Album da solista

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Un album da solista o album solista o album come solista (in inglese solo album o solo record) è un album musicale del cui contenuto è responsabile un singolo cantante in contrapposizione a un gruppo musicale di cui fa (o ha fatto) parte.

Impiego del termine[modifica | modifica wikitesto]

Gli album da solista non indicano, come potrebbe indicare il nome, il prodotto di un lavoro attribuibile in maggioranza ad un singolo artista, ma principalmente un progetto in cui quest'ultimo esercita un controllo creativo maggiore sul prodotto rispetto a quello che avrebbe lavorando nella band di cui fa o ha fatto parte (questo non esclude tuttavia che egli contribuisca in effetti a creare tutti i suoni ed i testi dell'album, come è stato il caso di Paul McCartney)[1]. Essi possono essere considerati rappresentazione diretta dell'artista, ponendo al centro dell'attenzione la sua abilità vocale o strumentale nell'interpretazione della musica propria o di altri[2][3].

C'è un certo dubbio nella critica se considerare "tecnicamente" solisti album in cui compaiono tutti gli elementi della band di origine.

Un critico si espresse in tal caso riguardo a Ringo, il terzo album solista di Ringo Starr[4]

(EN)

«[t]echnically... wasn't a solo album because all four Beatles appeared on it.»

(IT)

«Tecnicamente non era un album da solista perché vi comparirono tutti i Beatles»

E in modo analogo[5]:

(EN)

«Sandy Denny, long the leading female vocalist in England (worked on the latest Led Zeppelin LP) finds herself in contention for that honor here with the release of her first solo album. Technically solo, although in fact, she's surrounded by former Fairport Convention and Fotheringay personnel.»

(IT)

«Sandy Denny, a lungo la più importante vocalist donna in Inghilterra (ha lavorato all'ultimo LP dei Led Zeppelin) si trova in gara per tale titolo qui con l'uscita del suo primo album da solista. Tecnicamente solista, sebbene in realtà, sia circondata dal precedente staff dei Fairport Convention e dei Fotheringay»

Diffusione[modifica | modifica wikitesto]

Il concetto di "album solista" era conosciuto già verso la fine degli anni quaranta. Infatti nel 1947, in un articolo della rivista musicale Billboard si parlava del primo album solista di Margaret Whiting, in precedenza cantante per varie orchestre, per la Capitol[6].

L'utilizzo di album solisti è diventato frequente nel rock. Neil Young fu fra le prime personalità del rock and roll a comporre, nel 1969[7], un album solista (l'omonimo Neil Young), presagendo in parte una tendenza che fu centrale nel decennio successivo e che all'inizio degli anni ottanta era percepita come rilevante nelle dinamiche dell'Industria musicale[8].

Uno dei primi album solisti nel jazz fu Schlingerland, del batterista Sven-Åke Johansson, nel 1972[9].

Il rapporto fra gli artisti solisti e le dinamiche delle band[modifica | modifica wikitesto]

L'album musicale solista può rappresentare tanto una nuova fase creativa per l'artista che lascia definitivamente il gruppo in cui ha lavorato sino a quel momento (going solo), quanto un progetto temporaneo per indagare nuove frontiere creative (side projects)[10].

L'effetto di questi progetti sulla band di origine non è chiaro. Esistono band che si sono dissolte con l'inizio della carriere solista di alcuni o tutti i propri membri, e quindi l'uscita di album solisti viene talvolta interpretata come un possibile sintomo di instabilità di una formazione musicale[11] e uno dei fattori chiave per l'impoverimento di una scena musicale[12], ma non mancano opinioni opposte che ritengono l'effetto sulla band stessa di uno o più progetti solisti dei suoi componenti minimo[10] o non problematico (per esempio nel Pagan Metal[13]), e altre ancora che vedono questi ultimi come una fase naturale della storia di un gruppo[14], persino utile in generale per la longevità delle band[8][15][16].

Il ruolo degli album solisti nella carriera degli artisti musicali[modifica | modifica wikitesto]

La copertina di Hello=Fire del 2009, di Dean Fertita, già cantante e chitarrista dei The Waxwings. Un esempio di progetto solista di un lead vocalist rock.

Nell'ambito della musica rock gli album da solista sono visti principalmente sia da parte della critica[17][18] che degli artisti[19][20] e degli addetti dell'industria musicale[15] come l'opportunità per un musicista, soprattutto se eccessivamente identificato con uno specifico gruppo, di presentare un'espressione autentica e personale della propria musica[8]. Molto frequenti sono i solo albums prodotti da band vocalists[21].

Per l'artista, la possibilità di lavorare o di apprendere a lavorare in modo flessibile con persone differenti è un altro fattore considerato cruciale. L'album da solista è quindi visto come un mezzo per stabilire una rete di nuovi contatti e migliorare le proprie relazioni sociali tanto con l'ambiente discografico[22] che con il pubblico[23]. In generale esso è percepito come un'opportunità di crescita e maturazione personale[24], per andare oltre gli schemi usuali[25][26].

