali (La Pommeraie, Traînel, Laval, Noëfort, Saint-Flavit) insieme con le quali formò un ordine religioso che sopravvisse fino al 1792, quando fu soppresso al tempo della Rivoluzione francese.[2]

L'osservanza delle monache del Paracleto (dette anche diaconesse) si basava sulla regola di san Benedetto, sull'epistola VIII di Abelardo e sugli Excerpta ex regulis Paraclitensis monasterii compilati del Duecento.[2]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d Davide Maria Montagna, DIP, vol. VI (1980), col. 1176.
  2. ^ a b c d e Davide Maria Montagna, DIP, vol. VI (1980), col. 1177.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Guerrino Pelliccia, Giancarlo Rocca (curr.), Dizionario degli Istituti di Perfezione (DIP), 10 voll., Edizioni paoline, Milano, 1974-2003.

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