Simone Avogadro

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Simone Avogadro di Collobiano (Vercelli, 1260 ca. – Milano, 1325) è stato un signore e uomo d'arme italiano.

Membro dell’illustre famiglia Avogadro, Simone fu capo della fazione guelfa di Vercelli (contrapposti alla fazione ghibellina capeggiata dai Tizzoni) e detentore di una signoria di fatto nella stessa città dal 1300 al 1316[1].

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Potere della famiglia Avogadro[modifica | modifica wikitesto]

I “De Advocatis” furono una famiglia vercellese del XII secolo, dedita, principalmente, all’attività creditizia e alla gestione della proprietà ecclesiastica. Già dalla metà del secolo la famiglia sfruttò i rapporti privilegiati con la Chiesa vercellese per far eleggere propri membri come vescovi, iniziando, così, a costruirsi un dominio signorile (lo stesso nome “de advocatis” fa riferimento al ruolo di avvocati vescovili). Essi riuscirono anche a sostituire le vecchie famiglie della feudalità rurale, in parte imparentandosi con loro e, in parte, direttamente acquistando i loro territori e feudi. A partire dalla fine del XII secolo il comune di Vercelli, in cui gli Avogadro erano la famiglia più influente, iniziò a sottomettere un gran numero di signori del contado[2].

Simone "signore" di Vercelli[modifica | modifica wikitesto]

La figura di Simone Avogadro, rimasta a lungo sottotraccia, diventò centrale solo agli inizi del 1300, dopo la cacciata dei Tizzoni da Vercelli e dopo la sua “ascesa” a capofamiglia e guida della fazione guelfa; da questo momento la sua figura iniziò ad assumere sempre più rilievo negli avvenimenti riguardanti la storia di Vercelli e dell’Italia[3].

Nonostante la posizione di potere della famiglia Avogadro, essi si scontrarono più volte con i Tizzoni e i Sononmonte, e solo grazie a Simone, nel 1301, riuscirono a sconfiggere i ghibellini e a “prendere” il potere nella città di Vercelli. Egli riuscì, inoltre, ad entrare in possesso del castello e del villaggio di Loceno (posseduti precedentemente da Bonifacio di Sonomonte)[4].

Nel 1306 Simone prestò al comune il denaro per pagare i soldati[5] che sarebbero partiti con lui nella crociata contro Dolcino da Novara indetta da Raniero (o Rainero) II Avogadro[6].

Quando nel 1310 Raniero morì gli successe Uberto Avogadro (appartenente al ramo della famiglia Avogadro di Valdengo). La sua elezione fu imposta dalla fazione guelfa e da Simone «la cui autorità era allora grandissima e cui certamente non poteva sfuggire quale enorme vantaggio a lui sarebbe derivato ove la suprema carica ecclesiastica fosse stata nuovamente devoluta ad un rappresentante della propria famiglia»[7]. Simone, inoltre, mirava a rafforzare il proprio potere in vista della discesa dell’imperatore Enrico VII in Italia. Il 3 novembre 1310 l’imperatore arrivò a Torino dove fu accolto da vari signori, tra cui Simone Avogadro con al seguito 300 uomini d’arme. Simone lo scortò poi a Vercelli dove Enrico costrinse la fazione guelfa a far rientrare in città i ghibellini e a firmare un trattato di pacificazione (stilato dal vescovo Uberto). Data la grande influenza di Simone su Vercelli Enrico VII gli concesse il 27 febbraio 1311 il titolo di conte, così Simone diventò «signore con diritti feudali e giurisdizione su tutti i territori da lui posseduti»[8].

La ripresa dei conflitti con i ghibellini[modifica | modifica wikitesto]

Dopo che l’imperatore lasciò Milano, in seguito alla sua incoronazione (6 gennaio 1311), gli scontri tra le fazioni a Vercelli ricominciarono e i ghibellini furono nuovamente espulsi dal comune. Dopo pochi mesi, furono riammessi grazie alla mediazione di Filippo di Savoia, vicario imperiale, e fu redatto un nuovo trattato di pace (18 settembre 1311). Ma anche la nuova pace ebbe breve durata, e nell’estate del 1312 scoppiarono nuovi scontri. La notizia raggiunse Enrico a Pisa, che proclamò la condanna a morte di tutti gli esponenti guelfi di Vercelli (tutti Avogadro), primo fra tutti Simone[9].Tuttavia, la sentenza imperiale non venne applicata: infatti, l’Imperatore morì improvvisamente vicino a Siena nel 1313 e papa Clemente V revocò la condanna contro Simone e gli altri Avogadro[10].

