Discussione:Dipendenza da Internet

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Sposto provvisoriamente dall'articolo la parte seguente, frutto di un contributore anonimo, per almeno tre motivi: non essendo citate le fonti, è un possibile caso di violazione copyright; potrebbe in teoria trattarsi di una ricerca originale (vedi Wikipedia:Niente ricerche originali). Inoltre l'eccessiva lunghezza (Wikipedia è un'enciclopedia, non un'opera specializzata) suggerirebbe di inserire nell'articolo solo una sintesi del materiale che segue, che andrebbe comunque adattato alle convenzioni formali di Wikipedia. --MarcoK (msg) 23:39, 26 nov 2005 (CET)[rispondi]

Il modello di sviluppo telematico[modifica wikitesto]

Il gruppo di ricerca del Centro Studi e Ricerca di Psicologia, Psicoterapia e Psichiatria "Nostos" di Senigallia ha elaborato (Marcucci & Lavenia) un modello di sviluppo telematico, ovvero il percorso evolutivo che l’utente neofita segue per addentrarsi sempre più nella nuova realtà. Prima di spingerci nella trattazione delle psicopatologie da internet riteniamo utile esporre questo modello di sviluppo, precisando che non si tratta di un percorso verso la patologia ma di una evoluzione comune a tutti i fruitori di internet. Dalle ricerche effettuate dall’equipe del Centro Studi e Ricerche Nostos sono emerse prevalentemente due fasi di sviluppo comuni a tutti gli utenti telematici, la prima definita di Osservazione e Ricerca e la seconda Relazionale-Comunicativa. La prima fase è suddivisa a sua volta in due stadi, ovvero due passaggi cruciali denominati stadio osservativo e stadio d’attivazione. Lo stadio osservativo è quello iniziale, dell’utente che per la prima volta si affaccia al mondo di internet. I sentimenti prevalenti di questa scoperta sono di curiosità, paura e insicurezza; la persona è spaventata dal rischio di cadere nelle famose infinite trappole della rete di cui ha sentito spesso parlare (virus, dialer ecc). L’utente rimane così quasi bloccato in una fase di stand – by, combattuto tra la curiosità e la paura dell’ignoto. In questo stadio il soggetto osserva la nuova realtà impegnandosi ad apprendere il maggior numero di informazioni al fine di raggiungere un livello di conoscenza sufficiente a permettergli di sentirsi all’altezza della situazione, adeguato al sistema. Il passaggio allo stadio successivo avviene quando l’utente raggiunge quella percezione di sicurezza che possiamo denominare “web-base sicura”, facendo un parallelo col modello evolutivo del bambino della Mahler.

Nello stadio dell’attivazione il soggetto finalmente si sente in grado di mettere in pratica le conoscenze acquisite, senza la paura di commettere chissà quali errori che potrebbero mandare in tilt il computer (ricordo la sensazione di panico provata la prima volta che inavvertitamente ho cliccato il tasto destro del mouse e sono quindi apparse “misteriosamente” quelle scritte mai viste prima!). Ecco allora che l’utente ricerca attivamente nuovi servizi e applicazioni da sperimentare, venendo continuamente stimolato da tre diverse aree: 1. Web (motori di ricerca, banner, ecc.) 2. Stimoli ambientali (amici, pubblicità, lavoro ecc.) 3. Motivazioni intrinseche (ricerca di informazioni in base ai propri interessi personali)