Nella musica prettamente strumentale, quale il jazz, è possibile per l'artista sperimentare differenti formazioni musicali[27]. Secondo i critici l'album da solista permetterebbe di realizzare al meglio il potenziale dell'esecutore, concentrandosi sull'arrangiamento e le scelte musicali[28][29].

Alcuni artisti ritengono la composizione di un album da solista un qualcosa di stimolante ma che richiede molto impegno [30][31][32] e per questo potrebbe rivelarsi potenzialmente rischioso[33][34], anche nelle opinioni di alcuni addetti all'industria musicale[15]. Sebbene vi siano persone che ritengano che il nome di un artista affermato, in quanto noto, abbia già un forte appeal sul pubblico[35], una delle principali ragioni per un insuccesso discografico potrebbe essere un basso tasso di cross-over fra i fan[10].

Il giudizio che emerge dalla critica musicale sulla qualità dei progetti solisti è articolato[10]:

(EN)

«So yes, side projects are wild cards, and they can understandably release some butterflies into the stomachs of music fans.»

(IT)

«Quindi è vero, i progetti solisti "temporanei" sono un'incognita, e possono comprensibilmente lasciare qualche farfalla nello stomaco dei fan della musica»

C'è una tendenza a dividere i risultati in due tipologie diverse[36][37]: ci sono gli album solisti in cui l'artista riesce ad esprimere appieno il suo potenziale[37], con punte di originalità e freschezza, ma essi convivono frequentemente con risultati scarsi[38] con risultati di critica e di vendita sotto le aspettative.

Per molti critici questi ultimi sono la maggioranza degli album solisti[8][10] [39][40][41][42], in particolare se progetti di strumentisti di band[43][44][45][46]. Spesso si rimarca in modo generale l'aridità[47] o la pomposità[36], e la vanità[48] della maggioranza di certe operazioni.

