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Moda ecosostenibile[modifica | modifica wikitesto]

La moda ecosostenibile rappresenta un nuovo approccio al design di vestiti. È una realtà basata e composta dall'etica e dalla sostenibilità. L’etica applicata alla moda si riferisce alle condizioni di lavoro e al benessere dei lavoratori. Da un punto di vista sostenibile, invece, ha lo scopo di proteggere l’ambiente. La sostenibilità  si basa principalmente sull'utilizzo di materiali non dannosi per l’ambiente sia durante la produzione che nello smaltimento come la seta o la canapa. [1][2][3]

La moda etica viene ancora definita un'utopia, ma è in sviluppo grazie alle iniziative intraprese da grandi marche come Stella McCartney che utilizza materiali eco-friendly. Questa realtà sta diventando nota anche grazie ad alcuni paesi che organizzano eventi per pubblicizzarne le idee come la Danimarca.

Esistono delle certificazioni come quella rilasciata dalla GOTS (Global Organic Textile Standard) che è leader mondiale nel controllare e i criteri ambientali e sociali utilizzati nella produzione delle fibre organiche. Questa associazione controlla che all'interno delle fibre organiche non ci siamo sostanze chimiche che danneggiano la biodegradabilità del materiale. [4]

Principi e caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

La moda ecosostenibile si basa su alcuni principi:

  • Le condizioni di lavoro dei dipendenti. Dagli anni ‘90 combatte contro lo sfruttamento dei lavoratori e soprattutto dei bambini. Si combatte anche per aumentare gli stipendi dei lavoratori visto che in paesi meno sviluppati è frequente che gli operai ricevano stipendi molto bassi.
  • Il riciclo è uno dei punti chiave del settore e si collega alla riduzione minima degli scarti perché nella moda ecosostenibile si cerca di riutilizzare tutto il possibile e di buttare via solo lo stretto necessario.
  • I diritti degli animali sono molto importanti. L'associazione Animal Free valorizza le aziende di moda attente e rispettose verso gli animali. Il primo passo richiesto è la sostituzione delle pellicce animali seguito poi dalla sostituzione di altri materiali come le piume o la lana. [5]
  • La produzione veloce si riferisce alle aziende tipo H&M, Topshop, Zara o Benetton che producono circa 10/12 collezioni all'anno ispirate all'alta moda, ma a prezzi contenuti e aggiornate in molto poco tempo. Questo fenomeno della produzione veloce ha ricadute negative sull'ambiente e va contro l’etica. Producendo tanto e velocemente l'inquinamento aumento e l’industria della moda è già quella che inquina di più, dopo quella petrolifera. A livello etico, invece, dietro una maglietta economica ci sono molti operai sottopagati che lavorano in scarse condizioni di sicurezza e salute.
  • I prodotti usati da chi segue la moda ecosostenibile sono quelli che sono stati valutati secondo la sostenibilità da A (ottima) a D (scarsa).
  • L’ uso di stoffe ecologiche è uno dei principi più aderito dalle aziende. Molte aziende negli ultimi anni hanno iniziato a usare stoffe ecologiche per i loro vestiti, quelle più utilizzate e conosciute sono il lino e la seta.
  • L’ultima caratteristica consiste nella riduzione massima dell’uso dell’acqua per fabbricare vestiti. [6][7][1][2]

I materiali eco-friendly per la moda[modifica | modifica wikitesto]

Ci sono diverse stoffe e materiali che vengono utilizzati per produrre vestiti che rispettano i principi dell'ecosostenibilità per cercare di abbassare l’inquinamento e gli sprechi effettuati ogni anno. Molti sono in via di sviluppo essendo appena stati scoperti, ma i più utilizzati e conosciuti sono:

  • La canapa, la seta, la lana e il lino rientrano tra i materiali usati in questo settore della moda per le loro caratteristiche ecologiche. Sono materiali naturali, non contengono OGM, sono biodegradabili, sono materie prime naturali, non necessitano l’uso di sostanze tossiche durante l’estrazione e la lavorazione di essi e la loro estrazione avviene tramite processi meccanici. Le valutazioni di sostenibilità possono essere A (ottima), B, C, D (scarsa) e questi materiali sono valutati con B. La seta ha come certificazioni ecosostenibili la GOTS, la Oeko Tex Standard 100, la Reach e la Fair Wear Foundation. Il lino e la canapa hanno la GOTS, la Organic Content Standard, la Oeko Tex Standard 100, la Reach, la Fair Wear Foundation e la Animal Free. La lana ha le stesse del lino e della canapa tranne Animal Free.
  • Il cashmere ha molte caratteristiche ecologiche infatti è un materiale, naturale, biologico, è biodegradabile, è una materia prima naturale, non contiene OGM, l’estrazione è meccanica, non necessita sostanze tossiche né per l’estrazione ne per la lavorazione. È uno dei pochi materiali con valutazione di sostenibilità A. Come certificazioni di ecosostenibilità ha la GOTS, la Organic Content Standard, la Oeko Tex Standard 100, la Reach e la Fair Wear Foundation.
  • Il bambù è un materiale adatto per la moda ecosostenibile nonostante sia un tessuto artificiale, ma non contiene OGM, è biodegradabile, non utilizza sostanze tossiche durante l’estrazione e la lavorazione del tessuto. Le certificazioni ecosostenibili del bambù sono la Organic Content Standard, la Oeko Tex Standard 100, la Reach, la Fair Wear Foundation e la Animal Free.
  • Il tencel, chiamato anche Lyocell, è un materiale scoperto di recente che si ottiene dagli alberi di eucalipto dai quali viene presa la polpa di legno, e ciò rende la fibra cellulosa artificiale più compatibile dal punto di vista ambientale. Il tencel è caratterizzato da alcune caratteristiche come la sua elasticità e inoltre è liscio, assorbe l’umidità naturalmente grazie al legno di eucalipto, viene prodotto ecologicamente ed è 100% biodegradabile. Inoltre il consumo dell’acqua richiesto per la produzione del tencel è 10-20 volte minore a quello richiesto per la produzione del cotone. [8]
  • Anche il cotone ha le caratteristiche ecologiche che gli permettono di far parte dei materiali ecosostenibili per esempio è un materiale naturale, biologica, senza OGM, è biodegradabile, è una materia prima naturale, viene estratto con macchinari e non necessita l’uso di sostanze tossiche per l’estrazione e la lavorazione. La valutazione di sostenibilità è B e le certificazioni sono di nuovo la GOTS, la Organic Content Standard, la Oeko Tex Standard 100, la Reach, la Fair Wear Foundation e la Animal Free.