Nonostante questa fase sia caratterizzata in parte da una partecipazione attiva del soggetto, quest’ultimo si muove comunque in un ambiente statico, progettato da altri, in cui l’unica cosa che si può fare è richiedere al sistema risposte a domande ed esigenze. L’utente si trova ad osservare e vivere in un mondo pensato da altri in cui il soggetto non è altro che uno spettatore passivo. La fase attuale mostra un rapporto di tipo esclusivo “uomo-macchina” in cui non c’è spazio per la creativà e lo spirito “produttivo” che contraddistingue l’essere umano. Probabilmente è per questo motivo che l’utente passa molto rapidamente alla fase Relazionale-Comunicativa. E’ in questa infatti che, finalmente, il soggetto scopre di non essere solo, incontra l’altro, ha conferma dell’esistenza della comunità virtuale, a cui anche lui ora appartiene. Fino a questo momento, pur sapendo dell’esistenza di milioni di utenti connessi alla rete, egli non ne aveva constatato la presenza; ora invece tramite le applicazioni per eccellenza di questa fase (forum, chat, newsgroup, blog ecc.) il soggetto interagisce con gli altri. Ciò che appare fondamentale in questa fase è comunicare, sperimentare il linguaggio recentemente appreso e privo dei limiti spazio-temporali della vita “reale”. Non importa con chi il soggetto interagisce, la rete abolisce le distanze e le differenze di etnia, cultura, età, estrazione sociale, persino di sesso. La comunicazione mediata dal computer, non comportando il contatto visivo, allenta le inibizioni e favorisce l’apertura emotiva verso l’altro, pur essendo difficile l’espressione scritta delle emozioni. Negli ultimi anni si è cercato di sopperire a questa mancanza creando convenzioni grafiche (le emoticos, o faccine), atte a completare il linguaggio scritto. Nella fase Relazionale-Comunicativa l’utente da spettatore passivo diventa soggetto partecipe e protagonista, avviene il superamento della dicotomia uomo-macchina e si raggiunge il sistema uomo-macchina-uomo (altro da sé) : il computer non è più il punto d’arrivo (ad esempio la risposta del motore di ricerca a una domanda dell’utente) ma il mezzo attraverso cui avviene l’interazione, la comunicazione mediata dalla macchina. In questa fase si possono instaurare con gli altri utenti della rete vere e proprie relazioni d’attaccamento mediate dal pc. Ma che tipo di attaccamento si può instaurare con delle presenze telematiche? Il soggetto non potrà mai avere la certezza che riconnettendosi l’altro sia ancora lì, e spesso non ha altro modo per rintracciarlo. L’altro significativo può scomparire per sempre da un momento all’altro senza che il soggetto sappia mai il perché e che fine abbia fatto. Facendo un parallelo con la teoria dell’attaccamento possiamo presumere che in una situazione simile si sviluppi una forma di attaccamento insicuro-ansioso, e questo porterebbe alla continua ricerca dell’altro, e quindi a connessioni sempre più frequenti e prolungate. Passiamo ora alla trattazione dei rischi psicopatologici connessi ad ogni fase dello sviluppo telematico.

Elementi di Psicopatologia


Possiamo individuare 4 categorie di elementi che contribuiscono all’insorgere di psicopatologie legate all’uso di Internet:

1 le psicopatologie preesistenti (es. depressione, disturbo ossessivo-compulsivo, ecc); 2 le condotte a rischio (“eccessivo consumo”, riduzione delle esperienze di vita e di relazione “reali”,ecc); 3 eventi di vita sfavorevoli (problemi lavorativi, familiari,ecc: “internet come valvola di sfogo”); 4 le potenzialità psicopatologiche proprie della rete (Anonimato e sentimenti di onnipotenza che possono degenerare in: pedofilia, sesso virtuale, creazione di false identità, gioco d’azzardo, ecc).

Nel paragrafo precedente abbiamo illustrato le fasi dello sviluppo telematico, ossia il percorso evolutivo che il neofita di internet segue per inserirsi in questa nuova realtà, vediamo ora quali sono i rischi propri di ogni fase.

Fase di Osservazione e Ricerca SCOPERTA E UTILIZZO: Giornali, riviste e informazioni on line Casinò virtuali; Trading on line; Negozi virtuali; Siti Pornografici;

RISCHIO: Sovraccarico cognitivo Gioco d’azzardo patologico on-line Trading patologico on-line Shopping Compulsivo on-line Porno Dipendenza.

Come possiamo vedere i rischi maggiormente correlati a questa fase sono di tipo complulsivo. Il soggetto che inizia a navigare nella rete scopre le sue infinite offerte e inizia ad attivarsi nelle modalità che gli sono più congeniali. Alcune sono a maggior richio di divenire vere e proprie compulsioni: lo shopping, il giocare in borsa, il gioco d’azzardo, la visione di materiale pornografico. Non sono certo attività, né relativi disturbi, che si trovano solo su internet, ma in rete sono facilitate dall’anonimato e dalla semplicità con cui è possibile praticarle in qualunque momento senza dover uscire di casa ed esporsi al giudizio altrui. Internet, per le caratteristiche di cui abbiamo parlato, non pone alcun limite a qualsiasi impulso, che può facilmente tramutarsi in compulsione quando sfugge al controllo del soggetto e diviene il centro della sua esistenza. Vediamo ora in breve le manifestazioni cliniche di questi disturbi.

