Émile Amélineau

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Émile Amélineau

Émile Amélineau /e'mil ameli'no/ (La Chaize-Giraud, 1850Châteaudun, 12 gennaio 1915) è stato un archeologo, egittologo e coptologo francese.

Stele tombale del faraone Djet, scoperta da Émile Amélineau, esposta presso il Museo del Louvre.

La sua fama è dovuta al lavoro di editore di testi copti precedentemente inediti. La sua reputazione fu però rovinata dagli scavi che intraprese ad Abido, dopo che Flinders Petrie, avendo riesaminato il sito in seguito, rivelò l'opera di distruzione compiuta da Amélineau.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Amélineau iniziò la propria carriera studiando teologia e fu ordinato sacerdote prima del 1878. Tra il 1878 ed il 1883 studiò egittologia e coptologia a Parigi, sotto la guida di Gaston Maspero e Eugène Grébaut, diventando nel 1883 membro della missione archeologica francese al Cairo dopo aver rinunciato ai voti. Nel 1887 discusse una tesi sullo gnosticismo egizio e ricoprì da allora numerosi incarichi accademici in Francia.[1]

Amélineau pubblicò un gran numero di opere della letteratura copta e fu forse il più grande coptologo della sua generazione.[2]

Sostenne l'ambizioso progetto di pubblicare i resti degli scritti di san Scenute, fondatore del monachesimo copto. Pubblicò una raccolta di testi copti e arabi, tutti più o meno legati al soggetto (1888-1895), e buona parte delle opere di Scenute fra il 1907 e il 1914, ma quest'ultima impresa fu interrotta dalla sua morte. Stephen Emmel affermò che la pubblicazione di questi testi era "troppo piena di errori da essere utile per obiettivi seri", ma nessun altro si assunse l'incarico di sostituire l'opera.[3]

Amélineau svolse anche scavi in Egitto, nel periodo in cui l'archeologia non era ancora divenuta uno studio scientifico separato dal saccheggio di tombe e dalla ricerca di tesori. Buona parte del suo lavoro era incentrata sul Periodo Protodinastico dell'antico Egitto. Nel 1895 scoprì una stele su cui compariva il nome del faraone Djet, oggi esposta presso il Museo del Louvre. Fu il primo archeologo a scavare le tombe dei faraoni della I dinastia nella sezione Umm el-Qa'ab di Abido[4] e i reperti che recuperò sono descritti in numerosi volumi pubblicati all'inizio del XX secolo.

Il suo operato negli scavi, comunque, attirò numerose critiche, non ultime quelle di Flinders Petrie, fondatore dell'egittologia scientifica moderna. Amélineau lavorò ad Abido tra il 1894 ed il 1898 e a Petrie fu concesso di scavare in questo sito da Gaston Maspero, capo del Servizio Antichità, dopo che Amélineau aveva dichiarato che non c'era più niente da scoprire. Petrie inorridì quando vide ciò che era stato fatto, e scrisse:

«Per quattro anni si è consumato lo scandalo degli scavi di Amélineau presso le tombe reali di Abido. Ottenne la concessione per lavorarvi cinque anni; non furono realizzate piante del sito (poche ed errate furono fatte in seguito), non sono state registrate le ubicazioni originali in cui gli oggetti sono stati rinvenuti, nessuna pubblicazione utile. Si vantava di aver ridotto in frantumi i pezzi dei vasi di pietra che non si preoccupò di spostare e bruciò i manufatti in legno della I dinastia nella sua cucina.[5]»

Dal momento che Amélineau aveva conoscenze molto influenti, si ritenne pericoloso avvertirlo del fatto che la concessione era stata riassegnata per timore che tornasse e quindi scoprì quello che era successo solo dopo alcuni anni.[6]

Amélineau rispose alle critiche nella sua pubblicazione sui ritrovamenti, edita comunque piuttosto tardi. In sostanza, la sua esposizione si limita ad elencare semplicemente una serie di ritrovamenti di tombe ed artefatti, mentre Petrie, setacciando le macerie lasciate da Amélineau, riuscì a stabilire l'intera cronologia della I dinastia. L'applicazione di seri metodi scientifici rese famoso Petrie e di conseguenza la reputazione di Amélineau fu gravemente danneggiata. Jane A. Hill disse che "Amélineau non era un archeologo, e si limitò a saccheggiare i cimiteri in cerca di tesori che potesse rivendere ai collezionisti di antichità".[7]

Un esempio dei limiti del lavoro di Amélineau è che 18 delle 20 targhette in avorio ed ebano che descrivono gli eventi chiave del regno del faraone Den furono ritrovate nella tomba del re da Flinders Petrie, rovistando tra le macerie lasciate da Amélineau.[8]

Nel 1905 Amélineau donò una parte della sua collezione personale alla Società Archeologica di Châteaudun, che ora la espone presso il suo Musée des Beaux-Arts et d'Histoire Naturelle.