Tuttavia non si mancano di stressare le eccezioni, soprattutto in quanto tali[10][48], in particolare Sting[41][49]. Mike Oldfield è invece citato come esempio di polistrumentista che è riuscito ad ottenere ottimi risultati anche da solista[50].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Christopher Gable, The Words and Music of Sting, ABC-CLIO, 2008, p. 35, ISBN 978-0-275-99360-3.
  2. ^ (FR) Richie Kotzen, Into the black, su hardrock80.com. URL consultato il 2 settembre 2012.
  3. ^ (EN) Alice Parkinson, Music, Lotus Press, 2006, p. 119, ISBN 978-81-89093-50-1.
  4. ^ (EN) Jay Warner, On This Day in Music History: Over 2,000 Popular Music Facts Covering Every Day of the Year, Hal Leonard, 2004, ISBN 978-0-634-06693-1.
  5. ^ (EN) Album review, in Billboard, 2O novembre 1970, p. 70.
  6. ^ (EN) Billboard Magazine, 5 aprile 1947, p. 21.
  7. ^ (EN) Rock and Roll Hall of Fame, Neil Young biography, su rockhall.com, http://rockhall.com. URL consultato il 2 settembre 2012.
  8. ^ a b c d (EN) Paul Grein, SOLO LPs by group members growing, in Billboard, 5 settembre 1981, pp. 3 e 66.
  9. ^ (FR) Sven-Åke Johansson, su allmusic.com, www.allmusic.com. URL consultato il 2 settembre 2012.
  10. ^ a b c d e f (EN) Andrew Bain, B-sides: Breaking from the band, su dailybruin.com. URL consultato il 25 agosto 2012.
  11. ^ (EN) Paul Verna, To Atlantic's Victor goes Spoils of Alex Lifeson's Rush Root, in Billboard, 2 dicembre 1995, p. 19.
  12. ^ (EN) Lauren Spencer, Social Distrotion. Epic, in Spin, luglio 1990, p. 85.
  13. ^ (DE) Philipp Zöllner, Pagan Metal in Skandinavien und Deutschland: Kampf um ein Genre, GRIN Verlag, 2011, p. 16, ISBN 978-3-640-99774-9.
  14. ^ (DE) Günter Kleinen e Ralf “von” Appen, Begabung und Kreativität in der populären Musik, LIT Verlag Münster, 2003, p. 120, ISBN 978-3-8258-6794-2.
  15. ^ a b c (EN) Michael T. Brokam, Letters to the Editor, in Billboard, 20 luglio 1985, p. 10.
  16. ^ (FR) Arnaud Viviant, Les inrockuptibles, su kill.me.again.free.fr, maggio 2003.
  17. ^ (EN) Philip Auslander, Performing Glam Rock:Gender and Theatricality in Popular Music, University of Michigan Press, 2006, p. 182, ISBN 978-0-472-06868-5.
  18. ^ (EN) Spotlight, in Billboard, 26 giugno 1982, p. 72.
  19. ^ (EN) Jeff Loomis, The Pi of Shred, su teethofthedivine.com. URL consultato il 25 agosto 2012.
  20. ^ (EN) Thurston Moore, The Spin Interview, in SPIN, settembre 2007, p. 72.
  21. ^ (EN) Melinda Newmann, Thomas,Stapp Prep Solo Efforts, in Billboard, 13 marzo 2004, p. 11.
  22. ^ Vallon 2007, p. 75.
  23. ^ Vallon 2007, p. 74.
  24. ^ (EN) Fergie - The Dutchess, in Vibe, novembre 2006, p. 161.
  25. ^ (EN) Richard Foss, Brian Ritchie: I See a Noise, su allmusic.com. URL consultato il 2 settembre 2012.
  26. ^ (EN) Simon Young, Review: To Record Only Water for Ten Days (PDF), in Kerrang magazine, 10 febbraio 2001. URL consultato il 24 novembre 2013 (archiviato dall'url originale il 14 novembre 2012).
  27. ^ (EN) Jim Macnie, Notes, in Billboard, 23 marzo 1996, p. 41.
  28. ^ (EN) Dirk Sutro, Jazz for dummies, John Wiley & Sons, 2011, ISBN 978-1-118-06852-6.
  29. ^ (EN) John Swenson, The Rolling Stone jazz & blues album guide, Random House, 2009, ISBN 978-0-679-76873-9.
  30. ^ (EN) Ja rule, Ja rule: Rap star rules hearths and charts, in Ebony, aprile 2002, p. 142.
  31. ^ (EN) Pat Thrall, Glenn Hughes, in Kerrang magazine, gennaio-febbraio 1983.
  32. ^ (EN) Michael Paoletta, Björk's Blend, in Billboard, 12 maggio 2007, p. 31.
  33. ^ (EN) David Nobahkt, Suicide: No Compromise, SAF Publishing, 2004, p. 158, ISBN 978-0-946719-71-6.
  34. ^ (EN) Craig Rosen, Lydon Blazes His Own 'Path' On Virgin, in Billboard, 21 giugno 1997, p. 92.
  35. ^ (EN) Michael Paoletta, Known on their own, in Billboard, 10 luglio 2004, p. 43.
  36. ^ a b (EN) Randy Harward, Neil Halstead: Sleeping on roads, in CMJ New Music Report, 21 gennaio 2001, p. 11.
  37. ^ a b (EN) Chad Swlatecki, The gift of GAB, in CMJ New Music Monthly, vol. 121, 2004, p. 33.
  38. ^ (FR) The Tremonti Project, su alterbridge-france.fr, http://www.alterbridge-france.fr. URL consultato il 2 settembre 2012 (archiviato dall'url originale il 2 dicembre 2013).
  39. ^ (EN) Little Steven's undergorund garage, in Billboard, 7 ottobre 2003, p. 14.
  40. ^ (FR) Rob O'Connor, The 25 Lamest Solo Albums Of All-Time (Or How Often I Got Burned), su music.yahoo.com. URL consultato il 2 settembre 2012.
  41. ^ a b (EN) Chris Barth, Radiohead frontman erases doubt with solo debut, su thedartmouth.com. URL consultato il 27 agosto 2012 (archiviato dall'url originale il 9 gennaio 2008).
  42. ^ Marco Tarchi, La voce della fogna, Roccia di Erec, 1974.
  43. ^ (DE) Jan Hemming, Begabung und Selbstkonzept: Eine qualitative Studie unter semiprofessionellen Musikern in Rock und Pop, LIT Verlag Münster, 2002, p. 135, ISBN 978-3-8258-5586-4.
  44. ^ (EN) Hipsters Out Of Metal! Four guitar albums for the ear horny, su metalsucks.net, http://www.metalsucks.net. URL consultato il 2 settembre 2012.
  45. ^ (EN) John Strausbaugh, Rock 'Til You Drop: The Decline from Rebellion to Nostalgia, 2002, p. 178, ISBN 978-1-85984-486-1.
  46. ^ (EN) Bad Religion: Good Science, in CMJ New Music Monthly, marzo 1995, p. 8.
  47. ^ (EN) J. Norris, Coda, 1980, p. 71.
  48. ^ a b (EN) Jonathan Perry, Amy Ray: Stag. Daemon, in CMJ New Music Report, aprile 2001, p. 11.
  49. ^ (EN) R. Keith Sawyer, Group Creativity: Music, Theater, Collaboration, Routledge, 2003, p. 11, ISBN 978-0-8058-4436-8.
  50. ^ (EN) Philip Auslander, Oldfield, in Keyboard, vol. 14, GPI Publications, 1988, p. 83.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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