Palazzo delle Poste (Brescia)

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Palazzo delle Poste
Facciata del palazzo delle Poste
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneLombardia
LocalitàBrescia
IndirizzoPiazza Vittoria
Coordinate45°32′20.18″N 10°13′09.95″E / 45.53894°N 10.21943°E45.53894; 10.21943
Informazioni generali
CondizioniIn uso
Inaugurazione1932
Stilestile littorio
UsoSede delle Poste italiane di Brescia
Realizzazione
ProprietarioPoste italiane

Il Palazzo delle Poste è un edificio razionalista e futurista di Brescia, sito nella centrale Piazza Vittoria e inaugurato nel 1932 su progetto dall'architetto e urbanista romano Marcello Piacentini.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La costruzione del Palazzo delle Poste e dei Telegrafi di Brescia è legata più in generale alla vicenda costruttiva di Piazza Vittoria, in seguito a un decennio di dibattito sulla trasformazione urbanistica della città, che già aveva visto la demolizione di alcuni edifici del quartiere medievale delle Pescherie dagli anni Ottanta del Novecento.[1]

La vera e propria demolizione dell'area a partire dalla fine degli anni Venti del Novecento, con l'abbattimento delle case e degli spazi commerciali, le espropriazioni di circa 200 edifici e il trasferimento di 3000 abitanti in periferia,[2] fu ufficialmente giustificata dalla scarsa igiene e dall'elevato degrado della zona, sebbene voci discordanti, come quella dell'ingegnere bresciano Alfredo Giarratana, la descrivessero come vivace e ricca di fermento sociale per via delle numerose botteghe.[3]

Dopo un concorso indetto dal Comune di Brescia nel 1927, che non decretò alcun vincitore per l’inattuabilità dei progetti proposti, si decise a metà del 1928 di affidare la realizzazione del nuovo piano regolatore a Marcello Piacentini, che già faceva parte della giuria e che era in quel momento l’architetto più famoso d’Italia al servizio del fascismo,[N 1] affiancato dal rappresentante di ciascun gruppo di architetti che erano stati decretati migliori durante il concorso ossia Pietro Aschieri, Luigi Piccinato e i due bresciani Mario Dabbeni e Alfredo Giarratana. Il piano venne terminato il 25 ottobre 1928 e fu approvato il 3 novembre dal Podestà di Brescia Pietro Calzoni: tra le tante modifiche previste alla struttura della città, solo il progetto di Piazza della Vittoria venne effettivamente realizzato.[4]

Le prime demolizioni iniziarono nel 1928 e nell’aprile 1929 il piano di Piacentini ricevette l’approvazione definitiva anche da parte della Soprintendenza e iniziò l’effettiva fase esecutiva.[5]

La casetta cinquecentesca affrescata da Lattanzio Gambara inglobata nel Palazzo delle Poste, detta "Muro delle lacrime"

Presero l'avvio, quindi, i veri e propri sventramenti, anche con l’abbattimento della chiesa di Sant'Ambrogio e di alcuni resti di epoca romana e alto-medievali. La sospensione dei lavori avvenne solo nel 1930 per volere del Soprintendente Modigliani che si oppose alla demolizione di una casetta del ‘500 affrescata, sulla facciata, dal pittore Lattanzio Gambara, perché considerato un edificio monumentale e perché il suo mantenimento era stato previsto da un precedente accordo stipulato tra la Soprintendenza e il Comune nel febbraio del 1929. Piacentini giustificava l’abbattimento con la volontà di creare una facciata uniforme ed organica, prevedendo lo stacco degli affreschi e la loro conservazione in museo.[6] Alla fine si mantenne la facciata affrescata incastonata nella parete laterale del nuovo Palazzo delle Poste, come unica testimonianza del vecchio quartiere delle Pescherie, ma nacque anche un acceso dibattito intorno alla decisione presa dal Soprintendente, con conseguenti numerosi atti vandalici sugli affreschi, fino a prendere il nome di “muro delle lacrime”, titolo eloquente di uno scritto apparso nella rivista “Brescia, rassegna mensile illustrata” nel maggio 1931.[7][N 2]

La piazza venne inaugurata da Benito Mussolini in persona il 2 novembre 1932 in occasione del primo decennale dell’Era Fascista.[8][N 3]

Il Palazzo delle Poste continua a svolgere il medesimo servizio postale degli anni trenta.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Esterno[modifica | modifica wikitesto]