Sovraccarico cognitivo Meglio conosciuto come Information Overloading, definito da qualcuno come “Inquinamento da Internet”, ovvero la grande quantità di notizie inutili e scadenti che circolano in rete. L’Information Overloading è il disturbo che presentano le persone che passano sempre più tempo in rete alla ricerca di informazioni, facendo web surfing, cioè passando in continuazione da un sito all’altro senza riuscire a fermarsi. Inizialmente questo “viaggio” appare eccitante e piacevole ma pian piano il soggetto si trova intrappolato in un meccanismo in cui non c’è più soddisfazione nella ricerca di ciò che interessa, le informazioni non bastano e trovarne altre è percepito come un dovere, un obbligo a cui è difficile sfuggire.

       I segni clinici che si tengono in considerazione per la diagnosi sono:

1 necessità di trascorrere molto tempo in rete per reperire notizie, aggiornamenti, o qualsiasi altra informazione; 2 tentativi ripetuti senza successo di controllare, ridurre o interrompere l'attività di ricerca; 3 perdurare di tale attività, nonostante questa provochi o accentui i problemi sociali, familiari ed economici.

Gioco d’azzardo online Nel 1980 l’APA, American Psychiatric Association, inserisce il gioco d’azzardo patologico nella terza versione del DSM. Esso viene così ad assumere il valore di una vera e propria patologia psichiatrica e rimane catalogato anche nel DSM III-R (1987) e nel DSM IV (1994), le edizioni corrette ed aggiornate del manuale statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali. L’APA stabilisce che per diagnosticare una sindrome da gioco d’azzardo patologico deve essere soddisfatto un criterio di inclusione: “persistente e ricorrente comportamento maladattivo legato al gioco d’azzardo che compromette le attività personali, familiari e lavorative” e un criterio di esclusione: “il comportamento di gioco d’azzardo non è meglio attribuibile ad un episodio maniacale”. Nell’era multimediale il giocatore d’azzardo cambia faccia: mentre prima era facilmente individuabile, “segregato” nei luoghi a lui deputati, ora chiunque in possesso di un computer, un collegamento a internet e una carta di credito può essere un giocatore compulsivo. Il gioco on-line è estremamente pericoloso proprio perché, dalla solitudine della propria casa, il giocatore non ha freni, né inibitori né di tipo pratico: ha infatti 24 ore su 24 la possibilità di accedere al gioco senza incorrere nello sguardo giudicante degli altri. Viene in questo modo a mancare anche la funzione socializzante del gioco, che diviene un rituale solitario, e, facilmente, una compulsione. Anche qui, come nelle altre net-patologie, si crea un circolo vizioso in cui il soggetto rimane incastrato, trascurando quelli che sono i rapporti sociali e familiari. Se il soggetto presenta almeno cinque di questi sintomi, viene diagnosticato un quadro di gioco d’azzardo patologico (DSM IV, 1994). 1 E’ eccessivamente assorbito dal gioco d’azzardo (per esempio, il soggetto è continuamente intento a rivivere esperienze trascorse di gioco, a valutare o pianificare la prossima impresa di gioco, a escogitare i modi per procurarsi denaro con cui giocare); 2 ha bisogno di giocare somme di denaro sempre maggiori per raggiungere lo stato di eccitazione desiderato; 3 ha ripetutamente tentato di ridurre, controllare o interrompere il gioco d’azzardo, ma senza successo. 4 è irrequieto o irritabile quando tenta di ridurre o interrompere il gioco d’azzardo; 5 gioca d’azzardo per sfuggire problemi o per alleviare un umore disforico (per esempio, sentimenti di impotenza, colpa, ansia, depressione); 6 dopo aver perso al gioco, spesso torna un altro giorno per giocare ancora (rincorrendo le proprie perdite); 7 mente ai membri della propria famiglia, al terapeuta, o ad altri per occultare l’entità del proprio coinvolgimento nel gioco d’azzardo; 8 ha commesso azioni illegali come falsificazione, frode, furto o appropriazione indebita per finanziare il gioco d’azzardo; 9 ha messo a repentaglio o perso una relazione significativa, il lavoro, oppure opportunità scolastiche o di carriera per il gioco d’azzardo; 10 fa affidamento sugli altri per reperire il denaro per alleviare una situazione economica disperata causata dal gioco (una “operazione di salvataggio”).