Il 28 aprile 1895 divenne socio dell'Accademia delle scienze di Torino.[9]

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Pascale Ballet, articolo INHA.
  2. ^ Journal of the Royal Asiatic Society of Great Britain and Ireland, 1935, p.401: "... Amélineau ha pubblicato un volume sul Papiro Bruce in Notices et Extraits, Parigi, 1891. Amélineau era un uomo malato che scriveva in fretta in una corsa contro la morte, ma fu un grande coptista, forse il più grande del suo tempo; i contrasti con la sua Chiesa lo portarono alla rovina."
  3. ^ Stephen Emmel, Shenoute's literary corpus, 2004, p.25
  4. ^ Shaw, Ian. The Oxford History of Ancient Egypt, p. 67. Oxford University Press. 2000. ISBN 0-19-280458-8
  5. ^ Julie Hankey, A Passion for Egypt: Arthur Weigall, Tutankhamun and the "Curse of the Pharaohs", pp. 28-9. Hankey aggiunge che la maggior parte dei reperti fu utilizzata come "simpatici regali" per gli amici di Parigi e il resto venduto nelle aste. Si fa riferimento a Petrie, Seventy Years in Archaeology, pp. 172-3. Ci sono altre dure critiche in Petrie, The royal tombs of the first dynasty, 1901, parte II, pag. 2: "Di nuovo una ricca messe di documenti storici è emersa dal sito che era stato definito esaurito; e al posto della confusione di nomi senza connessione storica, ossia tutto ciò che era noto dalla missione di Amélineau, noi ora abbiamo l'intera sequenza dei re dalla metà della dinastia precedente a Mena fino probabilmente alla fine della II dinastia, e possiamo tracciare nel dettaglio le fluttuazioni dell'arte attraverso questi regni. Alle 166 tavole ottenute con il nostro lavoro ne mancherebbero una ventina o una trentina per avere tutte le informazioni, che nessuno avrebbe mai pensato di possedere un paio di anni fa. E questo recupero è stato possibile non soltanto dopo la rimozione di tutto ciò che è stato considerato privo di valore sia da Amélineau che dai ladri di Abido che fecero il lavoro, ma anche a dispetto dell'inesorabile distruzione di ciò che rimaneva sul sito. I vasi di terracotta sono stati fracassati, appositamente per evitare che qualcun altro se ne impossessasse. I vasi di pietra, distrutti in antico da fanatici, sono definiti ceux qui étaient brisés et que j'ai reduits en miettes ("quelli che erano in pezzi e che ho ridotto in briciole", Amélineau, Fouilles, 1897, p. 33), ed effettivamente li abbiamo trovati in frantumi; le pile di grandi vasi trovati nella tomba di Zer e registrati (Fouilles, 1898, p. 42) sono state interamente distrutte; i vasi contenenti unguenti sono stati bruciati, come leggiamo: les matières grasses brûlent pendant des journées entières, comme j'en ai fait l'experience ("le materie grasse bruciano per giorni interi, come ho potuto osservare", Fouilles, 1896, p. 18); i resti più interessanti ritrovati nella camera funebre di Zer, una massa carbonizzata di 28 piedi per 3 piedi, costellata di fermagli di rame, è completamente scomparsa, e di un'altra tomba leggiamo j'y rencontrai environ deux cents kilos de charbon de bois ("vi ritrovai circa duecento chili di carbone di legna", Fouilles, 1896, p. 15), che sono stati del tutto rimossi. Le tavolette di ebano di Narmer e Mena — i più inestimabili monumenti storici — furono rotte nel 1896 e buttate nella spazzatura, da dove furono poi recuperate e riparate come possibile. In ogni caso non possiamo fare altro che rivolgere al distruttore le sue stesse parole riguardo al modo in cui i copti hanno lasciato i reperti, tous brisés de la manière la plus sauvage ("tutti fatti a pezzi nel modo più selvaggio", Fouilles, 1896, p. 33).
  6. ^ Margaret S. Drower, Flinders Petrie: a life in archaeology, p.255-7. La descrizione degli eventi fatta da Amélineau si può trovare nella prefazione di Les nouvelles fouilles d'Abydos, 1896-1897, compte-rendu in extenso des fouilles..., E. Leroux, Parigi, 1902, in replica alle accuse mosse da Petrie in The royal tombs of the first dynasty, senza però negare i fatti di cui era accusato.
  7. ^ Jane A. Hill, Cylinder seal glyptic in predynastic Egypt and neighboring regions, 2004
  8. ^ Shaw, Ian e Nicholson, Paul. The Dictionary of Ancient Egypt. p. 84. Harry N. Abrams, Inc. 1995. ISBN 0-8109-9096-2
  9. ^ Emile AMELINEAU, su accademiadellescienze.it. URL consultato il 10 luglio 2020.

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