Il retro del Palazzo delle Poste

«Questo palazzo è frutto di parecchie esperienze e lo studio della moderna architettura europea è visibile nelle sue strutture interne ed esterne, pur rimanendo nel suo complesso un’opera essenzialmente italiana, adatta al nostro clima e al nostro ambiente. La facciata a fascioni di Mazzano e di Ceppo lucidati, è d’una maestosa semplicità che dà all’edificio quasi il carattere di un tempio; sull’architrave le lettere della dicitura fanno da elemento decorativo, mentre il lievissimo aggetto dei pilastri sull’architrave toglie all’insieme quella rigidezza che si sarebbe fatalmente avuta data la mancanza dei capitelli.[9]»

L'interno del Palazzo delle Poste di Brescia

La facciata monumentale è costituita da una grande scalinata da cui s’innalzano pilastri in marmo liscio in bande di colore chiaro e scuro alternato. La facciata occidentale moderna, costituita da una base in marmo grigio e da tre registri di finestre in alzato, è interrotta dal cinquecentesco "muro delle lacrime" affrescato da Lattanzio Gambara. Sul retro due torrette ribassate spezzano il ritmo della muratura donando movimento alla facciata.

Interno[modifica | modifica wikitesto]

«Dal vestibolo rivestito di marmo grigio di Valle Strona ai toni chiari dello scalone di Reppen e Gabria, è tutta una gamma cromatica che prepara alla chiarezza degli interni pieni di luce ed arredati con mobili in buxus rifinito in rame. È certo la prima volta che un edificio pubblico a carattere così popolare come può essere un ufficio delle poste, si presenta in veste dignitosa e potremmo dir lussuosa, e se le esigenze degli uffici tecnici del Ministero delle Comunicazioni non avessero imposto determinati sviluppi in pianta, questo edificio sarebbe da prendersi a modello e non soltanto in Italia».»

Il Palazzo delle Poste occupa 1994 mq. ed è costituito da un seminterrato per magazzini ed archivi, dal pian terreno per i servizi al pubblico e da tre piani superiori per gli uffici.[10] Lo stile è austero ed elegante, e vede l'utilizzo di marmi chiari e dettagli in ferro battuto.

Note[modifica | modifica wikitesto]

Note al testo
  1. ^ Si veda sul concorso anche Paolo Nicoloso, Piazza della Vittoria e il suo progettista Marcello Piacentini. 1927-1932, in Piazza Vittoria a Brescia: un caso italiano. Arte, architettura e politica a confronto in uno spazio urbano controverso, quaderno 10ª ed., Brescia, Edizioni AAB, 2018, pp. 25-26, ISBN 978-88-98202-34-8.
  2. ^ Gli affreschi sembrerebbero rappresentare un giudizio dalla sofisticata costruzione prospettica, ma purtroppo quella che doveva essere una vivace cromia è solo intuibile, nonostante i diversi restauri subiti (come quello al termine della costruzione del Palazzo delle Poste realizzato da Pelliccioli): Giuseppe Merlo, Lattanzio Gambara tra bellezza e mistero: gli affreschi della “Contrada dei Mercanti, in Piazza Vittoria a Brescia: un caso italiano. Arte, architettura e politica a confronto in uno spazio urbano controverso, quaderno 10ª ed., Brescia, Edizioni AAB, 2018, pp. 20-21, ISBN 978-88-98202-34-8.
  3. ^ Sull'inaugurazione della Piazza, con il Palazzo delle Poste sullo sfondo, si veda il video dell'Istituto Luce: Filmato audio Archivio Storico Luce, Mussolini inaugura Piazza della Vittoria a Brescia (1932). URL consultato il 4 luglio 2022.
Fonti
  1. ^ Coccoli, p. 7.
  2. ^ L'EDIFICIO Il Palazzo delle Poste, storia del colosso di piazza Vittoria, Gdb, 14 ott 2021, su giornaledibrescia.it. URL consultato l'11 giugno 2022.
  3. ^ Coccoli, pp. 5-6.
  4. ^ Coccoli, pp. 12-13.
  5. ^ Coccoli, p. 15.
  6. ^ Coccoli, p. 17.
  7. ^ Damaso Riccioni, Il muro delle lacrime, in Brescia, rassegna mensile illustrata, n. 4, Brescia, 1931, pp. 12-13, SBN IT\ICCU\TO0\0179693.
  8. ^ Coccoli, p. 11.
  9. ^ Pacini, pp. 649-683.
  10. ^ Notizie tecniche e statistiche sulla costruzione di P.zza della Vittoria (PDF), in Architettura, fascicolo XII, dicembre 1932, p. 676 (archiviato dall'url originale il 7 aprile 2016).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]