Trading patologico online Con l’espressione trading on-line si designa il giocare in borsa con l’utilizzo di internet. I temi dell’eccitazione e l’angoscia legate al rischio accomunano questo disturbo a quello del gioco d’azzardo, ma questo può essere anche più pericoloso perché il giocare in borsa, essendo un’attività socialmente accettata, manca di auto-limitazioni provocate da sensi di colpa. Il “trader” oscilla fra due estremi: paura e avidità. La prima è legata al rischio di perdere grosse somme di danaro, la seconda, invece, alla possibilità di guadagnarne. La rete potenzia il rischio che il trading diventi patologico offrendo alta velocità alle transazioni e la possibilità di controllare in ogni momento lo stato attuale della Borsa. In questo modo si forma nel trader l’illusione di avere la situazione costantemente sotto controllo, sensazione che di fatto porta alla perdita dello stesso, spingendolo a correre rischi sempre più grandi e a prendere decisioni sempre meno razionali.

Shopping compulsivo online I soggetti che presentano questo disturbo, soprattutto donne di giovane età, se inizialmente comprano per il piacere che si ricava da un nuovo acquisto, in seguito riportano uno stato di tensione crescente, e il desiderio di comprare diventa un impulso irrefrenabile, necessario ad alleviarla. Internet anche in questo caso amplifica il fenomeno rendendo possibile acquistare nei negozi di tutto il mondo semplicemente con una carta di credito, senza spostarsi da casa e senza preoccuparsi di esporsi al ridicolo. In seguito all’acquisto compulsivo di oggetti d’ogni tipo, che il più delle volte vengono messi da parte o regalati oppure buttati via, si riscontrano molto spesso sentimenti di colpa e vergogna. Recentemente è stata McElroy (1991; 1994) ad occuparsi di questo fenomeno proponendo i seguenti criteri diagnostici per distinguere le persone che praticano lo shopping come una normale attività, da quelle per cui esso assume caratteristiche patologiche, tali criteri si possono tenere in considerazione anche per lo shopping on-line: 1 la preoccupazione, l’impulso o il comportamento del comprare non adattivi esperiti come irresistibili, intrusivi o insensati; comprare frequentemente al di sopra delle proprie possibilità oggetti inutili (o di cui non si ha bisogno), per un periodo di tempo più lungo di quello stabilito. 2 la preoccupazione, l’impulso o l’atto del comprare causano stress marcato, fanno consumare tempo, interferiscono significativamente con il funzionamento sociale e lavorativo o determinano problemi finanziari (indebitamento o bancarotta). 3 il comprare in maniera eccessiva non si presenta esclusivamente durante i periodi di mania o ipomania.

Porno dipendenza La pornografia in rete è divenuta negli ultimi anni fonte di grande interesse da parte dei media. Prima dell’arrivo di internet la possibilità di consumo di pornografia aveva dei limiti oggettivi, per cui raramente si verificava un vero e proprio fenomeno di dipendenza; la modalità di offerta proposta dalla rete ha trasformato questa realtà, che poteva essere controllabile, in un fenomeno compulsivo e assolutamente incontrollabile. La pornografia da Internet, così accessibile e infinita, può creare una dipendenza che non ha nulla a che vedere con la dipendenza dall’attività sessuale ed in nessun modo è una compensazione ad una carenza di tale attività.

      I segni clinici di tale dipendenza sono:

1 passare la maggior parte del tempo collegati alla rete con lo scopo di trovare materiale pornografico; 2 aspettarsi di provare eccitazione o gratificazione sessuale nella successiva sessione; 3 nascondere la fruizione di materiale pornografico in rete agli altri; 4 provare un senso di colpa o di vergogna per il proprio uso della rete; 5 eccitazione iniziale per la scoperta accidentale di materiale cybersex, seguita da una ricerca attiva di esso; 6 tentativi ripetuti senza successo di controllare, ridurre o porre fine all'utilizzo dei materiali porno; 7 persistere di tale attività, nonostante i problemi sociali, familiari ed economici da essa derivati o accentuati.

Fase Relazionale-Comunicativa

SCOPERTA E UTILIZZO: Chat; M.U.D (giochi di ruolo);

RISCHIO: Incontri al buio pericolosi, isolamento sociale e dipendenza; CyberSex Addictions; Perdita dei contatti reali, sentimenti di onnipotenza.