Utilizzando questi materiali si abbassa il consumo dell’acqua per la produzione, i pesticidi e i fertilizzanti non vengono utilizzati e si emette meno anidride carbonica nell'atmosfera visto che ogni anno poi, circa 73 milioni di tonnellate di abiti vengono buttati e almeno con l’utilizzo di questi materiali l’ambiente ne risentirebbe meno. [9][3]

I brand che producono abbigliamento ecosostenibile[modifica | modifica wikitesto]

L'industria della moda ecosostenibile è in crescita e sempre più marche stanno aderendo a questa realtà come per esempio la Reebok che ha prodotto le scarpe biodegradabili fatte di cotone e mais. Molti altri marchi come Zara, Puma, Adidas, Valentino e Levi’s si sono uniti a questa visione rivoluzionaria grazie al contributo di Greenpeace con la sua campagna Detox.[10] Un brand di fama mondiale che ha aderito è Stella McCartney che si basa su quattro principi: rispetto per la natura, rispetto per le persone, rispetto per gli animali e nessuno spreco di materiale. [11] Ci sono invece alcune marche che hanno fatto scandalo per azioni soprattutto contro l’etica come la Moncler. Nel 2014 una giornalista è quasi stata inforcata da un allevatore di oche in Ungheria per sottrarsi alle sue domande, ma è stato scoperto che le oche era rinchiuse in lager e quattro volte all’anno venivano spiumate in un modo atroce e violento che causa ferite gravi e qualche volta anche letali dopo ore di agonia e sofferenza. I piumini non vengono nemmeno più fabbricati in Italia ma in Moldavia e in Romania.  [12]

Il futuro della moda ecosostenibile[modifica | modifica wikitesto]

Nel 2016 alla Fashion Revolution Week sono state circa 70.000 le persone a chiedere ai brand chi facesse i loro vestiti usando l’hashtag #whomademyclothes. Questo hashtag si connette molto ai principi di della moda etica perché dimostra che la gente è interessata allo sfruttamento e vuole sapere chi ha fatto i vestiti che indossano ogni giorno. I lavoratori hanno risposto a questo hashtag con una loro foto e con dei cartelloni con scritto "I made your clothes". Questa rivoluzione della moda ha aumentato molto la popolarità di questa realtà non ancora conosciuta da tutti e ci sarà un'altra "Revolution week" dal 23 al 29 aprile per ricordare le 1.138 vittime il 24 aprile 2014 causate dal crollo del Rana Plaza di Savar e di nuovo verrà utilizzato lo stesso hashtag per promuovere condizioni di lavoro migliore. [13][14][15]

Inoltre, a Milano il 21 giugno 2016, Carlo Capasa, che è il presidente della Camera nazionale della moda, ha rilasciato un'intervista dove ha affermato che la sostenibilità sarà una parte integrante nel futuro della moda. [7]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Ethical Fashion Forum, su ethicalfashionforum.com.
  2. ^ a b Sustainable Fashion, su kpubs.org.
  3. ^ a b vestilanatura.it, https://www.vestilanatura.it/tessuti-bio-eco-abbigliamento.
  4. ^ global-standard.org, http://www.global-standard.org/.
  5. ^ animalfree.info, http://www.animalfree.info/azienda.html.
  6. ^ green.it, http://www.green.it/industria-sostenibile-della-moda/.
  7. ^ a b lifegate.it, https://www.lifegate.it/persone/stile-di-vita/presente-passato-futuro-moda-sostenibile.
  8. ^ altramoda.net, https://www.altramoda.net/it/material/tencel#.
  9. ^ Materials, su manrepeller.com.
  10. ^ vestilanatura.it, https://www.vestilanatura.it/top-10-brand-moda-sostenibile-italiana-blog.
  11. ^ repubblica.it, http://www.repubblica.it/economia/finanza/2017/11/27/news/il-fondo-sovrano.
  12. ^ ww.greenme.it, http://ww.greenme.it/consumare/mode-e-abbigliamento/14800-piumino-oche-report.
  13. ^ ecocose.com, http://www.ecocose.com/blog/2017/05/29/moda-etica-dove-comprare/.
  14. ^ ilfattoquotidiano.it, https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/11/03/non-mettero-piumino-moncler/1187629/.
  15. ^ fashionrevolution.org, http://fashionrevolution.org/.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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