Giovanni Stefano Aiazza

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Giovanni Stefano Aiazza
vescovo della Chiesa cattolica
 
Incarichi ricopertiVescovo di Asti
 
Nato1550 circa a Vercelli
Nominato vescovo13 maggio 1596
Deceduto1618
 

Giovanni Stefano Aiazza (Vercelli, 1550 circa – 1618) è stato un vescovo cattolico italiano. È stato vescovo della diocesi di Asti dal 1597 al 1618.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Chiamato alla successione di Cesare Benso, proveniva dalla nobile famiglia Aiazza (o Ayazza) di Vercelli[1] dove ricopriva la carica di arcidiacono del capitolo della Cattedrale.

L'operato[modifica | modifica wikitesto]

Cattedrale di Asti, traslazione delle reliquie di San Secondo da parte del vescovo Aiazza

«Poco conta fare leggi se poi le medesime non sono accuratamente asseverate da chi spetta osservarle»

Il vescovo Aiazza si rivelò, nel suo operato una persona retta, concreta, deciso nell'intervenire per rimediare alle infrazioni del clero.[2]

Fu infatti, il promulgatore della "Tabella Erratorium clericalium", da appendersi in tutte le sacrestie e vero codice "deontologico" clericale dell'epoca.

Durante il suo episcopato tentò inutilmente di cedere i diciassette feudi vescovili della diocesi di Asti a titolo di permuta al duca Carlo Emanuele I di Savoia e ai suoi successori in perpetuo, per limare gli attriti con casa Savoia e poter rimpinguare le casse dell'episcopato che a quel tempo erano vuote, ma la Santa Sede si rifiutò categoricamente di approvare l'accordo.[3]

Il vescovo inoltre nel 1597 effettuò la traslazione delle reliquie del patrono San Secondo per dar loro una più degna collocazione.
Le reliquie vennero traslate in una preziosa cassa offerta dal duca Emanuele I, dopo una solenne processione per le strade di Asti facendo stazione nella Chiesa di San Secondo della Torre Rossa, nella Cattedrale e infine nella Collegiata.

Il vescovo fu anche il promotore dell'insediamento ad Asti dei padri Barnabiti presso la parrocchia di San Silvestro il 31 ottobre 1601.
Nel 1606 il vescovo li trasferì presso la parrocchia di San Martino, a loro va la costruzione della nuova chiesa barocca nel 1696, sul sedime della precedente chiesa medievale ormai fatiscente.

I sinodi diocesani[modifica | modifica wikitesto]

Furono tre:

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Antonio Manno, Il Patriziato Subalpino, su vivant.it. URL consultato il 19 febbraio 2023 (archiviato dall'url originale il 19 febbraio 2023).
  2. ^ Guglielmo Visconti, Diocesi di Asti e Istituti di vita religiosa,ed. Gazzetta d'Asti, 2006, p. 220
  3. ^ Nell'accordo, il duca si impegnava a donare al vescovo di Asti il territorio di Montechiaro con i diritti feudali annessi e una rendita annua di duemila aurei. (Tratto da Guglielmo Visconti, Diocesi di Asti e Istituti di vita religiosa, ed. Gazzetta d'Asti, 2006)

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • G. Assandria, Il libro verde della Chiesa di Asti
  • Pietro Giovanni Boatteri, Serie cronologica-storica de' Vescovi della Chiesa d'Asti, Asti, 1807
  • Gaspare Bosio, Storia della Chiesa di Asti, Asti, 1894
  • Gabotto F., Le più antiche carte dell'archivio capitolare di Asti (Corpus Chart. Italiae XIX), Pinerolo, Chiantore-Mascarelli, 1904
  • Lorenzo Gentile, Storia della Chiesa di Asti, Asti, 1934
  • Ughelli, in Italia Sacra, Astenses Episcopi, Venezia, 1719
  • Carlo Vassallo, Gli Astigiani sotto la denominazione straniera, Firenze, 1879
  • Guglielmo Visconti, Diocesi di Asti e Istituti di vita religiosi, Asti, 2006

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Vescovo di Asti Successore
Cesare Benso 13 maggio 1596 - 1618 Isidoro Pentorio