In questa seconda fase si manifestano le cosiddette net-dipendenze, per le quali le persone maggiormente a rischio sono quelle con difficoltà comunicative-relazionali. In questi casi la dipendenza costituisce un comportamento di evitamento attraverso cui il soggetto si rifugia nella rete per sfuggire alle sue problematiche esistenziali. Come abbiamo visto precedentemente, l’idea che internet potesse avere dei risvolti “tossicomaniaci” ha fatto sì che fosse introdotto da parte di Goldberg il concetto di Internet Addiction Disorder, ovvero sindrome da dipendenza da internet. Oggi molti studiosi concordano sul fatto che sia più indicato parlare di disturbi correlati all’uso di internet piuttosto che di una sindrome unitaria da dipendenza. Infatti le numerose attività che si possono svolgere on-line fanno sì che l’Internet Addiction Disorder non sia una categoria omogenea di disturbi, ma si manifesti sotto varie forme. Vediamo ora in dettaglio le forme di dipendenza correlate alla fase relazionale-comunicativa.

Dipendenza da sesso virtuale Il sesso ha trovato nella rete un modo per potersi esprimere senza la necessità di dover essere sottoposto al giudizio altrui. Naturalmente tutto ciò non riguarda il solo materiale fotografico: si va dall’oggettistica, all’abbigliamento fino ad arrivare alle nuove fantomatiche scoperte della medicina per ottenere sempre migliori prestazioni. Questa patologia si avvicina molto alla perversione distaccandosi dal concetto di dipendenza; dichiarare ad una persona le proprie fantasie sessuali da dietro un monitor, può risultare molto più semplice e meno imbarazzante; se non si raggiunge l’obiettivo si cambia partner e si prova con un altro, alla fine comunque qualcuno che soddisferà le fantasie anche più nascoste si troverà. Ovviamente tutto ciò influisce enormemente sulle relazioni: da quelle di coppia a quelle in ambito lavorativo.

      Sono stati descritti dei segni clinici di tale dipendenza (Young K.S.):

1 passare la maggior parte del tempo nelle chat room private con il solo scopo di trovare argomenti cybersex; 2 preoccuparsi di trovare un partner sessuale; 3 utilizzare spesso comunicazioni anonime per esprimere fantasie sessuali atipiche, che non verrebbero espresse nella vita reale; 4 aspettarsi di provare eccitazione o gratificazione sessuale nella successiva sessione; 5 spostamenti frequenti da materiale cybersex online al phone sex; 6 nascondere le proprie interazioni sessuali in rete agli altri; 7 provare un senso di colpa o di vergogna per il proprio uso della rete; 8 eccitazione iniziale per la scoperta accidentale di materiale cybersex, seguita da una ricerca attiva di esso; 9 masturbazione durante le chat erotiche.

Dipendenza da relazioni virtuali Quando parliamo di dipendenza da relazioni virtuali facciamo riferimento al fenomeno della comunicazione on-line, in particolar modo le Chat. Si può considerare questo problema secondo diversi aspetti clinici: uno riguarda la modalità di relazionarsi in rete e la forte difficoltà di allontanarsi da essa; l’altro, invece, prende in considerazione l’ingente quantità di tempo investita per intraprendere relazioni amicali e/o sentimentali (distorsione del tempo). Il bisogno relazionale spinge all’utilizzo di questa forma di comunicazione, dove l’uso della fantasia è quasi obbligatorio. Ancora più intrigante è il fatto di poter dare di se un’immagine diversa da quella reale, suscitando l’interesse e la curiosità degli altri utenti. Mentire, però, non è l’unica modalità relazionale in questo tipo di attività relazionale; molte persone, infatti, riescono a “mettersi a nudo” scoprendo lati di sé che normalmente nascondono. Tutto questo crea una situazione a cui sarà difficile rinunciare, le ore al computer aumenteranno per connettersi e magari controllare che ci siano messaggi di una data persona. Perché si possa parlare di dipendenza bisogna che il soggetto abbia effettuato tentativi ripetuti senza successo di controllare, ridurre o interrompere tali scambi amicali e/o sentimentali. Bisogna altresì considerare la possibilità che la rete rappresenti solo una contaminazione di un’altra patologia, ovvero una tentata risoluzione di un preesistente problema relazionale.

Dipendenza da giochi virtuali (Tendenza al coinvolgimento in giochi di ruolo interattivi in cui il soggetto partecipa costruendosi un’identità fittizia).

I segni clinici della dipendenza sono (Young K.S.): 1 utilizzo di grandi quantità di tempo per giocare con i MUD; 2 tentativi ripetuti senza successo di controllare, ridurre o porre fine all'utilizzo dei MUD ; 3 persistere di tale attività, nonostante i problemi sociali, familiari ed economici da essa derivati o accentuati.