Tramonto del dominio di Simone[modifica | modifica wikitesto]

Dal 1316 al 1318 il potere di Simone iniziò a vacillare: la fazione guelfa, infatti, non deteneva più il potere in modo incontrastato ma governava con la fazione ghibellina. Intanto il contado di Vercelli era attraversato da frequenti incursioni di soldati viscontei e da mercenari assoldati dai Tizzoni. Simone, tramite Uberto, chiese aiuto a papa Giovanni XXII che, in risposta, scomunicò i Visconti, i Tizzoni e i loro seguaci. Inoltre, nel 1320, gli Avogadro assoldarono Filippo di Valois per la somma di 10.000 fiorini d’oro, affinché liberasse il contado dalle forze viscontee. Tuttavia, gli sforzi del Valois si rivelarono inutili e il 25 agosto 1320 ritirò le proprie truppe e tornò in Francia. Nel 1321 i Tizzoni e i Visconti misero sotto assedio Vercelli e dopo due mesi di assedio, data la mancanza di aiuti e di viveri, Simone fu costretto ad arrendersi. Egli fu quindi catturato e portato nelle prigioni viscontee a Milano, dove morì nel 1325[11]. Il corpo fu restituito ai familiari e sepolto nella cattedrale di Sant’Eusebio a Vercelli[12].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Per il Fiorentino Giovanni Villani e per il Milanese Galvano Fiamma, Simone era semplicemente «signore di Vercelli», mentre per il Reggiano Pietro della Gazzata egli «possedeva quella terra» […]. Per Giovanni da Cermenate, egli era princeps «in Vercellis». R. Rao, Comune e signoria a Vercelli (1285-1335), in Vercelli nel secolo XIV. Atti del quinto congresso storico vercellese, a cura di A. Barbero e R. Comba, Vercelli, Saviolo edizioni, 2010, p. 33.
  2. ^ A. Barbero, Da signoria rurale a feudo: i possedimenti deli Avogadro fra il distretto del comune di Vercelli, la signoria viscontea e lo stato sabaudo, in Poteri signorili e feudali nelle campagne dell'Italia settentrionale fra Tre e Quattrocento: fondamenti di legittimità e forme di esercizio, a cura di F. Cengarle, G. M. Varanini, G. Chittolini, Firenze, Firenze university press, 2005, p. 33.
  3. ^ F. Negro, Un documento sulla signoria di Simone Avogadro di Collobiano fra le pergamene medievali della Biblioteca Agnesiana di Vercelli, in «Bollettino storico vercellese», 84 (2015), p. 8.
  4. ^ Carlo Angelino Giorzet, Lozzolo e i signori del Castello di Loceno, 2014, pp. 27-28.
  5. ^ [1] Nel «1306, quando Simone Avogadro di Collobiano […] avendo prestato al comune 150 lire per pagare i soldati di guardia alla bastia di Trivero “contra perfidum Dolcinum”, ottiene in cambio che gli sia concesso il luogo di Borghetto Po». A. Barbero, Signorie e comunità rurali nel Vercellese fra crisi del districtus cittadino e nascita dello stato principesco, in Vercelli nel secolo XIV. Atti del quinto congresso storico vercellese, a cura di A. Barbero e R. Comba, Vercelli, Saviolo edizioni, 2010, p. 429.
  6. ^ Dolcino e i suoi seguaci si erano stabiliti sul monte Rubello nel 1306. Essendo stati dichiarati eretici, Raniero, in quanto vescovo di Vercelli, promosse una crociata contro di loro col sostegno economico di Simone. Il 23 marzo 1307 Raniero e i suoi uomini assaltarono il fortilizio in cui Dolcino si era rifugiato e lo arrestarono. La maggior parte degli eretici fu giustiziata, compreso Dolcino che venne messo al rogo il 1º giugno dello stesso anno.
