Baban

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Baban
بابان
Baban بابان - Localizzazione
Baban
بابان - Localizzazione
Principato di Baban, nel 1835 circa
Dati amministrativi
Lingue ufficialicurdo
CapitaleSulaymaniyya
Politica
Forma di StatoPrincipato
Nascita1649
CausaIstituzione
Fine1850
CausaScioglimento
Territorio e popolazione
Evoluzione storica
Succeduto daBandiera dell'Impero ottomano Impero ottomano

Baban (in curdo بابان‎)[1] era un principato curdo[2] esistente dal XVI secolo al 1850, incentrato su Sulaymaniyah. Il principato di Baban svolse un ruolo attivo nel conflitto ottomano-safavide e diede un significativo sostegno militare agli ottomani.[3] Fu in costante rivalità con altri principati come Ardalan, Bohtan[3] e Soran e il suo territorio fu pertanto oscillante. Prima della rimozione dell'ultimo leader di Baban nel 1850, il suo dominio era limitato alla capitale Sulaymaniyah e a pochi villaggi circostanti.

L'odierna città di Sulaymaniyah fu costruita da Baban nel 1784 che servì come capitale. Prima della fondazione della città, la dinastia viveva a Qala Çolan. Il principato incoraggio e facilitò anche l'uso del curdo sorani tra i suoi autori letterari locali.[4]

Origini[modifica | modifica wikitesto]

Quando gli ottomani arrivarono nelle pianure di Sulaymaniyah (Shahrizor), i principi Baban si erano già stabiliti nella regione. Tuttavia, non ci sono fonti pre-ottomane su Baban,[4] e le sue origini sono oscure.[3] Le informazioni sulle relazioni tra Baban e l'Emirato di Soran fino al 1596 sono presenti nello Sharafnama, che menziona anche che Pīr Budak Beg fu il fondatore della dinastia all'inizio del XVI secolo.[4] Non c'è tuttavia consenso sulla cronologia dinastica di Baban.[3]

Un mito affermava che il fondatore della dinastia Baban fosse Aḥmad Faqīh (Faqī Aḥmad) di Pshdar, che ricevette la terra intorno a Shahrizor dallo Scià dell'Iran per via della sua lealtà al monarca. Un altro mito sosteneva che la dinastia discendesse da una donna inglese di nome Keghan.[4]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Dopo la battaglia di Cialdiran nel 1514, Baban non rimase incorporata nell'Impero ottomano.[5] In qualità di rappresentante degli ottomani, Idris Bitlisi incontrò il principe di Baban e altri stati curdi subito dopo la battaglia di Cialdiran e riuscì a formare un'alleanza tra loro contro i Safavidi. Tuttavia, la lealtà di Baban fu oscillante.[6] All'inizio del 1500, Baban sotto Haci Şeyh Baban estese il suo territorio intorno al lago di Urmia che costrinse Tahmasp I a inviare una forza militare contro i curdi.[7]

Secondo Claudius Rich, la dinastia ottenne il riconoscimento ottomano dei diritti ereditari della loro dinastia nel 1678.[8] Dal 1720 al 1740, la dinastia di Baban aiutò gli ottomani contro l'Iran.[9] Il periodo che va dal 1750 al 1847 fu dominato dalla rivalità sia con Soran che con Bohtan, poiché rivaleggiarono anche contro i tentativi di centralizzazione degli ottomani e dell'Iran.[3] Alla fine del 1700, Baban sostenne la dinastia Qajar contro quella Zand, ma dovette cambiare il proprio sostegno alla dinastia Zand dopo le vittorie di quest'ultima.[10] Il principato fu abbattuto durante il periodo di modernizzazione ottomana della metà del XIX secolo. La rivolta di Baban durò tre anni, ma fu soppressa da una coalizione di forze ottomane e tribù curde. Ahmed Pasha Baban, l'ultimo sovrano Baban, fu sconfitto vicino Koy Sanjaq nel 1847 e la regione di Shahrazur fu annessa all'Impero ottomano.[3] Le rivendicazioni iraniane su Baban cessarono dopo il trattato del 1847.[11]

Quando gli inglesi entrarono a Sulaymaniyah nel 1918, la città non era più sotto l'influenza della dinastia Baban. I discendenti della dinastia si unirono al movimento indipendentista curdo in Iraq, mentre altri divennero politici ottomani.[4]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (KU) Bīmār, ʻAbd al-Razzāq (2006). خوێندنه‌وه‌يه‌كى تازه‌ى هه‌ڵبه‌ستى كوردى : خوێندنه‌وه‌يه‌كى تازه‌ى هه‌ڵبه‌ستى قوتابخانه‌ى بابان، له‌ نموونه‌ى مسته‌فا به‌گى كوردى، تاهير به‌گ، حه‌ريق، سافى، ئه‌ده‌ب، بێخود، حاجى قادرى كۆيى، ڕه‌نجوورى، مه‌وله‌وى Erbil: Dezgay Çap u Biławkirdinewey Aras.
  2. ^ Jasim Tawfik Mustafa, Kurdi: il dramma di un popolo e la comunità internazionale, BFS, 1994, p. 93, ISBN 978-88-86389-01-3.
  3. ^ a b c d e f Behn, 1988
  4. ^ a b c d e Atmaca, 2012
  5. ^ Bozarslan, Gunes, Yadirgi, 20121, p. 2.
  6. ^ Atmaca, 2021, p. 21.
  7. ^ Atmaca, 2021, pp. 52, 54.
  8. ^ Rich, 1836, p. 81.
  9. ^ Kissling, Spuler & Barbour, 1997, p. 82.
  10. ^ Atmaca, 2021, p. 65.
  11. ^ Atmaca, 2021, p. 67.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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