E-mail Addiction

1 Impiego ossessivo della casella virtuale; 2 Moltiplicazione degli account (ovvero propri indirizzi e-mail); 3 Manifestazioni di rabbia e a volte aggressive (alla cui base c'è una componente di frustrazione) che si presentano quando i messaggi si fermano in rete, si perdono, si aprono solo in parte.

Terapie[modifica wikitesto]

L'approccio Italiano alla dipendenza da internet: Moreno Marcucci è psichiatra e docente di psicologia delle nuove dipendenze presso la facoltà di Psicologia dell’Università di Urbino, e direttore del Centro Studi e Ricerche di Psichiatria, Psicologia e Psicoterapia Nostos. Giuseppe Lavenia è psicologo clinico, cultore della materia della cattedra di psicologia delle tossicodipendenze e Psicologia delle Dipendenze dell’Università degli Studi di Urbino e responsabile dell’area Formazione del Centro Studi e Ricerche “Nostos”. L’approccio utilizzato da Marcucci e Lavenia prende origine da una visione teorica legata al costruttivismo sistemico, in base alla quale la sintomatologia del soggetto si definisce in rapporto ai fenomeni intrapsichici considerati nel contesto in cui si producono. La loro metodologia d’intervento per la dipendenza da internet parte da una valutazione clinica tramite l’ausilio dell’Internet Trap Test 2 (I.T.T.2) , che permette di verificare il grado d’intossicazione (coinvolgimento) raggiunto dai soggetti nei confronti della rete. Altri test utilizzati sono l’MMPI, ai fini di una diagnosi completa di personalità, e l’Adult Attachment Interview, un’intervista semistrutturata che permette di accedere ai ricordi più lontani del soggetto ed inoltre fornisce utili informazioni sul suo stile di attaccamento. L’I.T.T.2 è stato costruito da Marcucci e Lavenia su tre dimensioni teoriche : la dipendenza (tolleranza, abuso, astinenza, impatto sulla vita reale), l’impulsività, il tratto schizoide. Ne sono derivate tre scale, la prima consente al terapeuta di evidenziare il grado di dipendenza raggiunto, mentre le restanti due evidenziano la possibile predisposizione psicologica che è alla base della net-dipendenza. Riportiamo una breve descrizione delle 3 scale: 1. Scala della Dipendenza (SD): evidenzia i sintomi ed i comportamenti della dipendenza, tra cui tolleranza (aumento progressivo del tempo di connessione), astinenza, ipercoinvolgimento, impatto sulla vita reale. 2. Scala dell’impulsività (SI): rileva frustrazioni, aggressività, rimorsi e pentimenti. 3. Scala schizoide (SH): mette in evidenza la difficoltà da parte dei soggetti di formare relazioni sociali stabili, la loro tendenza ad essere individui “solitari” e la loro inclinazione ad integrarsi in gruppi.

Riportiamo di seguito gli intervalli, o meglio i profili corrispondenti, della scala della dipendenza:

1. Utenti regolari: mantengono il controllo della situazione pur connettendosi a lungo. 2. Utenti problematici: presentano i primi problemi dovuti all’uso della rete. 3. Utenti a rischio: stadio simile alla luna di miele per l’eroinomane, l’utente è entusiasta delle infinite possibilità offerte da internet, si costruisce una nuova identità e un nuovo mondo col quale sostituire quello reale che trova insoddisfacente e frustrante. 4. Utenti abusatori: i soggetti presentano caratteristiche simili agli utilizzatori abituali di oppiacei, ovvero gravi problemi nelle relazioni affettive, nel lavoro, e disturbi psicofisici (disturbi del sonno, della vista, della condotte alimentari ecc). 5. Utenti dipendenti: elemento caratterizzante è la presenza di una precedente patologia psichiatrica, spesso della sfera sessuale o dell’umore. I soggetti possono sviluppare allucinazioni visive, disturbi dissociativi, prosopoagnosia, ipertermie, tremori. L’abuso di internet compromette gravemente la sfera sociale, affettiva, lavorativa del paziente, il quale, nonostante ne sia consapevole, non riesce a fare a meno di connettersi per un numero sempre maggiore di ore alla rete.