  7. ^ F. Di Vigliano, Uberto Avogadro di Nebbione e Valdengo vescovo di Vercelli (1310-1328), «Rivista del Collegio Araldico», XXXIII (1935), p. 290.
  8. ^ Carlo Angelino Giorzet, Lozzolo e i signori del Castello di Loceno, 2014, p. 33.
  9. ^ Viene riportato l’elenco completo dei condannati a morte: 1) Simone Avogadro di Collobiano; 2) Francesco Avogadro di Collobiano; 3) Riccardino Avogadro di Collobiano; 4) Enrico Avogadro di Quinto; 5) Ardicino Avogadro di Vettignate; 6) Guglielmo Avogadro di Vettignate; 7) Filippo Avogadro di Quaregna; 8) Ardizzone Avogadro di Quaregna; 9) Simone Avogadro di Balzola; 10) Guglielmo Avogadro di Valdengo; 11) Iacopo Avogadro di Cerrione; 12) Iacopo Avogadro di Carisio: F. Di Vigliano, Uberto Avogadro di Nebbione e Valdengo vescovo di Vercelli (1310-1328), «Rivista del Collegio Araldico», XXXIII (1935), pp. 291-292.
  10. ^ Ivi, p. 292. e Carlo Angelino Giorzet, Lozzolo e i signori del Castello di Loceno, 2014, p.35.
  11. ^ Secondo un’altra ipotesi Simone, dopo essere stato in prigionia per lungo tempo, nel 1323 ricacciò i ghibellini e Stefano Visconti e morì a Vercelli poco tempo dopo. L. Tettoni, Notizie genealogico-storiche intorno alla nobile, antica ed illustre Famiglia Avogadro, Claudio Wilmant e figli, Lodi, 1843.
  12. ^ F. Di Vigliano, Uberto Avogadro di Nebbione e Valdengo vescovo di Vercelli (1310-1328), «Rivista del Collegio Araldico», XXXIII (1935), p. 295. e Carlo Angelino Giorzet, Lozzolo e i signori del Castello di Loceno, 2014, p.35.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • A. Barbero, Da signoria rurale a feudo: i possedimenti deli Avogadro fra il distretto del comune di Vercelli, la signoria viscontea e lo stato sabaudo, in Poteri signorili e feudali nelle campagne dell'Italia settentrionale fra Tre e Quattrocento: fondamenti di legittimità e forme di esercizio, a cura di F. Cengarle, G. M. Varanini, G. Chittolini, Firenze, Firenze university press, 2005, pp. 31-45. [1]
  • A. Barbero, Signorie e comunità rurali nel Vercellese fra crisi del districtus cittadino e nascita dello stato principesco, in Vercelli nel secolo XIV. Atti del quinto congresso storico vercellese, a cura di A. Barbero e R. Comba, Vercelli, Saviolo edizioni, 2010 (Biblioteca della Società Storica Vercellese), pp. 411-510. [2]
  • F. Di Vigliano, Uberto Avogadro di Nebbione e Valdengo vescovo di Vercelli (1310-1328), in «Rivista del Collegio Araldico», XXXIII (1935), pp. 289-297. [3]
  • C. A. Giorzet, Lozzolo e i signori del Castello di Loceno, 2014. [4]
  • F. Negro, Un documento sulla signoria di Simone Avogadro di Collobiano fra le pergamene medievali della Biblioteca Agnesiana di Vercelli, in «Bollettino storico vercellese», 84 (2015), pp. 5-58. [5]
  • R. Rao, Comune e signoria a Vercelli (1285-1335), in Vercelli nel secolo XIV. Atti del quinto congresso storico vercellese, a cura di A. Barbero e R. Comba, Vercelli, Saviolo edizioni, 2010 (Biblioteca della Società Storica Vercellese), pp. 21-62. [6]
  • L. Tettoni, Notizie genealogico-storiche intorno alla nobile, antica ed illustre Famiglia Avogadro, Claudio Wilmant e figli, Lodi, 1843. [7]