Piero Urati

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Piero Urati (Motta di Monselice, 19 maggio 1922Venaria Reale, 5 giugno 2011) è stato un partigiano italiano. Fu una figura alquanto controversa della resistenza canavesana, autore di imprese militari di estremo coraggio ed audacia, ma venne anche accusato di violenze e di non aver imposto ai suoi uomini un corretto comportamento verso le popolazioni.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Soldato di fanteria a guardia dei confini con la Francia, l'8 settembre del 1943 sfugge alla cattura dei tedeschi e organizza una piccola banda che inizia ad agire nel basso Canavese, diventando popolare per i fulminei blocchi sulle strade, disarmando pattuglie neofasciste isolate, attaccando i depositi di armi e le caserme. La sua banda, che è divisa in piccole squadre in continuo movimento, vede aumentare di molto il numero degli effettivi. Nel gruppo non vi sono precise idee politiche né rapporti di collaborazione con altre formazioni né contatti con il Comando per il Canavese.

«Il comandante Piero Piero é stato uno dei migliori comandanti della Resistenza non solo piemontese ma anche italiana: da un punto di vista militare era capace di grandi tattiche imparate facendo il militare: ci ha dato una tattica di guerra, una tattica di comando, ci ha un po’ forgiati.[1]»

Nella primavera del 1944 Piero Piero si unisce alla formazione Matteotti gruppo Sale, guidata da Piero Falzetti; nell'estate assume il comando della Divisione Giorgio Davito insediata a Valprato Soana. Alla fine del luglio 1944 truppe tedesche e la Xª MAS di Junio Valerio Borghese sferrano una grande offensiva costringendo le forze partigiane a ritirarsi. Più di mille partigiani si ammassano nell'alta valle, attivando un presidio a Traversella in Valchiusella per garantire il vettovagliamento. I rapporti tra la popolazione e i partigiani di Piero diventano quasi subito tesi, in particolare per le requisizioni di beni alimentari, per gli sprechi, i furti e gli atteggiamenti violenti di alcuni.

«Quando sono arrivati i partigiani di Piero a Traversella hanno occupato tutte le case di mia proprietà: Quando sono tornata nella casa in cui siamo adesso non c'era neanche più un fazzoletto.[2]»

«Devo essere sincero; in Valchiusella amici dei partigiani ce ne sono pochi, per via del fatto che prendevamo le bestie per la nostra sopravvivenza.[3]»

Il processo[modifica | modifica wikitesto]

In seguito alle accuse dei residenti, nell'estate del 1944 il Comando partigiano apre un'inchiesta, da cui appare che le accuse corrispondano alla verità; Piero Piero si difende in una lettera, accusando "elementi irregolari" che si sarebbero serviti del suo nome. Nel marzo 1945 viene istituito un processo presieduto dal comandante Pompeo Colajanni "Barbato", che si conclude con un'assoluzione, ritenendo la corte che Piero Piero fosse persona onesta e valorosa, ma troppo giovane (22 anni) per possedere esperienza sufficiente a guidare una brigata numerosa senza avere al suo fianco il freno dei superiori gerarchici e la collaborazione di un commissario politico.[4]

Dopo la Liberazione[modifica | modifica wikitesto]

Anni dopo Piero Urati riceve la laurea "honoris causa" in filosofia e avvia una cooperativa di trasporti con l'aiuto di alcuni industriali ai quali aveva salvato gli stabilimenti dalla distruzione dei tedeschi in ritirata; in seguito si afferma come imprenditore nel settore delle costruzioni. Nel 1992, a 70 anni, chiude le attività e si dedica alla raccolta delle sue memorie e a opere di beneficenza.

Nel 2005 il comune di Castellamonte gli concede la cittadinanza onoraria, ma la stessa già un paio di anni più tardi è oggetto di discussione tra i consiglieri comunali e parte della cittadinanza.[5]

È morto il 5 giugno 2011, in una clinica di Venaria Reale.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Il 27 ottobre 1950 il presidente della Repubblica firmava il decreto di assegnazione a Piero Urati della medaglia d'oro al valor militare. Il ministero della difesa, tuttavia, a causa "vizi di legittimità" non meglio identificati, non provvedeva - né in quell'occasione né a seguito di successive richieste anche per vie legali - alla successiva pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, invalidando di fatto il riconoscimento. Nel 2001 il consigliere militare del presidente della Repubblica indicava la questione come "irrevocabilmente definita".

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Dopo l'armistizio iniziava tra i primi la lotta di liberazione raccogliendo un esiguo gruppo di volontari, portandolo al combattimento sino dagli ultimi giorni di settembre del 1942 [sic]. Con indefessa attività ed ammirevole decisione avviavano la guerriglia nella zona di Torino accrescendo progressivamente le forze da lui organizzate e portandole ad alto livello di efficienza combattiva. Tre volte ferito, sempre riprendeva la lotta con rinnovato vigore. Particolarmente memorabile il combattimento di Ozegna nell'agosto del 1944 nel corso del quale, caduto prigioniero e messo al muro, strappava con gesto fulmineo l'arma automatica a un comandante nemico, apriva il fuoco sul plotone di esecuzione, rianimava col suo gesto i compagni di lotta nascosti e costernati e rovesciava brillantemente le sorti della giornata. La incomparabile audacia dimostrata in questa occasione gli valeva larga fama fra i partigiani del Piemonte.»
— Zona di Torino e di Aosta, settembre 1943 - aprile 1945[6]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Testimonianza di Federico di Nunzio “Tabor” raccolta a Torino, ottobre 1991, in Fino, La Resistenza in Valchiusella, 1991
  2. ^ Testimonianza anonima, in Fino, La Resistenza in Valchiusella, 1991
  3. ^ Testimonianza di R. Cignetti, partigiano del gruppo Piero Piero, in Fino, La resistenza in Valchiusella, 1991
  4. ^ Considerazioni in calce alla sentenza di assoluzione di Piero Piero, 30 marzo 1945, Istoreto
  5. ^ Dario Ruffatto, Revochiamo la cittadinanza a Piero Piero: Castellamonte, lo chiede Scala assessore di Alleanza Nazionale, La Sentinella del Canavese, 14/11/2007.
  6. ^ Piero Urati, Piero Piero. Autobiografia di un protagonista della guerra partigiana 1943-1945, Le Chateau, Aosta, 2005, p. 151.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Piero Urati, Piero Piero. Autobiografia di un protagonista della guerra partigiana 1943-1945, Le Chateau, Aosta, 2005.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]