Gli autori hanno deciso di indagare in particolar modo sull’impulsività e sul tratto schizoide in base alla loro esperienza clinica pregressa. Da numerosi colloqui con pazienti affetti da disturbi correlati a internet è infatti emerso come spesso i soggetti presentino una personalità di tipo evitante e tendano a scaricare su internet malumori e frustrazioni derivanti dalla vita quotidiana. Marcucci e Lavenia ci tengono a precisare la differenza tra impulsività e compulsione, concetti che spesso nella letteratura sui disturbi online vengono erroneamente sovrapposti. Per impulsività si intende la tendenza ad agire in base ad un impulso, quindi senza riflettere o considerarne le conseguenze; a differenza delle compulsioni, che vengono vissute dal soggetto come estranee al sé, le azioni impulsive sono egosintoniche, poichè il carattere intenzionale prevale su quello coatto. Mentre l’azione impulsiva è gratificante (almeno inizialmente, prima che sopraggiungano i rimorsi per l’incapacità di controllarsi) quella compulsiva viene riconosciuta dal soggetto come inutile e senza senso e viene compiuta non per ottenere soddisfazione ma per evitare l’insorgere dell’angoscia. Appare perciò abbastanza chiaro come nel caso dell’abuso della rete e delle sue applicazioni il costrutto più idoneo sia quello di impulsività e non di compulsività. Per quanto riguarda il tratto schizoide, una ricerca da loro effettuata ha confermato l’ipotesi che esso predisponga alla net dipendenza. I soggetti che, in base al punteggio ricavato dalla scala dipendenza, si erano rivelati abusatori e dipendenti avevano infatti punteggi significativamente più alti anche per la scala schizoide. Alti punteggi nella scala dell’impulsività si ritrovavano invece nei soggetti a rischio. Accanto all’uso dei test è fondamentale, per Marcucci e Lavenia, il colloquio clinico. Il colloquio permette di ottenere informazioni dettagliate in merito alle caratteristiche socio-culturali, alla personalità, alla presenza attuale o passata di patologie medico-psichiatriche nel soggetto. Tramite il colloquio si indagano accuratamente le risposte relative alla SI e alla SH cercando un confronto tra il responso fornito dal test e le risposte ottenute durante l’incontro. Conclusa la fase diagnostica, viene strutturato l’intervento psicoterapeutico basato su degli incontri individuali orientati all’analisi relazionale-sistemica della propria vita, associati ad incontri di psicoterapia familiare o di coppia a seconda delle situazioni. L’obbiettivo degli incontri individuali è di rendere consapevole il soggetto dei meccanismi del suo funzionamento mentale in relazione alle modalità del legame affettivo vissuto durante l’infanzia che attualmente influisce nelle relazioni. La concomitante terapia familiare ha lo scopo di giungere ad un pieno coinvolgimento del sistema attraverso il quale il soggetto potrà elaborare le problematiche irrisolte. A seconda dei casi Marcucci e coll. utilizzano in associazione alla terapia sistemica alcune tecniche di tipo cognitivo comportamentale, ad es. alcune di quelle utilizzate da Davis e Nardone. Il principale strumento di cambiamento per questi autori rimane comunque la terapia relazionale-sistemica. Il coinvolgimento della rete familiare assume una particolare rilevanza nelle problematiche legate ad internet, se si considera che l’utilizzo della rete isola il soggetto in un mondo personale nel quale la presenza dell’altro come “persona completa” è sempre più periferica. In una patologia nella quale la presenza di una macchina (il computer) incide così fortemente, depauperandola, nella vita di una persona, è necessaria una terapia che metta la persona stessa e le relazioni col suo contesto al centro, perché si possa arrivare ad una ridefinizione del sintomo come portatore di senso e di significato e non solo come comportamento deviante.

lavoriamoci su[modifica wikitesto]

ho dato un'occhiata al materiale che a mio parere è buono. propongo di scorporare vari sotto articoli per non appesantire troppo il testo. --Xaura 22:19, 27 nov 2005 (CET)[rispondi]

Unire a Disturbo ossessivo-compulsivo[modifica wikitesto]

L'inzio dela voce parla chiaro. Questo è, secondo gli psichaitri, un tipo di Disturbo ossessivo-compulsivo. Non essendo questa un'enciclopedia speicialistica in psichiatria, una sola voce basta ed avanza. AnyFile 17:14, 23 ago 2006 (CEST)[rispondi]

Come ho già scritto per il Gioco d'azzardo patologico, l'ipotetica unione non appare giustificata. Anche questo non è un oscuro e rarissimo disturbo che interessa solo gli specialisti; ma un problema di dipendenza che (assieme ad altre dipendenze come alcolismo e tossicodipendenza) affligge (effettivamente o potenzialmente) parte significativa della popolazione. La voce dunque ha un evidente interesse divulgativo (e, vorrei osare, educativo) anche solo nella sua presenza. I casi di unione di voci troppo specifiche riguardano (secondo le linee guida) solo le voci che a causa della loro iper-specializzazione rischiano di rimanere eternamente uno stub, e non è certo il caso di una voce sviluppata come questa. Naturalmente nulla impedisce di inserire una sintesi nella voce sul Disturbo ossessivo-compulsivo con debito richiamo a questa (anzi sarebbe una buona cosa). --MarcoK (msg) 18:03, 23 ago 2006 (CEST)[rispondi]
Mi dispiace contraddire, ma l'IAD non è un Disturbo ossessivo-compulsivo, almeno non rispetta i criteri per tale diagnosi all'interno del DSM-IV TR. Inoltre clinicamente la presenza di ossessività non basta ad effettuare una diagnosi di OCD, e perdipiù sono riportati in letteratura diversi casi di IAD egosintonica. Inoltre all'interno del testo andrebbe fatto un riferimento allo strumento UADI sviluppato da Cantelmi, Del Miglio etc,, sviluppato proprio in Italia e che probabilmente è il migliore reattivo psicometrico esistente per la diagnosi di IAD. Un caro saluto. --Tempozero (msg) 16:45, 18 dic 2008 (CET)[rispondi]
Procedi pure con le integrazioni. --MarcoK (msg) 16:49, 18 dic 2008 (CET)[rispondi]
Ecco fatto. Così dovrebbe funzionare. Ciao, --Tempozero (msg) 17:34, 18 dic 2008 (CET)[rispondi]

promozione di associazioni[modifica wikitesto]

Come per altre pagine, ipersessualità masturbazione compulsiva e dipendenza dalla pornografia rimuovo link e promozioni ad associazioni che offrono terapie ritenendo questa una mera attività promozionale. --Up (msg) 00:01, 28 gen 2012 (CET)[rispondi]

errore nel link[modifica wikitesto]

il link verso l'intervista aKimberly Young su Psychiatry on line Italia è ERRATO il link giusto è: http://www.psychiatryonline.it/node/997

Segnalo la breve pagina Dipendenza da relazioni virtuali. Potrebbe essere facilmente unita al paragrafo apposito, che esiste già. In alternativa, si può aggiungere un template "vedi anche".--Equoreo (msg) 11:49, 28 nov 2017 (CET)[rispondi]

Non saprei, ad esempio esiste la voce Dipendenza da sesso virtuale e ha una voce tutta sua. In caso si potrebbe optare ad un Unione tra queste due, ma non a questa principale. O lasciare i "quadri" separatamente, l'unione, così come gli scorpori, se non bene organizzati creano abbastanza confusione. --Dapifer Ψ 12:17, 28 nov 2017 (CET)[rispondi]
Equoreo mi trovi d'accordo con Dapifer per non unire a questa voce, invece il "vedi anche" non crea nessun problema. --Geoide (msg) 14:58, 28 nov 2017 (CET)[rispondi]
Vi ringrazio del contributo! Non mi sembra il caso di unire Dipendenza da relazioni virtuali con Dipendenza da sesso virtuale: mi sembrano due cose diverse (ma io non ne capisco nulla di psicologia). Per quanto riguarda il "vedi anche" che avevo proposto, mi correggo: direi che basta un link al punto 2 del paragrafo "Tipi di dipendenza" (lo aggiungo, toglietelo se mi sbaglio). Rimuovo il template Unire dall'altra pagina. Grazie!--Equoreo (msg) 21:22, 28 nov 2017 (CET)[rispondi]

Collegamenti esterni modificati[modifica wikitesto]

Gentili utenti,

ho appena modificato 1 collegamento/i esterno/i sulla pagina Dipendenza da Internet. Per cortesia controllate la mia modifica. Se avete qualche domanda o se fosse necessario far sì che il bot ignori i link o l'intera pagina, date un'occhiata a queste FAQ. Ho effettuato le seguenti modifiche:

Fate riferimento alle FAQ per informazioni su come correggere gli errori del bot

Saluti.—InternetArchiveBot (Segnala un errore) 16:06, 28 ago 2018 (CEST)[rispondi]

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Gentili utenti,

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